di
Peacelink
03-08-2012
Stamattina è iniziata l'udienza davanti al tribunale del Riesame di Taranto sul ricorso del gruppo Riva contro il sequestro dell'impianto siderurgico dell'Ilva predisposto dalla magistratura. Ieri operai e sindacati in piazza per il diritto al lavoro. Intanto l'associazione Peacelink invia una lettera aperta proprio ai segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil, e a quelli dei sindacati metalmeccanici Fiom, Fim, Uilm per dire che è arrivato il momento della verità e i lavoratori devono sapere. La pubblichiamo.
Ai segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti
Ai segretari nazionali dei sindacati metalmeccanici Fiom, Fim, Uilm, Maurizio Landini, Franco Bentivoglio e Rocco Palombella.
Migliaia di lavoratori Ilva sono sfilati a Taranto ed è importante dire parole di verità.
In primo luogo va ricordato che a Taranto ogni mese muoiono due persone in più per inquinamento industriale.
La decisione della magistratura tarantina è inevitabile dopo la perizia epidemiologica consegnata al gip Patrizia Todisco che parla di 386 morti in 13 anni causati dall'inquinamento delle ciminiere: più di 30 ogni anno.
Chi ha il coraggio di ignorare questi dati?
I sindacati avrebbero dovuto manifestare sfilando prima.
La verità è che ora è tardi per salvare impianti concepiti cinquanta anni fa e che oggi nessuna nazione civile autorizzerebbe a così poca distanza dalle case.
Nel quartiere Tamburi i bambini sono costretti a "fumare" un equivalente di mille sigarette all'anno (sono calcoli scientifici noti da tempo). Inalano benzo(a)pirene cancerogeno in quantità inaccettabile.
Non è possibile che di fronte ai numeri della strage silenziosa emersa dalle pagine dei periti non scatti un moto di indignazione e di protesta paragonabile a quello odierno. I dati forniti dai periti della magistratura sono terribili. Ricordano arcaici sacrifici umani, che si rinnovano oggi in nome del profitto.
Questa strage vergognosa non può e non deve proseguire.
Abbiamo una Costituzione che difende la salute e la vita come una priorità assoluta.
Noi stiamo dalla parte della Costituzione e dalla parte della magistratura, che sta agendo in suo nome.
Sono perciò inaccettabili le parole di Angeletti dette oggi (ieri, ndr) a Taranto dal palco: "Noi non possiamo accettare la chiusura dell'Ilva per nessuna ragione e per nessuna motivazione" (intervento registrato dal Tg3 ore 14 del 2 agosto 2012).
Quando un impianto danneggia gravemente la salute va fermato. Se il sindacato dovesse fare fronte comune con l'azienda per ostacolare le ordinanze della magistratura diventerebbe un'organizzazione che mina i principi della legalità costituzionale.
Ci auguriamo che mai accada una cosa del genere.
Non vi basta vedere come i dirigenti Ilva arrestati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del Gip? Cosa aspettate a prendere le distanze da questa gente con cui vi siete seduti ai tavoli tecnici e sindacali per concertare la cosiddetta "ambientalizzazione" di impianti che ora sono sotto sequestro?
I lavoratori devono sapere: attorno all'Ilva per un raggio di venti chilometri è vietato dalla Regione il pascolo libero in zone incolte perché il terreno è contaminato da diossine e policlorobifenili. Parliamo di inquinanti persistenti con effetto cancerogeno e che hanno il potere di danneggiare il dna che viene trasferito dai genitori ai figli.
Dal 2008 sono state abbattute duemila pecore e capre perché contaminate da diossine e pcb e gli allevatori sono rimasti senza lavoro.
Nel 2011 sono state distrutte grandi quantità di cozze, contaminate da diossine e pcb, colpendo famiglie di miticoltori che lavoravano da decenni.
Perché in questi casi le organizzazioni sindacali non hanno promosso cortei, pur essendo in gioco il diritto al lavoro?
È terribile sapere che per decenni sono state vendute e consumate tonnellate di cibo contaminato da diossine e pcb a una popolazione ignara del pericolo.
Quando la magistratura interviene per spezzare questo meccanismo infernale, ne è costretta, dal momento che gli amministratori non hanno predisposto i controlli efficaci che sarebbero serviti, viceversa compiuti in molti casi da associazioni di cittadini.
In nome del proprio diritto al lavoro non si può decretare la morte di altre persone e la distruzione del futuro di una città.
Cambiare si può ed è per questo che vi scriviamo. Si può fare qualcosa di legittimo e positivo: disinquinare, bonificare, recuperare il territorio agli usi civili.
L'opera di bonifica del terreno attorno all'Ilva è vastissima e richiede non meno lavoratori di quanti ne impiega oggi l'Ilva.
Urgente è la messa in sicurezza d'emergenza della falda acquifera che sotto l'Ilva si sta contaminando.
Ogni mese di attesa rende più alti i costi futuri di bonifica del sottosuolo.
Non meno impegnativa è la bonifica del mare dove non si può più praticare la pregevolissima mitilicoltura, un tempo rinomata in tutto il mondo.
Anche il Lungomare andrà bonificato e recuperato alla balneazione e anche questo è lavoro.
Siete stati a Taranto e vi avranno avranno detto che la situazione sta migliorando.
Questa è una versione di comodo, non è la realtà.
Infatti la legge regionale sulla diossina - pur utile indispensabile per rallentare la contaminazione - non alleggerirà di un solo grammo il peso di tutta la contaminazione del territorio e del mare accumulata in cinquant'anni.
Se la situazione stesse migliorando a Taranto, nel 2010 non sarebbe stato approvato un articolo di legge che tutti hanno battezzato "salva-Ilva" (nel dlgs 155/2010), perché ha modificato la norma legge che fissava un limite invalicabile al benzo(a)pirene (e la legge regionale che è stata approvata non riesce a porre un vero e proprio rimedio).
Nel 2011 nel quartiere Tamburi è stato superato il limite per le polveri sottili (pm10) e questo si ripeterà nel 2012 perché le centraline Arpa hanno già registrato sforamenti eccessivi e frequenti.
Dove è dunque il miglioramento a Taranto di fronte ai ripetuti e persistenti superamenti di polveri e benzo(a)pirene? In che modo pensate di rimuovere tutta la diossina che si è depositata attorno e dentro la fabbrica, e persino in fondo al mare, se non si procede ad una bonifica?
E quale migliore occasione per poter reimpiegare gli stessi lavoratori dell'Ilva?
Sarebbe assurdo non cogliere questa opportunità e scegliere ciecamente la difesa di impianti obsoleti, inquinanti e pericolosi.
Se la vostra visuale è il passato condannate i lavoratori alla sconfitta e la città a una spaccatura insanabile e dannosa.
Se la vostra prospettiva è il futuro, la soluzione delle bonifiche è a portata di mano e può contare sui fondi strutturali europei che - se non usati per le bonifiche - cesseranno il 31 dicembre 2013. Occorre dunque far presto e mettere in campo un progetto che veda i lavoratori dell'Ilva protagonisti del disinquinamento. Occorre fare come nella Ruhr in Germania dove è stato compiuto un provvidenziale ed efficace recupero civile e paesaggistico delle aree degradate dall'inquinamento. Ora la Ruhr è rinata ed è un polo attrattivo.
Occorre tutto il vigore delle maestranze dell'Ilva per replicare a Taranto questo esperimento virtuoso.
La bonifica andrà fatta anche con i profitti di chi in questi anni si e' arricchito inquinando senza controllo.
La famiglia Riva dovrà pagare tutti i danni che ha arrecato a Taranto.
Non siate reticenti su questo.
Ditelo ai lavoratori.
Ditelo, con coraggio.
Alessandro Marescotti, Presidente di PeaceLink
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