di
Laura Pavesi
09-04-2013
A Taranto nemmeno i defunti trovano pace: nel cimitero del quartiere Tamburi, adiacente all'Ilva, da marzo sono vietate le sepolture a causa del forte inquinamento del suolo. Le salme, per il momento, devono restare nelle celle frigorifere degli obitori o essere tumulate in altri cimiteri. Oggi sit-in a Roma contro il 'Salva-Ilva', la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla legittimità del decreto.
Dalla città di Taranto, che domenica scorsa si è mobilitata in difesa dell'operato della magistratura e contro il disastro ambientale provocato dall'Ilva e contro la Legge 231/2012 che permette all'azienda di continuare a produrre, arriva notizia quasi surreale.
L'amministrazione comunale ha vietato la sepoltura dei defunti nel cimitero urbano di Tamburi, il quartiere adiacente all'Ilva, perché la terra è risultata altamente inquinata da sostanze tossiche e i rischi per la salute degli addetti ai servizi cimiteriali, che devono scavare e smuovere il terreno contaminato dai veleni, sono troppo elevati.
A ottobre 2012, il Comune di Taranto aveva richiesto all'ARPA Puglia (l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) di effettuare l'analisi del terreno del cimitero urbano di Via San Brunore, che confina con le ciminiere e il parco minerali dell'ILVA - dal quale ogni anno fuoriescono, secondo le perizie del Tribunale, circa 700 tonnellate di polveri nocive.
Dalle analisi effettuate dell'ARPA, che sono state consegnate al Comune a febbraio 2013, è risultata un'elevata concentrazione di sostanze tossiche: diossina, benzo(a)pirene, berillio, mercurio e nichel. Di conseguenza, l'amministrazione ha emesso un'Ordinanza urgente con la quale vieta qualsiasi operazione di inumazione (e riesumazione) nella “nuda terra” nel cimitero di Tamburi, fino a data da destinarsi.
Per tutti i coloro che non possiedono cappelle di famiglia o loculi è prevista la sepoltura a terra. In questo momento, quindi, i parenti dei defunti nel quartiere Tamburi hanno due opzioni: far seppellire i propri cari in un altro cimitero o confidare in una rapida soluzione al problema, con conseguente revoca dell'Ordinanza comunale.
La notizia è stata diffusa, per prima, da una TV locale, che ha segnalato il caso di una donna tarantina che ha perso la madre lo scorso 18 marzo e che si vede negare il diritto di darle una degna sepoltura. Ma al dolore della perdita, si aggiunge la 'beffa': la salma si troverebbe 'parcheggiata' in una cella frigorifera dello stesso cimitero ed il costo della cella, che è di 6 euro al giorno, non sarebbe a carico dell'amministrazione comunale (che vieta l'inumazione), bensì a carico della famiglia. E pare che non sia un caso isolato: ad oggi, infatti, sarebbero ancora 3 le salme custodite, da circa un mese, nei freezer del cimitero di Tamburi.
Alessandro Marescotti, insegnante tarantino e fondatore di Peacelink, conferma: “A Taranto non si possono seppellire i morti al cimitero del quartiere Tamburi, vicino all’Ilva. Infatti il terreno è troppo inquinato. Le salme - come ha spiegato l’emittente televisiva locale - rimangono nelle celle frigorifere e i parenti devono pagare il 'parcheggio' dei loro cari, perché smuovere il terreno è troppo pericoloso. È contaminato da diossine, policlorobifenili, piombo, idrocarburi policiclici aromatici e altre sostanze cancerogene e neurotossiche”.
Questa situazione paradossale sta suscitando rabbia e crescente esasperazione nella cittadinanza, tanto che l'amministrazione comunale, ha cercato di correre ai ripari dichiarando alla stampa che ciò che accade non è addebitabile alle famiglie dei defunti e che queste non dovranno pagare nulla. Tuttavia, non sembra destinata a sbloccarsi rapidamente: resta il problema della sicurezza dei necrofori che operano nel cimitero di Via San Brunore, a contatto con un terreno contaminato da veleni di ogni tipo.
Il Comune ha sollecitato la cooperativa "L'Ancora” (L'Ancora Service-Società Cooperativa Sociale), che attualmente ha in gestione i servizi cimiteriali di Taranto, a dotare i propri lavoratori di abbigliamento e strumenti di sicurezza che impediscano qualunque contatto con il terreno. La cooperativa fa sapere di aver già ordinato speciali mascherine, dotate di filtri idonei ad evitare l'inalazione di sostanze tossiche, ma pare che i periodo di consegna sia più lunga del previsto.
E nel frattempo l'Ordinanza che vieta le sepolture nel cimitero di Tamburi rimane in vigore: "La risposta del medico del lavoro (della cooperativa n.d.a.) ci ha imposto di adottare questa soluzione", spiega Vito Giannini, responsabile del Servizio Ambiente, Salute e Qualità della Vita del Comune. "Le mascherine dovrebbero giungere la prossima settimana e il problema sarà risolto".
E così, mentre tutti attendono l'arrivo di mascherine e attrezzature idonee, i defunti restano nelle celle frigorifere del cimitero e a fare le spese di questa situazione paradossale sono, soprattutto, i loro familiari. Perché, come ha scritto Marco sulla pagina Fb di Alessandro Marescotti, a Taranto “dobbiamo fare attenzione a non morire”.
Oggi la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla legge 231/2012, nota come “Salva-Ilva”. A Roma dalle 10 alle 14 si tiene il sit-in davanti a Montecitorio.
Aggiornamento delle 13.00: "è durata circa due ore l'udienza in Corte Costituzionale sulle questioni di legittimità relative alla legge 231 del 2012, la cosiddetta Salva-Ilva. La decisione è attesa per oggi o domani. Nell'udienza la Consulta ha ritenuto inammissibili gli interventi di Wwf, Confindustria e Federacciai che chiedevano di essere ascoltati. Ammessi,invece, gli interventi dei titolari dell'azienda agricola Fornaro che hanno dovuto abbattere dei capi di bestiame a causa dei veleni prodotti dal gruppo siderurgico" (Fonte: ANSA).
Aggiornamento delle 22.00: "La Corte Costituzionale salva la legge salva-Ilva. Giudicando in parte inammissibili, in parte non fondati i dubbi di legittimità costituzionale sollevati da Gip e Tribunale di Taranto, la Consulta conferma che l'impianto del decreto messo a punto dal governo e convertito in legge a fine 2012, è aderente alla costituzione e respinge nella sostanza le tesi dei magistrati - secondo cui ben 17 articoli della Carta erano stati violati - dando ragione al governo" (Fonte: ANSA)