«Esistono luoghi in cui il verbo “cucire” indica un’azione meccanica, noiosa perfino. Poi esistono luoghi diversi e idee diverse. Posti umani, spazi reali di libertà, dove convivono parole e azioni, posti popolati di lavoro ma anche di cura»: si descrivono così i promotori del progetto che ha preso corpo nella periferia torinese grazie al successo del crowdunfing.
Si chiama In-Tessere ed è un progetto di sartoria popolare che nasce dall’esperienza del Gruppo Abele ed è pensato per dare risposte alle domande inevase di formazione e lavoro provenienti dalle donne vulnerabili di Barriera Milano, quartiere a rischio della periferia torinese.
«In una prima fase avvieremo una scuola di cucito, interamente gratuita, con esperti e sarti professionisti - spiegano i promotori - durante la quale le donne si addentreranno nei meandri del cucito e frequenteranno moduli formativi sui temi dell'imprenditorialità al femminile per rendere da subito le competenze acquisite professionalizzanti. La seconda fase sarà quella dell'apertura della sartoria popolare vera e propria, luogo in cui le donne potranno mettere in pratica gli insegnamenti acquisiti e a cui le persone del quartiere e della città potranno accedere liberamente e usufruire dei macchinari».
Per l'associazone che sta portando avanti il progetto, l'obiettivo è «staccare di dossi dalle donne vulnerabili l’etichetta di “vittime” (di qualcuno, di qualcosa, di sistema). Perché le donne che frequenteranno la sartoria popolare e che ora vivono gli spazi della Drop House, vedono spesso smarrita la propria identità sotto strati di giudizi frettolosi».
«Il progetto In-Tessere nasce per restituire a ciascuna donna un’immagine che davvero la rappresenti, rompendo una volta e per sempre con ogni visione pietistica dell’ accoglienza . Di qui l’intuizione di raccontarle attraverso l’eroismo umile che c’è dietro i loro piccoli gesti, quelli quotidiani, minuscoli, apparentemente insignificanti. E che sono al contrario magnifici esempi di cura».
Quindicimila euro sono stati donati al progetto dalla Fondazione Eandi che, sin da principio, ha creduto nell’impatto positivo che la sartoria avrà sul quartiere in cui opera la Drop House.
Questa donazione, insieme al resto del denaro raccolto, sarà destinata alla formazione e all’allestimento della sartoria che oggi esiste solo come modesta sala cucito e utilizza materiali di riuso.
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