di
Gestione Corretta Rifiuti
28-03-2011
Una corretta gestione dei materiali di scarto, oggi purtroppo ancora definiti rifiuti, non dovrebbe consentire l'incenerimento delle plastiche, semplicemente perché è un procedimento troppo costoso. Portare invece questa plastica ad un centro di riciclo ha un costo zero o, meglio, porta addirittura il bilancio in positivo.
Si racconta spesso delle meraviglie tecnologiche di un impianto di incenerimento, delle famose BAT (Best Available Technics), che ci dovrebbero garantire impatti ambientali prossimi allo zero.
Di pari passo va il sostenere l'idea che con l'inceneritore le tariffe dei rifiuti si abbassino.
Oltre ad essere falsa la prima affermazione, visti i tanti impianti di incenerimento sequestrati in giro per l'Italia a causa dell'inquinamento causato (l'inceneritore di Pietrasanta non è lontano per una istruttiva gita fuori porta), è falsa anche la seconda affermazione, quella della supposta opportunità economica dell'incenerire.
Prendiamo come esempio la frazione plastica, al centro del dibattito sulla opportunità o meno di incenerirla, visto che dalla sua combustione si genera diossina ed altre molecole non proprio commestibili.
Un kg di plastica incenerito porta alla produzione di 1,5 kw di energia elettrica, negli impianti attrezzati in tal senso per la cogenerazione. Per produrre un kg di plastica a partire dalla materia prima, il petrolio, occorrono 15 kw di energia. Lo scarto è evidente e incolmabile, l'energia impiegata viene irrimediabilmente persa nel processo di combustione, che è scarsamente efficiente.
Un kg di plastica riciclato invece ci costa, per produrlo, 2 kw di energia.
Il risparmio quindi tra i due metodi di trattamento della plastica è di 13 kw, una differenza che non dà adito ad alcuna discussione su quale sia il metodo di trattamento preferibile.
Ovviamente portare plastica ad un impianto di incenerimento ha un costo, il costo cioè del trattamento di questa plastica come rifiuto, il costo che ogni cittadino si sobbarca con la tariffa dei rifiuti che viene calcolata in base al rifiuti indifferenziati che l'ente locale è costretto a smaltire.
Portare invece questa plastica ad un centro di riciclo ha un costo zero o, meglio, porta addirittura il bilancio in positivo.
Il circuito Conai raccoglie in particolare gli imballaggi (bottiglie e flaconi in massima parte), mentre non tratta quelle plastiche composite che costituiscono altri manufatti come i giocattoli, i piatti e bicchieri usa e getta, oggetti di arredo, custodie cd, etc.
Ma anche questi materiali, che il gestore di Parma consiglia ai cittadini di mettere nell'indifferenziato, non conviene bruciarli.
Abbiamo infatti visto con i nostri occhi quello che fa il centro riciclo di Vedelago. Esattamente questo: riciclare la plastica che altrimenti finirebbe in discarica o all'incenerimento, con gli impatti ambientali che ne derivano, trasformandola in materiale utilizzabile dall'industria dello stampaggio plastico (panchine, dissuasori di velocità, palificazioni) e dal settore dell'edilizia, per alleggerire i calcestruzzi e migliorarne le performance.
In pratica un materiale che verrebbe bruciato, è utile per costruire altri oggetti.
Non ci pare una cosa da poco. Ma al gestore ovviamente conviene smaltire queste plastiche piuttosto che riciclarle, perché semplicemente ci guadagna di più.
Ma noi ci domandiamo. Chi decide le politiche dei rifiuti? L'ente pubblico o le multiutilies? Una corretta gestione dei materiali di scarto (oggi purtroppo ancora definiti rifiuti) non dovrebbe consentire l'incenerimento delle plastiche, semplicemente perché è un procedimento troppo costoso, che va a sottrarre soldi alle famiglie.
Una corretta gestione dei rifiuti, che passa attraverso l'ovvia eliminazione dei cassonetti stradali indifferenziati, per passare ad una gestione domiciliare, porta con sé una decisa diminuzione del secco residuo da trattare, che passa dagli attuali 350 kg pro capite annui a 80 kg.
I conti sono presto fatti. 80 kg pro capite nella nostra provincia equivalgono ad una necessità di trattamento di 35 mila tonnellate di rifiuti all'anno, ben lontane ovviamente dall'impianto in costruzione a Ugozzolo, che avrà una capacità di trattamento di 130 mila tonnellate. Teniamo anche conto che queste 35 mila tonnellate non sono state ancora trattate per la loro ulteriore differenziazione e stabilizzazione prevista anche dal progetto del Pai.
Significa che andranno ulteriormente ad abbassarsi in volume e peso, portando il secco residuo a quantità irrisorie che non giustificano la costruzione di un inceneritore.
Non sta in piedi nemmeno la tesi dei tempi necessari a raggiungere questi quantitativi di riciclo, come spesso l'assessore all'inceneritore Castellani mugugna come montagna insormontabile.
Un piano di gestione dei rifiuti domiciliare progettato con i giusti requisiti porta già nella prima settimana di attuazione la percentuale di riciclo oltre il 70%.
Certamente, se oggi vediamo per le strade della città questi enormi cassoni per i rifiuti indifferenziati, il messaggio rivolto ai cittadini è molto chiaro. Chiaro nelle intenzioni di gestire gli scarti in modo raffazzonato e obsoleto. Un chiaro tentativo di mantenere delle quantità di rifiuto 'sporco' da poter conferire all'inceneritore, che senza un apporto costante, non può funzionare.
I cassonetti sono una 'istigazione a delinquere', perché invitano i cittadini a conferire nel mucchio anche i materiali che sono facilmente riciclabili come la carta, la plastica, il legno, il cartone, che è un delitto bruciare. Fino a che non sarà operativo un impianto corretto di gestione non potremo sapere qual è l'effettiva necessità di trattamento per il nostro territorio.
Come progettare un mezzo di trasporto senza prima sapere quanti km dobbiamo fare. Stiamo così costruendo un Jumbo Jet per andare a Pannocchia. Il costo al km è un tantino alto, per così poca strada da fare.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Commenti