'Crescita verde' e 'sviluppo sostenibile' sono le contraddizioni in termini con cui l’Europa vorrebbe sfruttare l’ambiente per rilanciare la sua disastrata economia. Ne è convinta anche Ida Auken, trentatreenne ministra dell’Ambiente del governo di Copenhagen, che, raggiunta da Il Cambiamento, esprime per la prima volta al pubblico italiano il suo punto di vista su come uscire dalla crisi.
Con la presidenza di turno danese dell’Unione europea, iniziata a gennaio e definita da subito come “un ponte su acque agitate”, le parole d’ordine presso le Istituzioni europee sono diventate sostenibilità, green economy e crescita verde. Solo attraverso un maggiore sfruttamento delle opportunità fornite da una conversione verde dell’economia, in effetti, si può sperare di uscire da una crisi economica ed ambientale senza precedenti. Ma l’importante è come lo si vuole fare.
Il governo di Copenhagen ha promesso una “presidenza verde”. Il problema è però quello di attuarla in un momento concitato come questo. In Europa, infatti, crisi finanziaria e democrazia a rischio stanno oscurando tutto il resto, inclusa la possibilità per il vecchio continente di mantenere la sua leadership mondiale sia nelle politiche che nelle tecnologie ambientali.
“Non si tratta di essere idealisti, è una questione di necessità - fa presente Ida Auken -: se vogliamo risolvere la crisi economica, quella climatica e quella dovuta alla scarsità delle risorse, le dobbiamo affrontare simultaneamente. Nella Ue, la mia impressione è che stia emergendo un grande consenso su questo fatto”.
Il prezzo delle risorse sta aumentando, osserva la Auken, che cita un recente rapporto della McKinsey, società globale di consulenza manageriale che focalizza la sua attività sul “risolvere problemi di interesse per grandi aziende ed organizzazioni”. Per la ministra danese, è ormai dimostrato che la crisi delle risorse interesserà il mondo intero: “Un problema dovuto alla mancanza di risorse nel futuro, ma che noi usiamo già in abbondanza per i nostri apparecchi elettronici o le nostre turbine eoliche. Di conseguenza, i prezzi saliranno ulteriormente, i nostri ecosistemi ne risentiranno, e anche noi come consumatori”.
Consumatori, appunto, che con il boom demografico in corso possono rivelarsi eccessivamente voraci. “La popolazione mondiale ha già superato i sette miliardi di individui - ricorda Ida Auken -: con la crescita della popolazione dovremo anche affrontare una triplicazione dell’estrazione delle risorse globali prima del 2050, se lo sviluppo rimarrà come quello attuale. Quindi non è solo necessario affrontare globalmente questi problemi, ma tenere presente che questi rappresentano una significativa opportunità per le compagnie che si occupano di efficienza energetica. Dal mio punto di vista, quindi, la risposta è in un approccio coordinato ed interconnesso nella risoluzione contemporanea della crisi ambientale e di quella finanziaria”.
Un coordinamento che sembra improbabile, dopo il misero fallimento di Copenhagen 2009 ed i problemi di Durban 2011, e che rischia di compromettere la riuscita della conferenza Onu di giugno sullo sviluppo sostenibile che so terrà a Rio de Janeiro. Ma quali sono le aspettative e le ambizioni europee?
“Dobbiamo lavorare duro per essere sicuri di raggiungere un accordo - risponde la ministra -: c’è molta attenzione su Rio+20, e noi abbiamo grandi ambizioni. La presidenza danese dell’Ue si sforzerà al massimo a Rio per assicurare un nuovo momentum nell’agenda dello sviluppo sostenibile, e l’Ue punterà ad un accordo ambizioso, che possa delineare delle linee guida per la green economy nelle Nazioni Unite, individuando così obiettivi e mete concreti”.
'Sviluppo sostenibile', possibile con il disaccoppiamento fra lo sviluppo economico e l’uso di risorse, è per molti una contraddizione in termini, così come l’espressione 'crescita verde'. “In una prospettiva di lungo termine è logico che ci saranno limiti alla crescita - puntualizza Ida Auken -: ciononostante, credo che siamo molto lontani dallo sfruttare il potenziale di una economia molto più pulita, efficiente, de-materializzata e circolare di quella attuale. Inoltre, dobbiamo considerare che c’è una forte pretesa di crescita, su scala globale.
La crescita sta permettendo un miglioramento della qualità di vita a milioni di persone in tutto il mondo. Inoltre dobbiamo tenere presente che, secondo le stime dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il PIL mondiale sarà quasi il quadruplo di quello attuale entro i prossimi quattro decenni. La maggior parte di questa crescita si verificherà al di fuori dell’Europa. Ma la vera sfida sarà renderla verde”.
“Dal mio punto di vista - conclude la ministra danese - welfare e qualità della vita sia per le generazioni presenti che per quelle future sono l’obiettivo principale. L’economia deve fornire lavoro e benessere ai cittadini. E specialmente in tempi di crisi è necessario che ci sia un dialogo fra le imprese, la scienza e tutte le persone preoccupate su come raggiungere nel lungo termine una dimensione sostenibile della propria vita”.
Un'analisi, quella di Ida Auken, che potrebbe risultare monca: la ministra dice che il welfare resta una priorità, ma è esattamente il welfare ad essere sotto attacco, come mai prima, in tutta Europa. Anche l’ambiente sta subendo 'attacchi' da ogni dove; per non parlare della democrazia.
L'Ue incarna una cessione di sovranità, lo vediamo tutti, che va completamente a beneficio delle grandi lobby economico-finanziarie e a svantaggio della democrazia, delle persone, dell’ambiente e degli animali. Chi governa l'Europa dovrebbe saperlo, e forse lo sa. Come probabilmente sa che il concetto di crescita verde non ha nessun senso, dato che è impossibile crescere all’infinito su un pianeta dalle risorse finite, qualunque sia il colore con cui si vuole dipingere la crescita economica.
Forse il galateo diplomatico impone ad Ida Auken un ruolo che le impedisce di ammetterlo. O almeno per ora. Per questo non abbandoniamo le speranze di sentire qualcosa di nuovo dalle più alte cariche istituzionali. E ci facciamo bastare, per il momento, le buone intenzioni, la disponibilità e l’educazione dimostrate nei nostri confronti dalla giovane ministra danese. Cosa impensabile quando invece si ha a che fare con la maggior parte dei politici nostrani, spesso così indaffarati nella gestione della cosa pubblica da non avere neppure il tempo di dare risposte ai loro datori di lavoro.
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