di
Francesco Bevilacqua
12-05-2011
Anche l’ONU, attraverso l’IPCC, il suo foro sui cambiamenti climatici, si sta accorgendo non solo dell’importanza di puntare sulle fonti energetiche rinnovabili, ma anche delle frizioni e dell’ostracismo che esiste oggi nei confronti della svolta verde.
Un nuovo e per certi versi scioccante spunto per dibattere sulla questione energetica, in particolare sulle fonti rinnovabili, l’ha offerto in questi giorni l’IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, istituto facente capo alle Nazioni Unite che dal 1988, anno della sua fondazione, si occupa di monitorare il riscaldamento globale attraverso l’analisi di studi e ricerche in merito.
Qualche giorno fa è stato pubblicato il Rapporto speciale sulle energie rinnovabili, basato su alcune elaborazioni, fra le quali quella di Greenpeace Energy [R]evolution. I dati che emergono da questo studio sono in netta controtendenza con il pensiero attuale che ritiene le fonti rinnovabili decisamente insufficienti a sostenere il fabbisogno energetico; sembra infatti che nel 2050, fra meno di quarant’anni, il 77% delle esigenze di approvvigionamento energetico potrebbe essere soddisfatto attraverso eolico, solare, geotermico e altre tecnologie pulite.
In particolare, il punto che contraddice le attuali convinzioni è quello relativo allo sviluppo di tali tecnologie, che già oggi sarebbero pronte per una simile prestazione. La principale critica che viene rivolta all’energia rinnovabile, infatti, verte sulle necessità di un ulteriore e deciso sviluppo, imprescindibile per renderle utilizzabili come fonte energetica unica o quantomeno preponderante.
L’affermazione più eclatante però è quella secondo cui la svolta verde sarebbe “osteggiata da forti barriere di ordine politico che impediscono di utilizzare interamente questo potenziale”. Non è certo difficile credere a questo tipo di accuse, vista anche la pesante influenza che le lobby dell’energia fossile sono in grado di esercitare sulla sfera politica, unitamente a tutti i comparti che fanno parte del loro indotto, come il mercato automobilistico o quello della distribuzione dell’energia e dei carburanti, solo per citarne un paio. Inoltre, si basano sulla spartizione delle fonti fossili i decisivi equilibri geopolitici, analizzati in un precedente articolo, che caratterizzano oggi lo scacchiere internazionale.
La novità è che un organismo istituzionale, facente riferimento a una delle organizzazioni sovranazionali più importanti – le Nazioni Unite –, lanci una simile accusa in un rapporto ufficiale. Un segnale certo incoraggiante che testimonia come finalmente anche le 'alte sfere' stiano cominciando a rendersi conto che il problema energetico esiste ed è pure molto attuale.
L’unica parte a cui forse si sarebbe dovuto dare più importanza è quella relativa al contenimento dei consumi. L’idea che sta alla base dell’energia pulita e rinnovabile è caratterizzata dai concetti di sobrietà, autosufficienza, senso del limite e decrescita. Senza ricorrere a complicati e spesso inattendibili calcoli sulla percentuale di fabbisogno energetico che si potrà soddisfare con energia pulita piuttosto che con fonti fossili, ogni discorso riguardante un piano di 'ristrutturazione energetica' deve partire da un punto di partenza imprescindibile: il ritmo di consumo che manteniamo oggi è insostenibile. Lo è se alimentiamo le nostre auto a petrolio, lo è se le alimentiamo a idrogeno o a biocarburanti.
La soluzione? Usare meno l’auto o, ancor meglio, non usarla affatto. È questa la filosofia vincente, anche perché costituisce un argomento incontrovertibile. Mentre sui dati, soprattutto quelli in prospettiva, che riguardano lo sviluppo del potenziale rinnovabile troveremo sempre il politico scettico, spalleggiato dallo scienziato prezzolato, disposto a controbattere le valutazioni a favore delle nuove fonti energetiche, un discorso sull’impellente necessità di ridurre i consumi commisurandoli alle risorse disponibili è semplice, lineare, condivisibile e difficilmente smentibile.
Fa comunque bene Greenpeace a mettere la pulce nell’orecchio e a punzecchiare i governi mondiali, in vista della Conferenza mondiale sul clima che si terrà il prossimo dicembre a Durban, in Sudafrica, sul tema delle fonti energetiche rinnovabili e soprattutto sulle manovre più o meno occulte mirate a ostacolarne la diffusione.
Argomenti a favore dell’energia pulita dovrebbero essere non solo i dati tecnici, ma anche le considerazioni relative alla necessità di crea una nuova cultura energetica basata sulla riduzione dei consumi e, perché no, la proposizione di casi virtuosi in materia, come per esempio quello relativo all’ormai famosa isola danese di Samso, che da quasi quindici anni ha raggiunto la completa autosufficienza energetica grazie all’eolico e al solare.
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