Greta Thunberg, intervistata dal Guardian in concomitanza con l'uscita del documentario ufficiale su di lei, non usa mezzi termini: "Ipocrisia e greenwashing" afferma riferendosi ai leader politici degli Stati, ancora inconcludenti nelle politiche per il contrasto ai cambiamenti climatici.
Nell'intervista al quotidiano britannico non manca di sottolineare come politici e governanti si mostrino entusiasti quando parlano di obiettivi lontani decenni per poi vacillare e annaspare quando si tratta di prendere decisioni radicali e scomode nell'immediato.
Greta Thunberg esorta a trattare la crisi climatica come la crisi legata al coronavirus, che ha dimostrato che si può cambiare molto o tutto nel giro di pochissimo tempo.
«La prima cosa che dobbiamo fare è comprendere che siamo in emergenza - ha detto - e ammettere che abbiamo fallito, l'umanità intera ha fallito, perché non si riesce a risolvere una crisi che non si comprende».
«Fino a che non tratteremo questa crisi per quello che è, potremo fare tutti i summit che vogliamo ma saranno sempre e solo trattative, parole vuote, scappatoie e greenwashing».
E attacca i proclami di Inghilterra, Cina e Giappone che hanno annunciato l'azzeramento delle emissioni per il 2050-2060. «Sono solo dichiarazioni simboliche, se si guarda a ciò che includono e a ciò che escludono, ci sono innumerevoli scappatoie. È inutile focalizzarsi a obiettivi a 10, 20 o 30 anni. Se non riduciamo le emissioni ora, tutti gli altri obiettivi futuri non avranno alcun significato perché il nostro impatto durerà troppo».
E la Thunberg ribadisce anche che «laddove c'è giustizia climatica ci deve essere anche giustizia sociale, non esiste l'una senza l'altra».
«La crisi climatica è un sintomo di una crisi ben più ampia che implica la perdita di biodiversità, la perdita di terreno fertile, disuguaglianza sociale e minaccia per la democrazia»: sintomi ormai insostenibili che indicano come non ci sia più margine alcuno.