di
Andrea Degl'Innocenti
08-11-2011
Secondo un rapporto dell'Aiea sarebbe stato uno scienziato russo a dare un contributo fondamentale allo sviluppo delle tecnologie per la costruzione di un ordigno nucleare. Israele e Usa sembrano intenzionati ad usare la forza, ma il rischio di accendere la miccia di una guerra mondiale non sembra così lontano.
“L'Iran sta costruendo l'atomica militare”. Dopo che negli scorsi giorni Israele aveva ventilato l'ipotesi di un attacco militare nel caso in cui l'Aiea avesse trovato prove di un programma atomico militare iraniano, ecco che puntuale arriva la prima conferma. A svelarlo è il Washington Post che riporta alcune anticipazioni sul dossier trimestrale sul nucleare iraniano che sarà reso noto domani all'ora di pranzo.
Secondo quanto riportato dal quotidiano, ad aver fornito le conoscenze necessarie al governo di Teheran avrebbe contribuito uno scienziato russo di nome Vyacheslav Danilenko, esperto di esplosivi nucleari dell'ex Unione Sovietica. Dai documenti consegnati all'Aiea emerge che l'uomo avrebbe iniziato a collaborare attorno alla metà degli anni Novanta con il Centro iraniano di ricerca fisica.
A partire da allora egli avrebbe fornito assistenza per circa cinque anni, tenendo lezioni teoriche e fornendo dossier scientifici su come “costruire detonatori di alta precisione simili a quelli utilizzati per innescare una reazione a catena nucleare”. Danilenko – che ha ammesso la sua collaborazione precisando però che pensava si trattasse di nucleare civile – avrebbe inoltre fornito informazioni preziose per la costruzione del generatore R265, un modello fondamentale per la realizzazione un ordigno atomico. Si tratta di una sorta di guscio in acciaio in grado di contenere l'esplosivo atomico compresso e di farlo detonare nel giro di una frazione di secondo.
Il russo però non sarebbe stato l'unico collaboratore. L'Iran avrebbe ottenuto informazioni importantissime su codici e formule matematiche da altri scienziati stranieri, molti provenienti dalla Corea del Nord, e da Abdul Qadeer Khan, padre del nucleare pachistano.
La questione del nucleare iraniano rischia però di accendere una miccia ancor più potente. Se Usa ed Israele decidessero di ricorrere ad un attacco militare, “le conseguenze – come ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov - potrebbero essere imprevedibili”.
Proprio dal Cremlino sono arrivate le sentenze più dure sull'eventualità di un attacco. “Non ci può essere alcuna soluzione militare al problema del nucleare iraniano - ha proseguito Lavrov -. Tutti i conflitti devono essere risolti esclusivamente attraverso i mezzi approvati dalla comunità internazionale nell’ambito della carta dell’Onu”.
Un attacco all'Iran non lascerebbe indifferente neppure la Cina, che da anni ormai mantiene rapporti amichevoli col regime degli Ayatollah, basati sulla cosiddetta “alleanza degli idrocarburi” e recentemente ha investito 40 miliardi di dollari per sviluppare il settore del petrol-gas in Iran, più la costruzione di nuove raffinerie.
Ad ogni modo restano molte zone d'ombra da chiarire sul dossier nucleare iraniano e le prove fin qui fornite sono tutt'altro che schiaccianti. La storia del nucleare iraniano somiglia per molti aspetti a quella delle armi di distruzione di massa di Saddam.
A tal proposito è bene ricordare le parole di Paul Wolfowitz, inventore della dottrina della guerra preventiva, che una volta terminato il conflitto in Iraq ammise seraficamente: "Abbiamo messo l'accento sulle armi di distruzione di massa per motivi burocratici. Erano la sola ragione che poteva mettere d'accordo tutti. Ma in realtà non è mai stata questa la motivazione principale della guerra”.
Questa volta però c'è in gioco molto di più. Il rischio di trascinare il mondo intero in un nuovo conflitto planetario sembra piuttosto concreto. Un rischio di cui tutte le parti in gioco sono a conoscenza ma che per adesso non sembra scoraggiare Israele e Stati Uniti.