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Elisa Magrì
17-04-2012
Fare ricerca non significa chiudersi in un laboratorio o in un istituto per indagare fenomeni da divulgare ai soli esperti del settore. Lo stereotipo dello studioso scisso dal contesto socio-culturale è valso ad indebolire, nell'immaginario comune, l'importanza della ricerca come asse portante di un Paese. Ce lo racconta il Prof. Alessandro Distante, che dirige l'Istituto Biomedico Euro Mediterraneo, a Brindisi. Un modello innovativo di sinergia tra ricerca, imprese e sanità.
Parlare di un connubio fra ricerca scientifica e sanità nel Sud Italia a tanti potrebbe sembrare un ossimoro, ma così non è se si parla con Alessandro Distante, già professore di cardiologia presso l'Università di Pisa e direttore dell'Istituto Biomedico Euro Mediterraneo (ISBEM) di Brindisi.
Sorto nel 1999, l'Istituto Biomedico è una realtà partecipata da Università (Pisa, Lecce, Oslo, Anversa, LUM), ASL (le tre del Grande Salento), ditte biomediche ed altri operatori pubblici e privati del settore salute, oltre che del mondo del volontariato. Cofondatore dell'European Journal of Echocardiography, dal 2007 Alessandro Distante è l’unico italiano membro della Hall-of-Fame of Echocardiography.
Le principali aree di studio del Prof. Distante sono la tecnologia biomedica (come l'uso degli ultrasuoni per approntare tecniche non invasive ed innovative di eco-cardiografia) e l'indagine di prevenzione, diagnostica e cura delle malattie del sistema cardio-vascolare. Nel 2010 l'American Society of Eco-cardiography gli ha conferito il titolo di Honorary Fellow per “aver valorizzato il ruolo degli ultrasuoni nel settore cardiovascolare, raggiungendo i più elevati standard di qualità, apportando contributi significativi nel campo della diagnostica ecocardiografica e, al contempo, esercitando un ruolo cruciale nella creazione di forti e duraturi rapporti fra le Società scientifiche internazionali ed i professionisti che le vivificano”.
Prevenzione, formazione e ricerca sono le parole-chiave del lavoro intrapreso da Alessandro Distante per valorizzare e rilanciare lo studio e la qualità nel settore bio-medico, con un occhio rivolto al Sud Italia, sua terra d'origine. La costituzione di un centro di ricerca senza scopo di lucro nel brindisino è estremamente significativa per riflettere sulle dinamiche virtuose innescate dalla ricerca, quando questa è supportata in funzione dell'utilità pubblica e non per il profitto.
Lo scopo dell'ISBEM è infatti quello di fornire un'occasione a studenti, ricercatori, dottorandi e studiosi per inserirsi nel mondo della ricerca, entrando in contatto con centri di studio nazionali ed internazionali, e mettendo, in pari tempo, al servizio delle amministrazioni sanitarie locali nuove tecnologie. In questo modo si favorisce non soltanto l'incremento dei progetti scientifici del Mezzogiorno, ma anche la creazione di nuovi posti di lavoro, legati alla formazione, organizzazione e crescita delle competenze necessarie alla sanità.
Basti ricordare che nei primi 11 anni l’ISBEM ha formato, ed inserito nella ricerca, nelle imprese biomediche e nelle aziende sanitarie locali, circa 100 giovani (40 dottorandi e 60 studenti di master), offrendo anche possibilità di lavoro e di collaborazione a fisici, chimici, bio-tecnologi, economisti, informatici, esperti di comunicazione e mediatori culturali. Le direttrici della ricerca riguardano, soprattutto, la diagnostica avanzata con parametri di Imaging Biomedico Non Invasivo, come gli ultrasuoni, e il programma di Formazione Continua per la Salute, ovvero di prevenzione attiva e monitoraggio delle patologie nel territorio. I risultati sono pubblicati periodicamente su riviste scientifiche specializzate e di prestigio come European Heart Journal, Circulation e New England Journal of Medicine.
Il secondo punto della ricerca condotta dall'ISBEM, quello della prevenzione e del monitoraggio, è importante per capire in quale senso lo sviluppo di un centro di ricerca, inserito in un circuito nazionale ed internazionale, sia cruciale per migliorare la qualità di vita della salute nel territorio. Fare ricerca non significa, infatti, chiudersi in un laboratorio o in un istituto per indagare fenomeni da divulgare ai soli esperti del settore. Forse proprio questo è lo stereotipo che in Italia è servito negli anni a diffondere una certa immagine dello studioso come “topo di laboratorio (o di biblioteca)”, difficile da comprendere e scisso dal contesto socio-culturale. Questo stereotipo è valso ad indebolire, nell'immaginario comune, l'importanza della ricerca come asse portante di un Paese capace di autentica evoluzione e di rinnovamento autonomo.
Dedicarsi all'indagine scientifica, nel modello disegnato da Distante, significa invece creare un nesso stabile ed organico fra istituti scientifici, enti pubblici, imprese bio-mediche e cittadini attivi. Si pensi, ad esempio, a come la qualità della salute del singolo individuo possa migliorare una volta che questi sia messo nelle condizioni di ricevere informazioni adeguate sulle sue condizioni attuali e sui rischi che corre a seguito dell'adozione di pratiche scorrette. “I popoli con più alto livello di cultura hanno un’aspettativa di vita più alta, in quanto il cittadino colto impara a gestire meglio gli aspetti critici inerenti la propria salute e quella delle persone vicine”, spiega Distante.
In un modello sinergico, nel quale la ricerca collabori positivamente con gli enti pubblici e gode degli investimenti dei privati non finalizzati al profitto, il cittadino è messo sulla strada giusta per affrontare uno specifico problema da un presidio sociale (ad es. il Comune), che lo indirizza verso le strutture che si occuperanno del suo caso con competenza, serietà ed efficienza. In quest'ottica i ricercatori dell’ISBEM stanno realizzando il progetto PROF (Prevenzione Osteoporosi Fratture), affrontando un grosso problema socio-sanitario in quanto il 15% della popolazione è a rischio di fratture ossee.
Si tratta di una campagna di prevenzione abbinata ad un progetto di ricerca e di formazione condotto da medici e ricercatori, i quali mirano a diagnosticare tempestivamente l'osteoporosi nei soggetti a rischio mediante test distribuiti dai medici di famiglia. In questa maniera i medici educano alla prevenzione per ridurre il rischio di fratture; riducono la spesa sanitaria da fratture ossee e sono in grado di creare un registro con cui monitorare il fenomeno a livello locale. Proprio lo scorso anno è stato assegnato ad una ricercatrice dell'ISBEM, Giovanna Chitano, di Ostuni, il Premio di Ricerca “Isa Coghi” per le ricerche sulla Osteoporosi.
Il risultato di questo modello d'azione è che la malattia si combatte con la prevenzione e la corretta informazione, in modo che il male scompaia invece di essere prolungato con il ricorso ad oltranza delle cure farmacologiche, le quali si riflettono, peraltro, nell'aumento dei costi delle spese mediche e nel peggioramento della qualità della vita del singolo. Con questo spirito, pochi giorni fa, l'ISBEM ha inaugurato al Convento dei Cappuccini di Mesagne una scuola internazionale di Clown Terapia per la formazione di soggetti professionali 'nuovi' dal punto di vista relazionale.
L'empatia è fondamentale nel rapporto fra medico e paziente e si rivela decisiva per aiutare i malati a lasciare il letto di degenza in forza del buonumore e della fiducia nella propria capacità di recupero. Al tempo stesso si esercita una forma di educazione culturale: il cittadino diventa, da utente passivo, soggetto attivo nella fruizione delle metodologie e delle tecniche che riguardano la sua salute.
Ma perché tale circuito positivo si inneschi è indispensabile, da un lato, investire nella formazione, ovvero coltivare nei giovani la predisposizione allo studio e l'attitudine alla ricerca, come dal 2004 cerca di fare il COMEPER (Comitato Mesagne Per la Ricerca), Socio Isbem nella promozione di strutture collegiali universitarie di alto livello qualitativo, sul modello delle Scuole Superiori di Pisa, Padova e Pavia. Dall'altro lato, si tratta di suscitare nella sfera del privato l'interesse ad investire nella ricerca e nel potenziale del proprio territorio (ad es. attraverso il 5per mille), cercando di riattivare quel senso di responsabilità che contraddistingue una comunità consapevole da una terra di nessuno.
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