Un'Italia a due velocità: la follia del potere, la resistenza No Tav

La divisione fra favorevoli e contrari alla Tav in Val di Susa è un utile punto di partenza per analizzare un paese che da troppo tempo viaggia su binari differenti, a diverse velocità. Da una parte vi è la velocità supersonica del potere, sempre più internazionale, che necessita di spostamenti rapidi; dall'altra quella della popolazione, che riscopre il valore della condivisione.

Un'Italia a due velocità: la follia del potere, la resistenza No Tav
Esistono in Italia due velocità. C'è la velocità del governo e la velocità dei No Tav. La prima è la velocità di un potere sempre più internazionale che si distacca ad accelerazione crescente dal territorio e necessita di collegamenti europei per coprire in tempo breve enormi distanze. La seconda è quella di un popolo - valsusino come italiano - che trova difficoltà sempre maggiori negli spostamenti brevi, è costretto a muoversi su mezzi sporchi e scalcinati, ma nonostante tutto cerca di mantenere la propria sovranità, almeno sul territorio. Riflettere su questo schema è funzionale ad una migliore comprensione delle dinamiche che ruotano attorno alla Torino -Lione, perché lo si può riproporre su vari livelli. Quello delle persone innanzitutto. Chi è immischiato nella costruzione della Tav? Nomi e cognomi alla mano, sono i rappresentanti del capitalismo edilizio italiano. Ci sono tutti, come spiega il blogger e urbanista Paolo Baldeschi: Caltagirone, Lodigiani, Todini, Ligresti, passando per la Lega delle cooperative, Impregilo ecc. “Il tutto – continua il blogger - senza gare d'appalto e via 'per li rami', cioè per sub-appalti e sub-sub-appalti, fino ad arrivare alle imprese della mafia e della camorra”. E poi c'è la politica. Anche la casta guadagna la sua buona fetta di profitti dalla realizzazione dell'opera. Attraverso l'architettura sottile della Tav, basata sul project financing, i privati massimizzano i profitti legati alla costruzione dell'opera, mentre la gestione, probabilmente in passivo, sarà a carico dello Stato. Dunque, afferma Baldeschi, “più alti sono i costi di costruzione, più si guadagna, mentre che l’opera funzioni e faccia profitti non interessa”. Questo spiega il lievitare dei costi al chilometro, che in Italia hanno raggiunto i 60 milioni di euro contro i 10 di Francia e Spagna. E spiega anche perché, sulla stampa e nell'intera classe politica, nessuno – come lamenta sul Giornale Marcello Foa – è ancora in grado di fornire convincenti motivazioni a favore della Tav. Le rimostranze di Foa muovono da uno studio che un professore dell’Università di Ancona, Antonio Calafati, realizzò assieme ai suoi studenti nel 2006. Calafati analizzò i giornali italiani che si schieravano a favore della Tav cercando di trovare le motivazioni di questa scelta. Risultato? Nessuna motivazione, si trattava di pura presa di posizione ideologica, senza che nessun direttore o editorialista si fosse degnato di spiegare ai lettori un briciolo di motivazione. “Iniziare cercando le ragioni del sì alla Tav in Val di Susa e terminare riflettendo, sconfortati, su che cosa possa essere accaduto ai nostri maggiori quotidiani. Giungere a pensare che, forse, il declino italiano nasce da qui, da questa incapacità del giornalismo italiano di fornire un resoconto attendibile, pertinente e fondato, degli effetti delle politiche pubbliche”, scrisse sconfortato Calafati. Foa riconduce il problema ad una sorta di atteggiamento fideistico che i quotidiani assumono, e da una mancanza di umiltà nei confronti dei lettori. Più probabilmente – e semplicemente – la mancanza sui giornali di valide tesi a supporto della Tav, capaci di smontare le rimostranze dei valsusini, è dovuta al fatto che non ve ne sono. La presa di posizione dei media è dovuta al loro inserimento nella rete di relazioni del potere. E le persone sul fronte dei No Tav? Chi sono? Come è stato sempre più chiaro negli ultimi giorni, non sono soltanto gli abitanti della Valsusa. Sono piuttosto, un'ampia rappresentazione di quell'umanità stanca di un potere sempre più distante e veloce, a fronte di un popolo lento e inerme. A chi serve raggiungere Parigi in 4 ore – come ha recentemente annunciato Monti – se poi diventa sempre più difficile andare a lavorare ogni giorno nella città adiacente? Il discorso delle due velocità, poi si può facilmente estendere ad una visione più complessa della società. Vi è una società veloce che corre a rotta di collo verso il progresso, ed una lenta, che riflette, per cui il progresso non è una corsa sfrenata ma una ponderata ricerca di un benessere collettivo. La prima si è persa per strada ogni idea di collettività, ed il concetto stesso di società non le si addice poi così bene - si tratta piuttosto di un'aggregazione, una unione di interessi. La seconda invece, proprio in virtù della minore velocità, ha riscoperto il valore della condivisione, della partecipazione; quella sensazione contagiosa che fa sentire tutti parte di un progetto comune.

Commenti

se passerà la tav, sarà morta la democrazia. Siamo in mano al potere che di legale e giusto non ha proprio nulla. Ai cittadini la scelta di ribellarsi.
maria, 08-03-2012 09:08
Le due velocità dell'articolo, quella supersonica del potere e quella...indefinita della popolazione, non danno l'idea esatta di ciò che succede nella realtà. Per entrare nella vera analisi delle velocità bisogna dire che la "supersonicità" di quella del potere nasconde la vera natura di violenza, di vera e propria prepotenza. Prepotenza che si ammanta di legalità e che, superando la velocità del suono,non fa percepire agli ottusi e agli illusi la costante resistenza della ragionevolezza e della riflessione. I messaggi subliminali di quella prepotenza riescono a far percepire come violenza quella che è invece la resistenza della ragionevolezza. Quella violenza è accompagnata non a caso dai riemergenti tentativi di accordi oligarchici di cambiamenti costituzionali tesi al vecchio e mai abbandonato tentativo di assoggettare la ragionevolezza del volere popolare, sempre meno rappresentata da un parlamento non eletto ma designato, al potere dell'esecutivo. Il popolo italiano ha ripudiato con la costituzione repubblicana e antimonarco-fascista la supremazia dell'esecutivo e anche quando si è presentato lo stesso pericolo in nome della cd "governabilità" sotto Craxi e Berlusconi, è riuscito a mantenere questo ostracismo. Lo farà anche adesso perchè la memoria dei disastri portati in Italia e nel mondo da quella prepotenza padronale non è diventata acqua CHE PASSA SOTTO I PONTI, ma linfa che serve per vivere e per far crescere la liberta' nella democrazia della giustizia civile. Suggerisco ai disattenti lettori della storia patria e internazionale alcuni passi di Antonio Gramsci 8 dicembre1917. " Intransigenza è il non permettere che si adoperino -per il raggungimento di un fine- mezzi non adeguati al fine e di natura diversi dal fine. L'intransigenza è il predicato necessario del carattere. Essa è l'unica prova che una determinata collettività esiste come organismo sociale vivo, ha cioè un fine, una volontà unica, una maturità di pensiero. Poichè l'intransigenza richiede che ogni singola parte sia coerente al tutto, che ogni momento della vita sociale sia armonicamente prestabilito, che tutto sia stato pensato. Vuole cioè che si abbiano dei principi generali, chiari e distinti, e che tutto ciò che si fa dipenda da essi. Perchè, dunque, un organismo sociale possa essere disciplinato intransigentemente è necessario che esso abbia una volontà ( un fine ) e che il fine sia secondo ragione, sia un fine vero, e non un fine illusorio. Non basta: bisogna che della razionalità del fine siano persuasi tutti i singoli componenti dell'organismo, perchè nessuno possa rifiutare l'osservanza della disciplina, perchè quelli che vogliono far osservare la disciplina possano domandare questa osservanza come compimento di un obbligo liberamente contratto, anzi di un obbligo a fissare il quale lo stesso recalcitrante ha contribuito." Vi esorto a continuare la lettura per conto vostro acciocchè vi rendiate conto di quanto è insopportabile per i prepotenti ( anche se più capaci e preparati) la ragionevolezza e la tolleranza nel raccogliere l'adesione convinta ad un fine comune. Ma i prepotenti non ammetteranno mai di essere tali finchè non saranno stati costretti a ragionare dagli intransigenti liberi cittadini.
Franco, 09-03-2012 12:09
Leggo con piacere il post di Franco che a mio parere continua a dar prova di grande intelligenza e acume nelle sue analisi. Egli ha di nuovo colto nel segno citando le parole di Gramsci, che dovrebbero essere scolpite all'interno del Parlamento e del Senato, alle spalle dei Presidenti, in modo da essere sempre chiare e leggibili per tutti gli onorevoli senatori... Anche se, come dimostra la scritta "La Legge è uguale per tutti" posta dietro i Giudici dei nostri tribunali, ciò non garantirebbe proprio un bel niente. Quando si accettano e condividono dei principi generali, sanciti in una Costituzione, tutte le scelte successive di un Governo dovrebbero DERIVARE da essi, senza possibilità di eccezione alcuna. Ma è evidente che ciò non "conviene" al Potere e ai suoi rappresentanti che preferiscono puntualmente disattenderle in nome di una qualche ragione eccezionale e straordinaria. Facile e indolore. Significa, molto semplicemente, legittimare la dittatura del potere in nome della democrazia, alla faccia del famoso Popolo Sovrano. E così succede che un Popolo la cui Costituzione ripudia la guerra (se non per legittima difesa %u2013 art.11), si trova impegnato in diverse missioni "di pace" che spezza le vite di migliaia tra uomini e donne inermi. Dichiara inviolabile la libertà personale (art.13) punendo ogni violenza fisica e morale su chiunque, anche se sottoposto a restrizione di libertà, e invece succede continuamente che cittadini inermi vengano brutalmente pestati, quando non fisicamente eliminati, proprio da coloro che rappresentano l'Autorità nell'esercizio delle sue funzioni. Dichiara di promuovere lo sviluppo della Cultura e la Ricerca scientifica e tecnica, tutelando il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione (art.9) e succede che taglia completamente i fondi a esso destinati preparandosi a VENDERE a terzi (privati) pezzi importantissimi del suddetto Patrimonio. Dichiara proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni militari (art.18) e succede che ne viene fuori una, Gladio, direttamente creata e sostenuta dal Governo per mezzo dei suoi esponenti più importanti; e potrei continuare a lungo... Negli Stati Uniti, il paese democratico per antonomasia, la cui Costituzione sancisce il diritto per tutti ad un processo pubblico e imparziale garantito da assistenza legale, succede che il ministro della Giustizia dichiari la facoltà del Presidente di ordinare ai suoi agenti killer l'assassinio di presunti terroristi, cittadini americani compresi, ovunque nel mondo. Per non parlare di Guantanamo, Abu Ghraib eccetera eccetera. Ciò dimostra ancora una volta il fatto che il Potere tende sempre e comunque, in modo fisiologico, ad autoconservarsi ed espandersi, calpestando qualunque ostacolo gli si ponga incontro e fregandosene altamente dei Principi da esso stesso accettati e formalmente condivisi. L'unica soluzione consiste nel limitarlo al massimo, tenendolo sotto costante controllo da parte di organismi indipendenti, costituiti da persone riconosciute "super partes" che di fatto lo obblighino a subordinare - sempre e senza eccezioni - le sue scelte ai principi generali espressi nella Costituzione.
ARTURO MARADEI, 09-03-2012 11:09
Io non mi stupirei tanto del fatto che i giornali si schierino a prescindere a favore della tav visto che la maggior parte di questi sono sostenuti e finanziati da partici politici immischiati nell'affare... questa è la loro democrazia... NO TAV ORA E SEMPRE!
Luigi, 09-03-2012 11:09

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