L'Italia apre alle liberalizzazioni, l'Europa pensa a una Tobin Tax

Il governo dei professori si appresta a varare il decreto sulle liberalizzazioni, abbattendo anche le ultime resistenze della nostra economia al mercato globale. Intanto dal vertice fra Merkel e Sarkozy prende corpo l'ipotesi di una Tobin Tax, nonostante la contrarietà della Gran Bretagna.

L'Italia apre alle liberalizzazioni, l'Europa pensa a una Tobin Tax
Le chiamano liberalizzazioni, ma di libertà c'è ben poco. Ciò a cui si fa riferimento è quel concetto strano di libertà, che vede nell'assenza di regole e nella competizione totale la sua espressione più completa. Una concezione per cui la società ideale è quella priva di ideologie e beni comuni, di legami sociali, in cui vige la legge del più forte. C'è poco da stare allegri per l'ondata di liberalizzazioni che il governo dei professori si appresta a mettere in atto: alcune forse ci potranno sembrare giuste, altre dovute, ma nel complesso non faranno altro che abbattere le ultime esili barriere della nostra già fragile economia e farne un'arena per le scorribande di grandi gruppi e multinazionali. Vediamole, ad ogni modo, le liberalizzazioni previste dal decreto che – a quanto dichiarato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà a Porta a Porta – il governo è intenzionato ad emettere entro il prossimo 20 gennaio. Della questione legata alla privatizzazione dell'acqua abbiamo già parlato ieri. Catricalà ha ribadito l'intenzione del governo di liberalizzare il servizio. Nelle dichiarazioni il sottosegretario usa una formula precauzionale, ma lascia intendere tutt'altro: “Pensiamo di fare modifiche che non vadano contro il risultato referendario ma non vogliamo che sia un escamotage". Riguardo al servizio idrico, va poi aggiunto che parlare di liberalizzazione non ha alcun senso. Come ha fatto notare più volte il giornalista Luca Martinelli, quella che nel significato del termine dovrebbe essere un'apertura al mercato e alla concorrenza, diventa nel caso dell'acqua un monopolio privato, in quanto i contratti di gestione del servizio prevedono un unico affidatario e hanno una durata che arriva fino ai 30 anni. Altri settori che finiranno nel decreto saranno, a detta di Catricalà, energia, trasporti, banche e assicurazioni. Sul piano dell'energia il governo si propone di intervenire inizialmente sul caro-benzina, lasciando ad un secondo momento un intervento più generale, che comprenda il gas e l'eventuale separazione Eni-Snam. L'idea, per adesso, è quella di rinegoziare i contratti tra compagnie petrolifere e gestori, eliminando l'esclusiva. Un intervento deciso è previsto anche riguardo alle ferrovie perché, ha dichiarato sempre il sottosegretario “ci sono tutta una serie di strutture che avvantaggiano il monopolista”. Anche in questo caso, è vero che le Ferrovie dello Stato, per come sono concepite – e ancor più alla luce delle ultime polemiche legate alle quattro classi (e altrettante categorie di viaggiatori) – non offrono un servizio pubblico e dunque non è giusto che godano di privilegi. Ma quella sorta di sillogismo che recita che visto che il pubblico non funziona allora è meglio passare al privato è piuttosto un entimema: la soluzione più semplice sarebbe che i cittadini esigessero, come è nei loro diritti, un servizio pubblico che funzioni. Ad ogni modo l'esecutivo spinge per portare a termine il decreto attraverso un provvedimento d'urgenza. “Dobbiamo agire d'urgenza – ha dichiarato Catricalà –, la legge avrebbe un periodo troppo lungo di gestazione, ma vogliamo dare alle forze politiche il modo di esprimersi”. Intanto dall'Europa sembrano voler mettere ulteriore fretta al governo dei professori. Dal vertice di Berlino fra Merkel e Sarkozy è uscita la solita tirata d'orecchi sul debito, con il leader francese che ha appoggiato la cancelliera sulla necessità e urgenza di negoziati per l'accordo sulle regole di bilancio. Il patto di bilancio voluto dalla Germania per contenere la crisi del debito, risulterebbe per i paesi in crisi come Italia e Grecia una zavorra pesantissima, capace di tagliare definitivamente le gambe all'economia. Dal vertice però è uscita anche un'apertura decisa alla Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie ideata dal premio Noble per l'economia James Tobin e alla base delle richieste di molti movimenti sociali, fra cui Attac. Applicando una percentuale minima su ogni transazione, la tassa peserebbe solamente sugli speculatori, i cui guadagni si basano sulla realizzazione di centinaia di operazioni consecutive, ciascuna con un guadagno infinitesimale. All'idea si è fin da subito opposto il Primo Ministro britannico Cameron, che ha dichiarato: “L’idea di una nuova tassa europea non applicata da tutti non penso che sia un’ipotesi fattibile. Quindi noi la bloccheremo”. Francia e Germania si sono comunque dette disposte ad andare avanti anche senza l'appoggio della Gran Bretagna. Dunque l'ipotesi della Tobin Tax sembra per la prima volta una strada percorribile. Va però rimarcato che esiste una differenza sostanziale fra le proposte avanzate da associazioni come Attac e quella emersa dal vertice europeo: nel primo caso il gettito ricavato dalla tassa andrebbe a finanziare una ripresa delle politiche sociali, la tutela dei beni comuni, i servizi alla cittadinanza. Non è ancora noto quali siano le intenzioni di Merkel e Sarkozy, ma è legittimo supporre che non siano le stesse.

Commenti

Uno dei pochissimi articoli che illustra le "liberalizzazioni" per quello realmente sono, un inganno. Catricalà, anche per il liguaggio che usa, lascia trasparire l'inquietudine di chi sa che i beneficiari delle privatizzazioni saranno solo le vere lobby che bloccano il paese, non i cittadini. Le liberalizzazioni "furiose" di questi "apprendisti stregoni" servono solo a fare un'ulteriore regalo alle banche, alla Marcegaglia ed alle Coop, a sicuro danno della qualità e del costo dei servizi per i cittadini. La loro "fretta" si spiega solo con il fatto che devono agire "prima" che i cittadini si sveglino dalla sorpresa e dal torpore ed impediscano loro di portare a termine il loro triste compito.
antonimo, 10-01-2012 02:10
ma se l italia fallisce ed esce fuori dalla comunita europea diventeremmo tutti degli extracomunitari?
aldo, 10-01-2012 06:10
Rispondendo ad Aldo, ritengo importante chiarire un fatto importante ma volutamente "trascurato" ovvero che i paesi facenti parte della Comunità Europea sono 27 e fra questi quelli che hanno adottato l'euro sono solo 17. Dieci paesi dunque, pur facendo parte della comunità europea, hanno conservato la loro moneta. Inghilterra e Svezia sono fra questi. Occorre anche dire che l'Islanda, che l'euro lo aveva adottato, dopo avere attarversato una tremenda crisi economica che aveva visto crescere il suo "debito pubblico" in modo spropositato, a furor di popolo, ha dimissionato l'intera classe politica che la aveva portata al disastro ed è uscita dall'euro. Ora non solo è fuori dalla crisi ed ha una economia in ottimo stato, ma ha anche emesso un mandato di cattura internazionale a carico dei suoi ex-politici responsabili della crisi, nel frattempo fuggiti all'estero. Tutto questo in Italia nessuno lo dice e si parla di "disastri immani" in caso di uscita dall'euro .... il perché di tale "atteggiamento" è fin troppo evidente.
antonimo, 11-01-2012 10:11

Lascia un commento


Per lasciare un commento, registrati o effettua il login.