L'artista Maria Rebecca Ballestra in viaggio da febbraio 2012 per dodici tappe nel mondo, tante quante le dodici tesi della Carta per la Terra e per l'Uomo creata da Massimo Marasso nel 2001, alla quale l'itinerario si ispira. La nona tappa, dall'8 al 23 agosto prossimi, sarà in Islanda. Il tema al centro questa volta sarà il dramma dello scioglimento dei ghiacciai dell'Artico.
Journey into Fragility è un progetto itinerante concepito dall’artista Maria Rebecca Ballestra e ispirato alla “Carta per la Terra e per l’Uomo” concepita e creata da Massimo Marasso nel 2001. Le dodici tesi della Carta ispireranno dodici diversi progetti in altrettanti paesi del mondo - da febbraio 2012 a dicembre 2013 - con l’intento di sviluppare un dialogo attivo sull’ambiente e sul valore del vivere sulla Terra.
La nona tappa del viaggio, curata da Leo Lecci, si svolgerà - dopo Ghana, Svizzera, Madagascar, Abu Dhabi, Cina, Singapore, Costa Rica, Galles – in Islanda dall’8 al 23 Agosto, e si ispirerà alla seconda tesi del Manifesto di Arenzano: la terra è così necessaria all’uomo come lo sono tutte le altre cose che egli apprezza per il loro valore intrinseco: l’arte, la filosofia, la musica, la poesia, la religione, la scienza, il teatro.
Il tema di questa tappa sarà lo scioglimento dei ghiacciai, l’Artico è infatti un’area di opportunità e di sfide future riguardanti la protezione dell’ambiente, la salvaguardia e lo sviluppo sostenibile delle popolazioni locali, lo sfruttamento delle ingenti risorse ittiche e minerarie (si stima che l’artico possa contenere il 25% delle riserve di idrocarburi tuttora inesplorate), le nuove rotte di navigazione, la ricerca scientifica, la sicurezza e la governance.
Anche se tra gli scienziati non si registra una posizione univoca sull’irreversibilità del processo di riduzione dei ghiacciai nell’Artico, sia i paesi dell’area sia la comunità internazionale dedicano crescente interesse alla regione, i cui mutamenti climatici potrebbero avere ripercussioni in tutto il pianeta. Il Consiglio Artico (CA) è il foro intergovernativo di discussione e di esame delle tematiche artiche ed è stato istituito con la Dichiarazione di Ottawa del 1996 da Danimarca, Finlandia, Svezia, e dall’ “Inner circle” dei paesi circumpolari Canada, Islanda, Norvegia, Federazione Russa e Stati Uniti.
Nel 2012 i ricercatori del National Snow and Ice Data Center, l’ente statunitense che si occupa di monitorare lo stato dei ghiacciai e delle aree polari, ha annunciato che il tasso di scioglimento del ghiaccio marino artico era il più alto mai osservato. Durante il mese di agosto del 2012, infatti, la banchisa polare si era ridotta con un tasso di quasi un centinaio di chilometri quadrati al giorno, due volte più velocemente degli anni precedenti.
Inoltre, l'area della calotta glaciale attorno al Polo Nord si era ridotta a 4,1 milioni di chilometri quadrati, la dimensione più piccola misurata dal 1979, quando iniziarono le osservazioni satellitari. In confronto - ha affermato la ricercatrice Julienne Stroeve - la copertura del ghiaccio marino negli anni ‘70 e '80 nello stesso periodo dell'anno era superiore di ben 7 milioni di chilometri quadrati.
In un nuovo studio, pubblicato recentemente su Geophysical Research Letters, Julienne Stroeve e i suoi colleghi hanno analizzato decine di modelli climatici per determinare in quale misura il riscaldamento globale sia responsabile della crescente contrazione della banchisa polare artica. Il suo team ha calcolato che le attività umana sono responsabili del 60 per cento del declino osservato dal 1979, mentre il restante 40 per cento è imputabile alla “naturale variabilità del clima".
I modelli climatici utilizzati dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) prevedono inoltre che le estati artiche saranno completamente prive di ghiaccio marino nei prossimi decenni se il riscaldamento globale non diminuirà.
Alla luce del nuovo record negativo, Jennifer Francis, ricercatrice della Rutgers University, ha affermato: “Sono assolutamente convinta che vedremo il Polo Nord privo di ghiaccio marino durante l’estate prima di quanto pensino le persone. Credo che potrebbe accadere in qualsiasi momento entro i prossimi 30 anni, invece dei 50 anni o più previsti da alcuni modelli”.
Man mano che la terra si surriscalda si giunge a “punti di non ritorno” che accelerano il riscaldamento fino a portarlo fuori controllo.
Fonte: AdAC (Archivio d’Arte Contemporanea dell'Università di Genova)