Solamente lo 0,18 per cento dell’intera superficie terrestre e lo 0,001 per cento della popolazione mondiale sono esposti a livelli di inquinamento atmosferico considerati "sicuri" secondo gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità.
A questa allarmante conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health, condotto dagli scienziati della Monash University School of Public Health and Preventive Medicine di Melbourne, in Australia.
Il team, guidato da Yuming Guo, ha considerato la presenza di particolato fine in tutto il mondo. Il PM2,5, spiegano gli esperti, costituisce il principale fattore di rischio per la salute ambientale. I ricercatori sottolineano che negli ultimi due decenni i livelli giornalieri di questo inquinante risultano diminuiti in Europa e Nord America, ma sembrano aver subito un incremento in Asia meridionale, Australia, Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi. In queste località, riportano gli scienziati, la concentrazione di particolato supera le soglie indicate dall’Oms in oltre il 70 per cento dei giorni.
La carenza di stazioni di monitoraggio dell’inquinamento a livello globale ha comportato una mancanza di dati relativi all’esposizione locale, regionale e nazionale. In questo lavoro, gli autori hanno realizzato una mappa dei cambiamenti di particolato osservati in tutto il mondo negli ultimi decenni.
I ricercatori hanno utilizzato osservazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, rilevatori meteorologici e di inquinamento atmosferico satellitari, metodi statistici e di apprendimento automatico per valutare più accuratamente le concentrazioni di PM 2,5. “Il nostro approccio innovativo – sottolinea Guo – integra informazioni meteorologiche e geologiche con un’elevata risoluzione spaziale. Ci siamo concentrati nelle aree in cui l’esposizione superava la soglia di 15 microgrammi per metro cubo (μg/m³), considerato il limite di sicurezza indicato dall’Oms”.
Stando a quanto emerge dall’indagine, nonostante una leggera diminuzione dei giorni di esposizione ad alto PM 2,5 a livello globale, nel 2019 oltre il 70 per cento dei giorni era associato a concentrazioni maggiori di 15 μg/m³. Nell’Asia meridionale e orientale, oltre il 90 per cento delle misurazioni giornaliere era più elevata del limite di sicurezza. In Australia e Nuova Zelanda è stato riscontrato un marcato aumento del numero di giorni con alte concentrazioni di particolato.
A livello globale, la media annua di inquinante dal 2000 al 2019 era di 32,8 µg/m³. I valori più bassi sono stati registrati in Australia e Nuova Zelanda (8,5 μg/m³). Sulla base di questi dati, nel 2019 solo lo 0,18 per cento della superficie terrestre era da considerare sicuro per l’esposizione a particolato fine. In termini di vite umane, aggiungono gli esperti, nello stesso anno, solo lo 0,001 per cento della popolazione mondiale era associato a livelli annuali inferiori a quanto indicato dalle linee guida.
“Questo lavoro – conclude Guo – fornisce una profonda comprensione dello stato attuale dell’inquinamento dell’aria esterna e dei suoi impatti sulla salute umana. Con queste informazioni, i responsabili politici, i funzionari della sanità pubblica e i ricercatori possono valutare meglio gli effetti sulla salute a breve e lungo termine dell’inquinamento atmosferico e sviluppare strategie di mitigazione mirate ed efficaci”.