Un anno fa usciva su Wired una lista di dieci film e documentari che, negli ultimi anni, hanno provato a raccontare e spiegare la crisi finanziaria.
«Nonostante sia l’industria di cinema più grande del mondo e nonostante sia specializzata in grandi film di carattere fantastico, storie impossibili, effetti speciali e racconti fantastici, la stessa Hollywood è uno dei sistemi di produzione più reattivi nei confronti dell’attualità - spiegano dalla Campagna Non Con I Miei Soldi - Un’industria che sembra raccontare storie implausibili anche quando gira drammi molto realisti è in grado di recepire, elaborare e riproporre ciò che accade nella società che la produce a una velocità incredibile. Lo vediamo sempre per le guerre che gli Usa intraprendono e l’abbiamo visto negli anni della crisi economica: Hollywood si abbevera di ciò che accade all’America e non ha altro desiderio che ambientare le sue storie nel mondo che il pubblico vive. Per questo, dal 2009 ha subito incorporato figure nuove, lavoratori licenziati, personaggi senza lavoro, protagonisti sfrattati e via dicendo, cambiando punto di vista sul mondo e modo di raccontare il proprio paese rispetto agli anni precedenti. Dal 2009 in poi si sono ovviamente anche moltiplicati i film che prendono di petto la crisi finanziaria e cercano in qualche modo di raccontarne le origini, le motivazioni e i responsabili, nonostante la materia trattata non sia delle più semplici. È il motivo per il quale La Grande Scommessa si affatica molto a trovare metafore, usa voce una fuoricampo e impiega diverse di grandi star (Christian Bale, Steve Carrel, Ryan Gosling e Brad Pitt) con lo scopo di rendere digeribile l’alta finanza e i meccanismi che hanno portato alla crisi e al fallimento di alcune immense banche d’investimento».
Al film di Adam McKay interessa soprattutto l’abiezione morale che si cela dietro tutto ciò (la stessa molla che ha spinto Scorsese ha raccontare Jordan Belfort in The Wolf of Wall Street, a suo modo anch’esso un film su questa crisi nonostante sia ambientato negli anni ‘80 e ‘90), come ciò che è accaduto sia figlio del desiderio di fare denaro di molti individui senza pensare alle conseguenze.
La Campagna Non con i miei soldi ha radunato i 10 film che più si sono impegnati a raccontare e mettere in fila fatti e personaggi della crisi. Ce ne sono di finzione e documentari, alcuni hanno lavorato di metafora, altri sono andati dritti al punto. Alcuni sono capolavori altri abbastanza brutti.
10. Wall Street: Money Never Sleeps (2010)
È l’aggiornamento del classico del 1987 agli anni della crisi economica. Gordon Gekko esce di galera e trova un sistema finanziario completamente diverso ma ugualmente marcio, troverà un nuovo pupillo ma le cose finiranno diversamente. Mentre racconta una delle trame più cretine della sua carriera Oliver Stone trova però il tempo di mettere il suo storico antagonista a contatto con la realtà finanziaria di questi anni e in un certo senso raccontarne il marcio.
9. Tra le nuvole (2009)
George Clooney è un tagliatore di teste, di lavoro si reca nelle società e licenzia le persone per conto dei capi. Nel film le molte persone a cui fa il letale discorso, quello che lui è bravo a recitare perché è il suo lavoro, non sono attori, sono vere persone che hanno perso il lavoro in quella medesima maniera, congedati da uno sconosciuto per conto della società per cui lavoravano.
Era passato un anno dalla tragedia del fallimento della Lehman Brothers e già Jason Reitman era sul pezzo.
8. Capitalism: A Love Story (2009)
L’immancabile documentario di Michael Moore arriva con tutto il suo peso a trarre una considerazione più generale ancora, più alta di qualsiasi contingenza. La grande crisi finanziaria è per Moore il momento buono per dire quello che in America non si può dire: che forse il capitalismo come lo intende quel paese non va proprio bene.
7. Il teorema della crisi (2014)
La storia vera di Martin Armstrong in un documentario che retrospettivamente guarda a ciò che è successo. Armstrong è un economista che da anni è in possesso di un modello finanziario a suo dire in grado di prevedere gli scenari economici. Per questo motivo è stato soggetto a persecuzione e maltrattamenti da parte dello stato americano (si è sempre rifiutato di consegnarlo). Incarcerato, mantenuto a lungo in galera in attesa di processo, è stato vittima di un’odissea infinita solo perché sapeva prevedere quel che sarebbe successo.
6. I Love Shopping (2009)
Tratto dall’omonimo romanzo il film del 2009 metteva in metafora quel che stava accadendo con una pregnanza rara. La commedia leggerissima raccontava di una maniaca dello shopping che arriva a spendere soldi che non ha, finendo indebitata e quindi in crisi. Attraverso questo metaforone quel che veniva messo in scena era il più grande scenario americano di quegli anni (il film esce nel 2009, il che significa che è stato scritto e girato prima del fallimento delle banche d’investimento).
Non solo, I love shopping propone anche una via d’uscita. Tutto il film infatti è un gigantesco spot sul sistema capitalista, sull’esigenza di spendere e consumare per far girare l’economia. Nessuno in tutta la storia vuole infatti tenere soldi da parte, ma tutti sono contenti solo quando hanno speso.
5. The Company Men (2010)
Senza fare nomi e cognomi ma lavorando di metafora The Company Men racconta cosa accade quando tutto crolla. Manager e agenti ricchissimi si trovano sul lastrico, licenziati da un giorno all’altro.
Invece che fare un racconto dei fatti e degli eventi, questo film preferisce fare un racconto sentimentale che metta in scena non tanto quel che accade ma quali sono i sentimenti in ballo durante una crisi.
4. The Flaw (2011)
Documentario di rara precisione realizzato con l’obiettivo di mostrare la cause e gli effetti. Circa tre anni dopo la grande crisi, David Sington gira una disamina inappuntabile di tutte le motivazioni, le persone, le idee e le ragioni del crollo. La tesi di fondo la si legge già nel titolo, è quella cioè di un sistema fallato, uno che era destinato a scoppiare e che è destinato a scoppiare di nuovo in futuro, ciclicamente.
3. Margin Call (2011)
È stato uno dei primi film in assoluto a potersi fregiare di prendere di petto gli eventi della crisi. Margin call si svolge in 24 ore dentro una grande banca di investimenti come Lehman Brothers o le altre che sono fallite (ma con un altro nome) e cerca di mettere in scena in maniera drammaturgica quel che può essere successo. Tutta una giornata nel giorno più lungo, quello in cui sembra che ogni cosa debba finire. Lo scopo ovviamente era cercare di fare ordine tra subprime e derivate per comprendere cosa possa essere andato storto e chi sia da incolpare.
2. Too Big to Fail (2011)
Difficilissimo, forse il film più completo e dettagliato ma anche il più complesso e meno accessibile al pubblico. Che poi è un’altra maniera per dire “non riuscito”. Con diversi grandi attori sottratti alla pensione (James Woods, William Hurt), Too Big to Fail si concentra sui tre mesi tra Agosto e Ottobre del 2008 facendo ordine negli eventi della crisi e cercando di adottare tutti i diversi punti di vista necessari.
Anche qui il titolo mette sulla giusta pista per capire quale sia la tesi di fondo, ovvero l’assurdità del principio secondo il quale le grosse banche sarebbero per sempre rimaste in piedi e avrebbero potuto sopportare ogni tipo di crisi o debito perché, semplicemente, “troppo grandi per fallire”.
1. Inside Job (2010)
L’opera più completa ed esaustiva in materia, vincitrice di un premio Oscar per il miglior documentario è stato anche tra i primi film sul genere ad uscire. Charles Ferguson divide tutto in capitoli, spiega con calma e utilizza realmente gli strumenti del suo genere (il documentario) e del racconto audiovisivo per fare un racconto comprensibile di una realtà complessa e sfaccettata.
E se ancora non vi basta…
Money Monster – L’altra faccia del denaro (2016)
Di Jodie Foster, Money Monster vede tra gli interpreti principali figurano George Clooney, Julia Roberts, Jack O’Connel e Dominic West. Lee Gates è un esperto di finanza che conduce un programma di successo chiamato Money Monster. Durante una diretta televisiva, Gates viene preso in ostaggio da Kyle Budwell, un giovane uomo armato e disperato che ha perso tutti i suoi soldi dopo aver seguito un consiglio finanziario di Gates in TV.
Master of the Universe (2013)
All’interno di un grattacielo nella sede del centro finanziario di Francoforte, Rainer Voss si racconta alla macchina da presa di Marc Bauder. Da ex “dominatore dell’universo”, broker al lavoro per società d’investimento il cui unico obiettivo è macinare più denaro possibile, svela i meccanismi che hanno portato alla grande crisi finanziaria europea.
Alla fine di Master of the Universe si ha l’impressione di aver assistito ad un singolare interrogatorio oppure alla registrazione, magari più creativa del solito, di una serie di rivelazioni ad uso di un invisibile psicanalista. Il documentario di Marc Bauder potrebbe essere davvero entrambe le cose, ma si commetterebbe un grave errore a relegare un lavoro tanto potente tra questi due poli, anche alla luce di tutte le sfumature di significato e obiettivo che li distanziano. Fin dal prologo, infatti, si intuisce il campo più vasto, alla fine realmente universale, abbracciato dallo sguardo del documentarista: in questo senso, colpisce per sintesi l’inquadratura esterna e gelida di un grattacielo vuoto con solo un ufficio ancora illuminato oltre qualsiasi orario di lavoro lecito.
Da subito, Bauder si dimostra cineasta lineare e per nulla incline all’abbellimento, capace di dare il giusto peso a inserti tanto disumanizzati posti tra uno segmento e l’altro dell’intervista: a ben vedere, sono veri e propri non luoghi, nell’esatta accezione data dall’antropologo francese Marc Augé, quelli in cui si muove il pentito dell’Alta Finanza, possibilità scenografiche perfettamente in grado di rappresentare l’epoca del racconto e sue conseguenze, spazi mai compiuti e realmente riconoscibili, veicoli di solitudine e alienamento. In breve, questo poderoso faccia a faccia con colpevoli fatti di carne e ossa («Basterebbe dirgli di smetterla» afferma Voss) è una diagnosi attendibile sulle motivazioni della grande crisi economica, l’insieme di risposte che non vogliono essere ascoltate, il rovescio reale e raggelante delle mercificazioni cinematografiche sull’argomento.
Film-denuncia nella più precisa accezione dell’espressione, Master of the Universe racconta, dall’interno, una vera e propria educazione all’abuso di potere che ha messo in ginocchio l’Europa tra deliri di onnipotenza (“ti sembra che spingendo un tasto, tu abbia cambiato il corso della storia”) e un opprimente senso di inquietudine benissimo restituito dalle immagini. Può destare noia soltanto in chi non ha a cuore il proprio futuro.
[fonte: MyMovies.it]
La grande scommessa (2015)
il film di Adam McKay, con protagonisti Christian Bale, Steve Carell, Ryan Gosling, Selena Gomez, Marisa Tomei, Melissa Leo, Margot Robbie e Brad Pitt, è tratto dal libro di Michael Lewis, noto in Italia come “The Big Short – Il grande scoperto”. Racconta di un gruppo di speculatori visionari che hanno intuito in anticipo che cosa stava succedendo sui mercati borsistici, scommettendo in modo spericolato nella speranza di trarre profitti poco prima dello scoppio della crisi finanziaria mondiale nel 2008.
The Brussels Business (2012)
Il primo documentario nel suo genere che cerca di far luce sull’influenza delle lobbies nel processo decisionale in Europa. È un film che esplora il mondo dei lobbisti con un messaggio chiaro: non c‘è trasparenza nel cuore d’Europa.
Fonte: Non con i miei soldi