di
Andrea Degl'Innocenti
04-04-2011
La lana grezza è idrorepellente ed è in grado di assorbire sostanze oleose fino a 10 volte il proprio peso. Questa caratteristica ha permesso ad un gruppo di imprenditori biellesi di dar vita al progetto 'Wores' che la sfrutta per assorbire il petrolio in mare. Una scoperta che con 20 ore di lavoro avrebbe permesso di rimediare al disastro del Golfo del Messico... se solo fosse arrivata per tempo.
La lana grezza, o sucida, cioè quella tosata dalla pecora ma non lavata, ha una caratteristica particolare: è idrorepellente ma assorbe le sostanze oleose in quantità dieci volte superiori al proprio peso. Di questa caratteristica peculiare, nota fin dall'antichità, si è ricordato d'un tratto Luciano Donatelli, presidente della Unione industriali di Biella, nell'osservare le immagini del disastro ambientale occorso lo scorso agosto nel Golfo del Messico, il peggiore della storia.
L'idea di usare la lana grezza per assorbire le perdite di petrolio è stata comunicata al direttore dell'Associazione Tessili e Salute di Biella Mauro Rossetti e sviluppata dalla società locale Gruppo Creativi Associati che ha dato vita al progetto “Wores”. Dopo una breve ricerca è stato brevettato un kit d'emergenza da allestire su misura su qualsiasi imbarcazione.
Il kit è pensato per un'imbarcazione di 50 metri, prevede un serbatoio da un milione di litri per il petrolio recuperato, una stiva che contenga 10 mila chili di lana e una seconda stiva per la lana esausta. L'imbarcazione dovrà spargere i fiocchi di lana sulla macchia di petrolio; la lana inzuppata verrà poi recuperata da un nastro trasportatore e strizzata nel serbatoio per recuperare gli idrocarburi, poi rigettata in mare e recuperata di nuovo, per un totale di dieci/dodici volte. È stato così calcolato, spiega Rossetti, che “con 10 tonnellate di lana sucida (si possono recuperare ndr) ben 950 tonnellate di petrolio, pari a 6.350 barili. Petrolio che è poi direttamente processabile in raffineria”.
Il costo previsto dalla società per allestire il kit su una imbarcazione è di un milione di euro. Un costo, spiegano gli ideatori, recuperabile in 10 ore di lavoro. La lana grezza infatti ha un costo molto basso, circa 1 euro al chilo, mentre il petrolio recuperato verrebbe venduto al prezzo di mercato di 70/80 euro al barile. Con 10 mila chili di lana – dal costo di 10 mila euro – pare si possano recuperare circa 6.350 barili di petrolio, rivendibili a 500 mila euro.
Ora, perché soffermarci tanto a lungo sui risvolti economici – piuttosto che ecologici – di tale invenzione? Perché un'immagine tormenta chi scrive. Quella di un uomo – l'ideatore – che guarda la tv "sconvolto dalle immagini del disastro del Golfo del Messico" causato dalla British Petroleum. All'improvviso, racconta egli stesso, si ricorda di una volta in cui, da bambino, era riuscito a rimediare ad un disastro in miniatura assorbendo con della lana la nafta versata in uno stagno. Ecco che nasce in lui un'idea improvvisa, semplice come solo le idee geniali sanno essere. Di rapida realizzazione - la lana da utilizzare è grezza, non trattata, e l'allestimento delle navi potrebbe essere pensato velocemente. Un'idea che avrebbe permesso - ipotizzano fieri gli stessi imprenditori biellesi - di risolvere il disastro in appena 20 ore di lavoro utilizzando al massimo 10.000 tonnellate di lana.
E cosa fa quest'uomo, che per qualche istante ha fra le mani la soluzione al peggior disastro ecologico di sempre? Chiama Mauro Rossetti, direttore dell'Associazione Tessile e Salute di Biella, e gli dice di interrompere immediatamente le vacanze, per via di una missione importante: "verificare la possibilità di sfruttare tecnologicamente le proprietà della lana".
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