Laurea honoris in Architettura al regista di Lisbon Story

Salvare il senso dei luoghi, recuperare la capacità di immergersi nel territorio ancor prima di disegnare un edificio. Queste le sfide per l'architettura del nuovo millennio secondo Wim Wenders, il noto regista tedesco che sabato ha ricevuto dall'Università di Catania la laurea honoris causa in Architettura.

Laurea honoris in Architettura al regista di Lisbon Story
Salvare il senso dei luoghi. Questo in sintesi il compito più alto che all’architettura ed al proprio mestiere il cineasta tedesco assegna. Città e periferie, paesaggi naturali ed urbani, contesti architettonici storici e contemporanei. Tutti elementi centrali della narrazione cinematografica del noto regista, produttore e fotografo Ernst Wilhelm Wenders, meglio conosciuto come Wim Wenders, laureato honoris causa dalla Facoltà di Architettura dell’ateneo di Catania, in occasione del decennale dall’istituzione della stessa. Due le sedi coinvolte dall’iniziativa per accoglierlo ed insignirlo nel weekend del 9 e 10 ottobre. Il conferimento ha avuto luogo sabato 9 ottobre 2010 presso l’Aula Magna del Palazzo Centrale, a Catania, pur se funestato dall’assenza del Preside della facoltà di Architettura, Prof. Giuseppe Dato, scomparso la sera precedente. I saluti, aperti con il cordoglio e l’omaggio espressi dal rettore Antonino Recca, sono proseguiti con la lettura della motivazione e della laudatio da parte del prof. Carlo Truppi, ordinario di Progettazione ambientale. Domenica 10 ottobre il neo-architetto è stato protagonista della conversazione con il prof. Carlo Truppi sul tema 'In difesa del paesaggio', tenuta al Palazzo del Senato di Siracusa (sede del corso di laurea), città, dove si è peraltro accesa una polemica sul conferimento e si è levato un richiamo a come la pratica urbanistica cittadina minacci il mantenimento delle risorse storiche e paesaggistiche. L’Architettura accademica della Sicilia orientale, comunque, ha scelto Wim Wenders per il grande amore riversato sulle città, prime attrici di molti dei suoi film - Lisbon Story, Tokyo-ga, Paris Texas, Il cielo sopra Berlino, fino al lungometraggio Palermo Shooting. "I suoi film sono radicati in una simbiosi con i luoghi, che sembrano manifestare il desiderio di farsi raccontare, di confidarsi" ha spiegato il Prof. Truppi. Sensibilità e attenzione verso i luoghi come entità da rispettare in riferimento ad oggettive realtà contestuali, sono gli elementi di maggior apprezzamento della Facoltà, che Wenders non manca di descrivere ed approfondire nella lectio doctoralis che ha dato. "Crescendo mi sono accorto che le uniche immagini che contano sono quelle che ci facciamo da bambini", ha esordito Wenders. Ricollegandosi agli elementi caratteristici della sua arte poco prima richiamati dal prof. Truppi - quali la contaminazione tra arti visive e la dimensione del sogno - il regista è risalito all’osservazione architettonica partendo dai tempi della sua infanzia. In una sorta di stato dell’arte della disciplina, Wenders ha concluso che purtroppo, né le città né gli uomini sono diventati migliori negli ultimi cinquanta anni grazie ad essa. "Vogliamo rinunciare – si è chiesto - quindi al sogno, all’arte No". Senza le aspettative di bellezza, l’umanità non avrebbe, secondo Wenders, alcuna speranza. Ma cos’è che è cambiato radicalmente negli ultimi cinquanta anni? Da grande viaggiatore – è lui che testualmente si definisce così – il neo-architetto ritiene di aver sviluppato una sensibilità acutissima, in base alla quale, dice, tutte le metropoli tendono oggi ad assomigliarsi. Quell’inconfondibile suono, odore, paesaggio, atmosfera che rendeva un posto unico e riconoscibile, ovvero l’identità di quel luogo, sparisce sempre più. Nell’elenco di esperienze architettonico-urbanistiche che Wenders snocciola e commenta, da Brasilia a Las Vegas, alle case ecologiche di Marcutt in Australia, lascia trasparire che la sua propensione di fine cultore dell’architettura viene da lontano. "Tutti noi stiamo perdendo i nostri istinti basilari. Molte persone non riescono a distinguere ciò che è specifico della loro terra. Non ne sono capaci e non lo ritengono importante". E fra tutte le perdite di cui Wenders così ci dice, la più drammatica degli ultimi cinquanta anni è per lui il senso dei luoghi. Cosa di cui afferma di avere letteralmente paura in quanto drammatica per gli esseri umani e per l’architettura. Parla di un senso ben presente - per questioni esistenziali - ai nostri antenati, che ora riscontra maggiormente negli aborigeni australiani, per i quali è la terra a possedere la loro vita, e non il contrario. "Nella nostra civiltà – prosegue Wenders – ci siamo abituati a possedere tutto e a distruggere ciò che possediamo". Ed ecco che qui il regista fchiama in causa il ruolo degli architetti. Il loro mestiere li sollecita a conoscere la geologia di un sito, ad immergersi nel territorio ancor prima di disegnare un edificio. Proprio come lui stesso fa prima di cominciare un film. "Io devo innanzitutto sapere dove il mio film avrà luogo, averci un feeling e saperne sempre di più. È così che sono sicuro che il mio film non è arbitrario, che quella storia non potrebbe svilupparsi ovunque". Per difendere tutto ciò che è piccolo, specifico e che l’attuale società tende a schiacciare, architetti e cineasti possono allearsi – dice dunque Wenders al fine di "mantenere il senso del luogo intatto".

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