Stiamo vedendo sempre più chiaramente e vivendo sulla nostra pelle il fatto che la tecnologia al servizio del profitto e in mano a multinazionali senza scrupoli ci sta conducendo verso l’autodistruzione. Stiamo uccidendo le basi stesse della vita sulla terra, asfaltando qualsiasi cosa ci si ponga di fronte, come se non ci fosse un domani, come se dopo di noi non ci fosse più nessuno. Nella logica perversa e autodistruttiva della crescita infinita non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza.
A chi allora rivolgersi per poter avere un esempio di tutela reale della natura e quindi della vita? Dobbiamo necessariamente guardare a quei popoli e persone che proprio perché non piegandosi alla logica dello sfruttamento indiscriminato di tutto e tutti, sono state sterminate nei più grandi genocidi che la storia di tutti i tempi ricordi.
I nativi americani sono fra queste popolazioni che hanno subito un olocausto inimmaginabile, probabilmente un tristissimo record mai eguagliato nella storia ma visto che è stato perpetrato dai vincitori e dominatori assoluti del mondo, praticamente è come se non fosse mai avvenuto.
Raffaella Milandri nel suo libro "Nativi americani. Guida alle tribù e riserve indiane degli Stati Uniti" scrive: “Secondo le stime teoriche, i nativi americani all’arrivo di Colombo erano circa 112 milioni, alla fine dell’ottocento i superstiti in tutti gli Stati Uniti, si ridussero appena a 300.000”.
Vittime innocenti di conquistatori assetati di terre ma sopratutto di sangue. E come se ciò non bastasse i superstiti all’olocausto sono stati vessati, schiavizzati, sterilizzati, stuprati in ogni modo dalla sempre vincente accoppiata, quando si tratta di stermini: chiesa e uomo bianco. Raffaella Milandri ci consegna una guida preziosa per capire non solo l’entità del danno ma anche per tentare di recuperare informazioni da chi come lei studia e conosce queste popolazioni da anni e rende un servigio inestimabile all’umanità nel cercare di salvaguardarle.
Chi se non questi popoli che proprio per la loro saggezza, capacità e profonda connessione con la natura possono insegnarci come e cosa fare per recuperare quell’anima che a forza di massacri abbiamo seppellito sotto coltri di morti? A questi popoli dobbiamo guardare, li dobbiamo riscoprire, studiare, imparare da loro e dobbiamo farlo proprio con coloro che in maniera arrogante e prepotente abbiamo sempre considerato e tanti considerano ancora selvaggi. “Selvaggi” che però hanno vissuto in equilibrio con la terra e la natura, che non hanno distrutto le basi della loro esistenza come invece stiamo follemente facendo noi. Dei “selvaggi” molto più intelligenti e capaci di noi che ci stiamo suicidando. Quella della Milandri è quindi un lavoro dettagliato, certosino, con moltissimi riferimenti che ci consegna uno spaccato estremamente interessante seppur nella sua drammaticità anche nel tentativo, dopo lo sterminio di queste persone, di sopravvivere in qualche modo ai continui attacchi e alla difficilissima convivenza con una “civiltà” che contempla solo lo sfruttamento, il dominio, l’alienazione.
Nel libro si alternano storia e informazioni utili di tutte le popolazioni superstiti in America anche Stato per Stato, un ottimo vademecum per chiunque volesse visitare questi popoli, approfondire il loro studio e la conoscenza.
Il lavoro della Milandri è ancora più di valore se si considera che non scrive solo per sentito dire o da topo di biblioteca ma conosce, incontra, partecipa, diventa ambasciatrice di popoli che hanno sempre più bisogno di supporto e visibilità. Non riusciremo mai a farci perdonare le sofferenze tremende e inenarrabili che abbiamo provocato con la nostra follia distruttrice a questi popoli ma dobbiamo difenderli in tutti i modi e valorizzare il tesoro inestimabile che sono.
Un grazie quindi alla Milandri che rende un minimo di giustizia a chi di giustizia ad oggi non ne ha avuta alcuna rispetto ai torti e ai lutti inenarrabili che ha subito.