di
Matteo Marini
27-03-2012
La Lega nord, le sue proposte razziste e la Padania. Un'intervista doppia a due studiosi che hanno approfondito da varie angolature il 'fenomeno Carroccio': Walter Peruzzi, autore con Gianluca Paciucci di Svastica Verde. Il lato oscuro del Va’ pensiero leghista, e Lynda Dematteo, autrice de L’idiota in politica.
Non passa giorno in cui i giornali e le televisioni non amplifichino l’ultima dichiarazione di Bossi, l’ultimo suo grugnito sulla Roma Ladrona, l’ultimo suo avvertimento. Il problema è che lo prendono sul serio. Il problema è che prendono la Lega Nord sul serio, con le proposte razziste, con le affermazioni razziste che contraddistinguono i suoi esponenti. La difesa poi della Padania, resta un capitolo a parte. Questa terra celtica da difendere, come ai tempi di Asterix e Obelix, dai romani di Caio Giulio Cesare.
Parliamo proprio di altre epoche, di ideali ed intenti sicuramente anacronistici. Oggi però noi vogliamo analizzare il fenomeno del Carroccio, dal punto di vista culturale, sociale, cercando di capire come è riuscito ad incidere sulla vita politica italiana. Per farlo, abbiamo contattato due esperti che hanno approfondito l’argomento. Il primo è Walter Peruzzi, docente di storia e filosofia, Direttore della rivista di informazione internazionale alternativa Guerre&Pace. Ha scritto con Gianluca Paciucci, Svastica Verde. Il lato oscuro del Va’ pensiero leghista. Il secondo ospite è Lynda Dematteo, antropologa francese, autrice de L’idiota in politica. Ponendo ad entrambi le stesse domande, questo è ciò che ci hanno raccontato.
Come nasce l'idea del suo libro?
W.P.: C’è stata per decenni e c’è ancora oggi, da parte di intellettuali e politici, anche di sinistra, una sottovalutazione del razzismo leghista e della sua pericolosità. Proprio l’esigenza di denunciare questa sottovalutazione e questo pericolo ci ha spinto a scrivere Svastica Verde e a scegliere proprio questo titolo. Si è poi scelto di farlo in forma di raccolta antologica delle dichiarazioni e delle iniziative leghiste perché ci pare che il modo più efficace per denunciare il razzismo leghista sia di far parlare la Lega stessa.
L.D.: L’idea de L’idiota in politica, scaturisce dal lavoro etnografico. Quando ho cominciato ad indagare nella provincia di Bergamo, mi sono resa conto che i bergamaschi (non leghisti) chiamavano 'idioti' i seguaci della Lega Nord. Intanto, questo partito di 'idioti' che veniva deriso un pò da tutti per i suoi aspetti 'folkloristici' era al potere nella provincia senza che nessuno si preoccupasse realmente dei danni che poteva fare nelle istituzioni.
I leghisti stessi hanno avuto l’intelligenza di giocare con questa immagine di bravi 'idioti' della politica per distinguersi dai politici di professione che disgustavano la gente, dopo le rivelazioni del Pool Mani Pulite. Credo che una tale situazione sia stata resa possibile dalla delusione e dal progressivo distacco dalla politica della maggioranza dei bergamaschi, più interessati al lavoro e al guadagno che ad altre considerazioni collettive.
Come nasce la Lega Nord? In quale contesto socio-economico?
W.P.: Nell’ultimo ventennio del Novecento, mentre entrano in crisi sia i vecchi partiti politici, sia il modello fordista imperniato sulla grande fabbrica, si assiste nel Nord Italia, specie nel Nord-Est, al fiorire del lavoro autonomo e di imprese semifamiliari, con pochi addetti (il che favorì l’illusione di una vicinanza e comunanza di interessi fra lavoratori e padroni).
La Lega nasce come forza politica che aspira a rappresentare i padroncini del Nord, i commercianti, il popolo delle partite IVA - tutti ceti interessati a non vedere limitato il loro sviluppo dalle tasse o dalle rivendicazioni operaie (e dal costo del lavoro). La Lega rispose a tale esigenza affermando la centralità dell'etnia e del territorio (di qui anche l’invenzione della 'Padania') cioè facendo credere che per risolvere i loro problemi padroni e operai 'padani' dovevano unirsi contro un nemico esterno (Roma ladrona, i meridionali, i migranti).
Si è detto spesso che la Lega è il “sindacato del Nord”: questo è in realtà solo il travestimento da essa adottato per funzionare meglio come “sindacato dei padroncini del Nord” (e sempre più anche dei padroni medio-grandi e poi delle banche).
L.D.: L’ideologia leghista venne elaborata negli anni ’50 in ambiti democristiani quando Umberto Bossi era troppo giovane per preoccuparsi di politica. All’inizio si trattava di ottenere la messa in pratica degli articoli relativi all’autonomia delle comunità già contenuti nella Costituzione Italiana. Dopo diversi tentativi falliti, il leader varesotto riuscirà nel 1992 a coalizzare i piccoli movimenti autonomisti del Nord Italia e porterà avanti le rivendicazioni federaliste del Nord.
Questo salto di qualità fu reso possibile dal sostegno finanziario delle piccole e medie imprese che, in quegli anni, hanno identificato la Lega Nord come il soggetto politico in grado di sostenere la loro attività e di difendere i loro interessi localistici. In quegli anni, molti imprenditori si sono impegnati in prima persona raggiungendo i ranghi leghisti.
Dopo la loro entrata nella scena politica, nel '92/'94, quali cambiamenti hanno portato nella società italiana in termini di 'linguaggio politico'?
W.P.: La Lega è stata, con Forza Italia, il partito che più ha contribuito al degrado della politica e del linguaggio politico negli ultimi vent’anni, facendo passare l’idea che per essere vicini al 'popolo' si deve sostituire agli argomenti e ai ragionamenti le volgarità, i gesti scurrili, gli insulti e la rissa – tutti ingredienti che caratterizzano ormai i nostri dibattiti televisivi.
Questo linguaggio degradato dipende anche dal fatto che di argomenti la Lega ne ha pochi: dovendo imbrogliare il 'popolo' raccontandogli che il suo interesse è favorire le imprese, le banche e il ceto politico 'padano', non trova di meglio che parlare alla 'pancia' ed eccitare gli animi con volgarità e urla sguaiate, che bene si accoppiano al razzismo.
L.D.: Da questo punto di vista, il leghismo fu una vera rivoluzione. Umberto Bossi ha polverizzato il politichese della vecchia classe politica con le sue provocazioni e le sue violenze di linguaggio. Ha creato un lessico tutto suo, pieno di metafore inattese, a volte umoristiche, che associava cucina politica e volgarità popolana. Le sue performances pubbliche hanno fatto scalpore e sedotto un elettorato stanco dei discorsi dei politici. È lui ad avere segnato il passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, aprendo la strada al berlusconismo, anticipando addirittura il porno-pop di questi ultimi anni.
Cosa rappresenta, per la Lega Nord, la Padania e come sono riusciti a far passare il messaggio di una difesa di questo 'pseudo-territorio'? Si può inventare, come diceva anche Hobsbawm, la tradizione?
W.P.: La 'Padania' è un'invenzione leghista, dai confini evanescenti (estesa, a seconda dei risultati elettorali, fino alle Marche, alla Liguria o alla Toscana, che poco c’entrano col Po), perché questi territori hanno oggi in comune una condizione economica abbastanza simile, ma niente per storia, lingua, cultura. I veneti capiscono meno il bergamasco del napoletano… Piemonte e Liguria hanno storie diverse dal Lombardo-Veneto o dall’Emilia-Romagna, ecc.
Questa invenzione, come ho detto prima, serve a:
a) far credere che queste regioni siano una nazione indipendente col diritto a non pagare le tasse a Roma, come vogliono i piccoli e medi padroni che la Lega principalmente rappresenta;
b) nascondere le differenze sociali sotto una presunta identità padana, che accomunerebbe padroni e operai, cioè ad assicurarsi e ad assicurare al cento imprenditoriale i consensi popolari.
Questa invenzione è potuta 'passare', almeno in parte (ricordiamoci che anche in 'Padania' la Lega è una rumorosa minoranza), per la crisi dei vecchi partiti e soprattutto della sinistra o dei sindacati: ciò ha fatto sentire senza rappresentanza anche settori popolari che hanno pensato di poter farsi tutelare dal 'sindacato del Nord'. Inoltre la crisi di questi anni, che è crisi di valori, punti di riferimento e identità, e quindi anche paura del nuovo, dello straniero, ecc. ha reso più facile credere all’identità posticcia (non so quanto resistente nel tempo) offerta dalla Lega.
L.D.: La tradizione è sempre un’invenzione. Questa invenzione può attecchire come il kilt scozzese oppure fare un flop. Nel caso leghista, non ha attecchito, perché c’era un vizio originale nell’elaborazione simbolica: come possono i leghisti inventare una nuova tradizione nazionale padana accontentandosi di rovesciare i miti italiani? Ai nazionalisti bretoni non verrebbe in mente di riprendere dei miti repubblicani francesi per spostarne il senso. È un modo piuttosto strano di operare, non trova? Credo che alla fine i leghisti ottengano un risultato opposto a quello che auspicano. La loro Padania avrà rinforzato al contrario il sentimento nazionale italiano.
Ho notato, rileggendo gli atti costitutivi del 1989, che si fa più volte menzione di un'ideale etnonazionalista, di un'unione di popoli e movimenti del Nord e di una spiccata lotta al fondamentalismo islamico. Sembrano più ideali medioevali che di un partito politico. Sbaglio?
W.P.: La scenografia in cui la Lega colloca le sue sparate - dal prato di Pontida, allo spadone di Alberto da Giussano, al richiamo alla battaglia di Lepanto contro i turchi - sanno certo di medioevo: ma è uno scenario di cartapesta buono per gli allocchi. Diverso è per l’ideale etnonazionalista, ossia la celebrazione di una “superiore” identità padana da contrapporre a meridionali e migranti. Anche questa è ovviamente una favola, ma indispensabile per legittimare le pretese dei padroncini e del ceto politico 'nordista'. Il razzismo, che tale ideale esprime, è irrinunciabile per la Lega e più che al medioevo si rifà al repertorio nazista sulla superiorità della razza ariana. Egualmente inventata e egualmente funzionale ad affermare il predominio tedesco.
L.D.: Mi sorprende che la lotta al fondamentalismo islamico sia già presente nei testi della Lega Lombarda. In quegli anni era prevalente il discorso antimeridionalista. L’etno-federalismo, invece, è da sempre stato l’obiettivo politico della Lega Nord. Il leghismo si inserisce in un filone specifico dell’estrema destra europea che trova corrispondenze in altri partiti come il Vlaams Belang fiammingo, la FPO austriaca o il Partito del Popolo danese.
La Lega Nord concepisce l’Europa come un insieme di popoli regionali diversi tra di loro per storia, lingua, tradizioni e antiche ascendenze. Questi gruppi, ai quali non corrispondono necessariamente i confini nazionali esistenti, vengono essenzializzati come se fossero sempre esistiti sotto la stessa maschera nel passare dei secoli. Questo può sembrare totalmente retrogrado rispetto ai modelli politici vigenti, ma non deve essere sottovalutato, perché la globalizzazione scardina i confini stabiliti e favorisce l’emergere di nuovi etno-nazionalismi.
Stona ancora di più, e denota quanto possano essere strumentali le loro battaglie, questa lotta al centralismo dello Stato e a 'Roma ladrona' quando poi nelle amministrazioni locali, già dagli anni '90, si comportano come gli stessi partiti che criticano. Non le sembra un controsenso? Un'ideale che hanno trasmesso al loro elettorato ma che è palesemente paradossale?
W.P.: L’immagine di una Lega dura e pura fa parte della propaganda. Già nel 1992, mentre l’on. Leoni di Cantù agitava in parlamento il cappio contro i “corrotti”, la lega pagava la tangente Enimont, per cui venivano inquisiti il tesoriere del partito e lo stesso Bossi. Oggi gli inquisiti, denunciati o indagati sono una caterva: da quello che lucrava sui film a luci rosse fino a quello che si arricchiva vendendo permessi di soggiorno, da chi usava le auto blu (contro cui la Lega ha fatto storiche crociate moralizzatrici) per scarrozzare la fidanzata al presidente del Consiglio regionale lombardo e così via. Del resto, fin da principio, tutta la politica della Lega, le sue balle sulla 'Padania' e le sue campagne contro gli immigrati (come oggi riconosce lo stesso Maroni) sono state fatte per acquisire consensi e quindi 'potere': non c’è una Lega delle 'origini' buona e una Lega di oggi 'corrotta'. Le poltrone sono state fin da principio l’unico scopo del ceto politico leghista.
L.D.: Credo che i leghisti si sono fatti propugnatori di una 'doppia morale' italiota. A parole difendono le virtù pubbliche, ma in realtà fanno i loro interessi. Direi che i loro discorsi sulla purezza padana hanno avuto una funzione auto-assolvente. Qui si tocca la dimensione profondamente carnevalesca del movimento leghista. Penso che la Lega finirà per essere scardinata dalle sue contraddizioni.
Umberto Bossi è volutamente o involutamente un' "idiota in politica"?
W.P.: Bisogna intendersi su cosa vuol dire “idiota in politica”. Secondo la Dematteo l’idiota incarnato da Bossi è un “finto idiota”, uno che camuffa la sua astuzia – come faceva la maschera Gioppino - “avvolgendola nella grossolanità”. Il registro comunicativo del “finto sciocco” serve ai leghisti – ha scritto Biorcio - “per pronunciare qualsiasi cosa, per rendere udibile l’indicibile infrangendo le norme condivise fino a sedimentare un senso comune che finisce per accettare tutto”, in questo caso il razzismo più becero e velenoso, trasmesso in questo modo dai leghisti a tutti gli italiani, e diventato un veleno messo in circolo: una eredità devastante lasciata dalla Lega al paese anche se questo partito, come potrebbe accadere, finisse adesso per perder peso o dissolversi.
L.D.: Direi che facendo l’idiota, Umberto Bossi, oltrepassa i suoi limiti reali. È riuscito a fare della sua idiozia iniziale una vera forza politica. In questo, sta il suo genio.
Commenti