Libera: "Roma e il Lazio nelle mani di una quinta mafia"

Libera, l'associazione di Don Ciotti impegnata da 16 anni nella lotta alle mafie, denuncia la drammatica realtà del Lazio: la regione è nelle mani di una "quinta mafia". E come sempre accade quando le mafie prendono piede sul territorio, a rimetterci è anche l'ambiente.

Libera:
È una 'quinta mafia' quella che avviluppa coi propri tentacoli Roma ed il Lazio. Non ha ancora un nome proprio ma la sua presenza si fa sentire eccome. Sugli esercenti, nei cantieri, nelle gare d'appalto, per le strade e nelle sale giochi. Un mix di colletti bianchi, mafie tradizionali, delinquenti locali che ha acquisito un potere crescente nella regione fino a diventare una realtà autonoma e distinta dalle altre quattro mafie tradizionali (Cosa nostra, Camorra, 'Ndrangheta, Sacra corona unita). È Libera, l'associazione di Don Ciotti impegnata da 16 anni nella lotta alle mafie, che getta un po' di luce sulla drammatica realtà della regione. Basta osservare qualche dato fornito dall'associazione per capire che c'è poco da scherzare. I beni mafiosi confiscati nel Lazio nell'ultimo anno ammontano a 330 milioni di euro; ben 517 sono i beni confiscati al 1 ottobre 2011 (404 immobili e113 aziende). Ogni mese c'è un flusso medio di 526 milioni di euro in uscita verso i paradisi fiscali e 484 milioni di euro in entrata da essi; infine il Lazio è la quinta regione d'Italia per estorsioni (402 quelli denunciati nel 2011). Indicatori diversi, che sommati rendono un quadro piuttosto preoccupante, e dimostrano che il Lazio è terra di investimenti e riciclaggio. Come sempre accade quando le mafie prendono piede sul territorio, a rimetterci è anche – soprattutto – l'ambiente. Lo confermano i dati di Legambiente, secondo cui nel 2010 nel Lazio ci sono state ben 3124 infrazioni accertate contro l'ambiente, alla media di oltre otto reati al giorno, con 2011 persone denunciate o arrestate e 751 sequestri effettuati. La maglia nera va alla Provincia di Roma, che con 1750 infrazioni accertate è addirittura prima a livello nazionale. A peggiorare la situazione della regione vi è poi, per assurdo, proprio la presenza delle istituzioni, alle cui propaggini corrotte e deviate le associazioni mafiose si sono prontamente avviluppate. La mafia nel Lazio dunque si presenta come 'soggetto collaborante', che sa come sfruttare lo Stato per il raggiungimento dei suoi fini. Sulle sue origini vi sono ipotesi diverse. Secondo una di queste sarebbero da far risalire agli anni Settanta, con lo spostamento nella capitale di alcuni boss delle mafie tradizionali, giunti a Roma chi per scontare una pena, chi per fare da ambasciatore delle cosche. Al loro esempio si sarebbero ispirati i 'guappi' romani e laziali, che ne avrebbero imitato le strategie, copiato persino i modi e l'atteggiamento. E sono per la maggior parte laziali, autoctoni, i boss di questa quinta mafia. “La quinta mafia – ha commentato Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – è una mafia che cambia pelle, che crea un intreccio tra le diverse cosche che unisce tante competenze. Dobbiamo fare tutti di più con continuità; oggi le mafie rischiano di essere forti perché la politica è più debole. Più debole la democrazia, più forti sono le mafie”. “Oggi – ha concluso Ciotti – la nostra democrazia è pallida. Oggi la corruzione, la criminalità rappresentano le questioni più gravi dell’attuale modello sociale economico e dove si ripresentano le schegge massoniche che ci sono nel nostro paese con gli intrecci di poteri, di volti e di storie. Noi viviamo un coma etico nel nostro paese, è necessaria una una rivolta delle coscienze contro il pericolo della rassegnazione”.

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