Libia: è 'genocidio'. Intanto l'Italia pensa agli esiti della guerra civile

La situazione in Libia è fuori controllo. Il regime non terrà ancora a lungo secondo le previsioni internazionali, ma nel frattempo sale vertiginosamente il bilancio del massacro in corso. Oltre mille morti la stima ufficiosa della violenta repressione che l'esercito ha sferrato contro i civili. L'Onu ha chiesto la sospensione immediata delle violenze e un'inchiesta internazionale indipendente. Intanto mentre aumenta il flusso di persone in fuga dal Paese, petrolio e gas subiscono un netto arresto nelle esportazioni, e l'Eni ha chiuso il gasdotto Greenstream.

Libia: è 'genocidio'. Intanto l'Italia pensa agli esiti della guerra civile
Le ultime dichiarazioni del regime libico sono state chiare: è contemplata la forza per fermare le proteste d'opposizione, fino all'ultimo uomo, fino all'ultima goccia di sangue. Gheddafi comparso più volte in video negli ultimi due giorni per smentire la sua annunciata fuga in Venezuela ha dichiarato che piuttosto che lasciare il Paese morirà da martire come un "leader a vita". "Non ho nessun incarico dal quale dimettermi. Non sono un presidente, sono la guida della rivoluzione e tale resterò anche a costo del sacrificio della vita" questo il messaggio urlato ieri dal colonnello al popolo libico. Intanto sale vertiginosamente il bilancio delle vittime della violenta e ingiustificabile repressione che il regime ha scatenato nei confronti delle rivolte antigovernative che da Bengasi domenica notte si sono spostate nelle piazze di Tripoli. Le agenzie umanitarie parlano di oltre mille morti, e migliaia di feriti, una cifra ritenuta verosimile dal nostro Ministro degli Esteri Franco Frattini, anche se - come spesso accade - il bilancio ufficiale fornito dalle istituzioni libiche si aggira al di sotto di queste cifre (300 morti è il bilancio fornito dal figlio di Gheddafi Saif Al Islam ieri sera, ndr). Unanime la reazione della comunità internazionale, da una parte all'altra del globo sono rimbalzate le parole di 'genocidio' e 'crimine contro l'umanità' per definire la guerra che l'esercito e il regime hanno dichiarato a milioni di civili. Ieri pomeriggio il vertice del Consiglio di sicurezza Onu ha esplicitamente condannato le violenze in corso in Libia, e ha chiesto che su di esse venga aperta "un'inchiesta internazionale indipendente". Il Consiglio ha chiesto anche la sospensione immediata "delle gravi violazioni dei diritti dell'uomo compiuti dalle autorità libiche". Nelle ultime ore sono aumentati i militari che hanno lasciato le armi per unirsi alla rivolta popolare. Migliaia di persone sono in fuga dal Paese e da ieri è iniziato anche il rimpatrio degli italiani che vivono e lavorano in Libia. Una guerra civile dagli esiti temporali e geopolitici incerti, così appare la situazione complicata e caotica in queste ore. E mentre il mondo ha i riflettori puntati su Tripoli, si cerca di comprendere quali saranno gli effetti geopolitici principali. Solo in Italia potrebbero arrivare centinaia di migliaia di rifugiati, senza che il Paese sia adeguatamente preparato a un'accoglienza di simili dimensioni. Nel frattempo si fa pressante la questione della dipendenza del nostro Paese dai rifornimenti di gas e petrolio libici. Nelle ultime ore sono stati annunciati "rallentamenti" nell'esportazione di gas e petrolio dalla Libia, ed è di ieri sera la notizia che Eni ha chiuso i rubinetti del gasdotto Greenstream, che esporta gas naturale prodotto in Libia in Europa. "Abbiamo simulato tanti scenari negativi e in nessuno di questi c'è pericolo per la distribuzione di gas in Italia" il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, rassicura così cittadini e imprese, a margine della riunione ministeriale che si è tenuta oggi sull'emergenza gas. Secondo Romani la situazione è "ottimale" e "Tutto il lavoro che abbiamo fatto in questi anni sulle infrastrutture ci consente di dormire sonni tranquilli". Il ministro ha dichiarato, insomma che non siamo in emergenza e quindi non saranno nemmeno toccate le riserve strategiche di gas. Significa che il problema sarà risolto aumentando l'importazione da altri paesi. Al di là della contingenza specifica (la Libia fornirebbe circa il 10 per cento del fabbisogno italiano di gas), torna imponente la consapevolezza che la dipendenza dall'estero per il soddisfacimento del nostro fabbisogno energetico ci rende politicamente ed economicamente ricattabili.

Commenti

A parte (a parte?) l'odiosa mancanza di solidarietà per un popolo alla ricerca di libertà, a parte (a parte?) il fatto che il "premier" di questo paese ha recentemente costretto l'intera nazione a degradarsi offrendo un indecoroso quanto sfarzoso benvenuto a quello stesso leader che oggi vediamo, finalmente, sul viale del tramonto, benvenuto corredato addirittura di una lezio magistralis sulla democrazia (!!) alla Sapienza...be', lasciamo perdere gli "a parte": sono decenni che si parla di diversificare le fonti e i fornitori di energia e non si fa niente al proposito. Che dire? Ben ti sta Italia, pienamente meritato.
Pati Lucaroni-Broomer, 23-02-2011 09:23

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