di
Lucia Russo
07-03-2011
Salpato sabato scorso da Catania, il pattugliatore 'Libra' della Marina Militare italiana, con l'obiettivo di "trasportare aiuti umanitari in Libia", è arrivato questa mattina a Bengasi. Un'altra azione, partita per prima su richiesta di Egitto e Tunisia, è quella destinata agli egiziani che lavoravano in Libia e che sono poi fuggiti in Tunisia.
Nella prima mattinata di oggi è giunto al porto di Bengasi il pattugliatore Libra, della Marina militare italiana, salpato sabato 5 marzo dal porto di Catania alla volta della città divenuta il simbolo della rivolta contro il regime di Muammar Gheddafi.
Il carico di aiuti umanitari che nei giorni precedenti vi confluivano a singhiozzo rimandando l’ora della partenza, si concludeva alle 17. Circa 50 minuti dopo, la partenza. A bordo, acqua - in due taniche, rispettivamente da 3.500 e 7.500 litri - e cibo, 5 tonnellate di riso e 5 tonnellate di latte. Oltre ai beni alimentari, quattro generatori elettrici, tende familiari, 4mila coperte, depuratori e 40 kit medici per patologie generali. I beni sono stati messi a disposizione dalla Cooperazione italiana allo Sviluppo e dalle Coop, e sbarcheranno dentro casse di legno siglate dal tricolore e dalla scritta “dono del governo italiano”.
È questa una delle due missioni umanitarie varate dal Consiglio dei Ministri dello scorso 3 marzo nell’ambito del cosiddetto piano A, e resa pubblica in conferenza stampa dal Ministro degli Esteri Frattini.
Gli aiuti materiali destinati alla popolazione libica portavano con sé l’incognita di un attracco senza impedimenti a Bengasi, capoluogo libico della Cirenaica, ubicato a nord-est del paese, sull'estremità opposta a Tripoli nel golfo della Sirte. Secondo una notizia Ansa del 4 marzo, una nave noleggiata dall’Onu, carica di aiuti alimentari, il 3 marzo è dovuta tornare al porto di Malta senza poter attraccare a Bengasi per motivi di sicurezza. È stata avanzata anche la possibilità che gli aiuti si spingano fino a Misurata, circa 800 km più a ovest, in direzione della capitale.
L’altra azione umanitaria, partita per prima su richiesta di Egitto e Tunisia, è quella destinata agli egiziani che lavoravano in Libia e che sono poi fuggiti in Tunisia. Dalla settimana scorsa, quando si stimavano in circa 60 mila, le cifre su coloro che affollano il confine interessato subiscono impennate in salita e discesa.
Assistere e fare rimpatriare in Egitto sani e salvi il gran numero di lavoratori egiziani che lo vogliono, è l’obiettivo della missione, secondo quanto espresso dalle istituzioni, contemplando l’allestimento di un campo profughi italiano in territorio tunisino, da realizzare nella zona di Ras Jejder.
La notizia è confermata dalle dichiarazioni pubblicate oggi sul sito della Cooperazione italiana allo Sviluppo, rese dal suo Direttore generale, ministro Belloni, la quale aggiunge che sebbene il 70 per cento dei lavoratori in fuga siano egiziani, sul confine si sono riversati anche vietnamiti e cinesi. Non risultano sul luogo italiani che vogliano rientrare. Inoltre, Elisabetta Belloni, specifica che “le altre nazionalità vengono invece prese in consegna dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni che le identifica, mentre sarà l’Unhcr a inviarle nei paesi di provenienza”.
Nell’ambito di queste due missioni il Governo italiano ha escluso, da parte italiana, un intervento militare in Libia. Il pattugliatore Libra e il suo equipaggio di 65 uomini, terminato lo sbarco, dovrebbero tornare indietro.