di
Carlo Carlucci
23-08-2011
“La Libia finalmente si è liberata di Gheddafi e si aggiunge a Egitto e Tunisia nella lista dei paesi che si sono scrollati i regimi oppressivi. Certo che non si apre un cammino di rose e fiori, ma di speranza sì. Il fatto che il cammino della Libia sia stato molto più sofferto che quello dell’Egitto e della Tunisia avrà i suoi influssi decisivi in tutto il nord Africa. L’alba incerta di un mondo nuovo che si allarga? Direi di sì”.
È quello delle favole, è il lupo cattivo. Una digressione, ‘cattivo’ viene da captivus cioè prigioniero, prigioniero del diavolo come recita la formula cristiana. Ma si può anche pensare che ‘captivus’ era il prigioniero tout court, lo straniero prigioniero, l’extracomunitario… Chissà.
Dunque due domande. Chi è il lupo cattivo? E chi ha paura del lupo cattivo?
Per i giornali c’è un lupo cattivo collettivo inteso come il solito ‘governo ladro’, nel '68 c’era la borghesia, il perenne ‘capitalismo’, oggi l’astutissimo e demonizzato B, oppure, in secondo piano la banda dei Bersani o il Presidente della Repubblica ex stalinista ora sofista e basta. Ma non si finirebbe con le sfumature e le distinzioni. Per quanto riguarda la paura invece non ce n’è troppa. In Italia naturalmente. Al più siamo rassegnati, oppure si porta pazienza e si attende.
I ribelli libici sono vicini a Tripoli. Ribelli? Sul blog di Grillo sono sospetti. Vogliono buttare giù Gheddafi perché era l’unica e temibile alternativa al capitalismo internazionale. E sono sospette tutte le ‘primavere arabe’ perché appoggiate dagli USA. E quindi, magari indirettamente e di conseguenza un plauso ad Assad in Siria che resiste egregiamente reprimendo? Ma Assad è, dinasticamente, a capo di una minoranza (il 10% della popolazione) che detiene tutto il potere e che quindi reprime il restante 90%. Una vecchia storia che risale agli inglesi che arbitrariamente, ma forse non si poteva fare di meglio, disegnarono la mappa del Medio Oriente dopo lo sfascio dell’impero ottomano.
Personalmente, come testimoniano le corrispondenze per questa rubrica, vediamo nelle primavere arabe l’alba, sia pure incerta, di un mondo nuovo. Prendiamo la Libia e tutti i servizi e le testimonianze che sono pervenute su questa guerra. Certo l’aiuto, indispensabile, dato ai ribelli da USA, Francia, Inghilterra può essere macchiato da intenzioni ‘pelose’. La copertura mediatica riguarda solo una parte (ribelle). Ma Gheddafi non ammette osservatori all’interno delle zone da lui controllate. E l’Egitto? Il processo a Mubarak? Sospetto anche questo? Certo si può sospettare di tutto, che lo zampino USA prenda il sopravvento, oppure che nella confusione della fase pre-elettorale i Fratelli Mussulmani prendano il sopravvento sulle altre forze in campo. E con i sospetti (inutili) continueremo ad alimentare l’incertezza e la confusione.
E dobbiamo tenere conto di tutto. Delle raccolte di firme per fermare la distruzione di quel che resta dell’ultimo polmone del mondo, la foresta amazzonica. Naturalmente chiedendo al Brasile quell’innegabile sacrificio che noi, i ‘bianchi’, non abbiamo a suo tempo saputo fare. E l’India combattuta fra il ruolo di potenza asiatica, il suo sviluppo (capitalistico), il problema delle caste, le enormi sacche di indigenza estrema? E la Cina ugualmente e diversamente combattuta nel suo ruolo egemone?
Questo mese siamo a sette miliardi di abitanti su questo povero e sovvertito pianeta che veramente non ne può più. E non vale per taluni, i privilegiati, la mera consolazione di filosofie orientali o psicanalitiche, scelte di vita o di partito. Siamo tanti, siamo troppi, e siamo sulla stessa barca. Quasi cento anni fa, quando eravamo un miliardo e mezzo, Lenin aveva scritto il suo fatidico ‘Che fare’. Ora forse con le parole non possiamo nemmeno definire lo stato delle cose, figuriamoci il prospettare soluzioni, il ‘Che fare’ di leniniana memoria. Rimane forse questa doppia considerazione, lo stato delle cose in una casa, la nostra, che sta diventando, anzi lo è già, il mondo e il come agire in quanto singoli o in quanto gruppi, partecipanti a questo tutto di tutti.
Certi una volta di più che niente è più come prima.
PS. La Libia finalmente si è liberata di Gheddafi e si aggiunge a Egitto e Tunisia nella lista dei paesi che si sono scrollati i regimi oppressivi. Certo che non si apre un cammino di rose e fiori, ma di speranza sì. Il fatto che il cammino della Libia sia stato molto più sofferto che quello dell’Egitto e della Tunisia avrà i suoi influssi decisivi in tutto il nord Africa. L’alba incerta di un mondo nuovo che si allarga? Direi di sì. E poi c’è la striscia di Gaza del nostro indimenticabile Arrigoni e la Palestina che attende. E la Siria di Assad che si sente mancare il terreno sotto i piedi. E i tanti paesi in subbuglio. E l’Iraq, l’Afganistan, il Pakistan. È come una grande marcia sofferta ma ineluttabile. Che si apre alla speranza e chiede la nostra speranza. Un percorso sognato dall’indimenticabile Jacque Bertoin.
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