di
Elisa Magrì
15-02-2011
Rilanciata a Bruxelles la richiesta dell'associazione anti-mafia Libera di una normativa europea che destini a fini sociali i beni confiscati alle mafie. Strumenti legislativi e penali ispirati al modello italiano permetterebbero di estendere la lotta alla criminalità organizzata in tutto il continente, sfatando il mito di una mafia esclusivamente italiana. Ma l'Italia è ancora indietro con la ricezione della legislazione europea.
Si è tenuto a Bruxelles il 9 e 10 Febbraio 2011, presso la sede del Parlamento Europeo, il convegno (organizzato dal gruppo parlamentare dei Socialisti & Democratici) dal titolo The fight against organized crime and mafias: S&D proposals for a Eu global strategy. Vi hanno partecipato, fra gli altri, Rosario Crocetta, Rita Borsellino, Piero Grasso, Don Luigi Ciotti, Giancarlo Caselli, procuratori provenienti da vari paesi europei e rappresentanti delle istituzioni dell'Ue.
In particolare Borsellino e Crocetta hanno sostenuto delle iniziative che si pongono in linea con l'operato delle associazioni dedite alla lotta alla mafia e alla difesa della giustizia, come Libera, Legambiente e Flare. Si tratta della richiesta di una direttiva che estenda a tutta l'Unione il dispositivo della legge Rognoni-La Torre del 1996, che confisca e destina a fini sociali i beni appartenenti alle mafie.
Si è avanzata, inoltre, la necessità di una definizione europea del traffico illecito dei rifiuti e di una legislazione europea per la protezione delle vittime, dei testimoni e collaboratori di giustizia, in modo da tutelarli in tutti gli stati membri. A questo proposito Crocetta ha sollevato altre urgenze normative: una definizione comunitaria armonizzata del crimine di associazione a delinquere di stampo mafioso, sul modello della legge italiana 416 bis; una normativa Ue per la piena tracciabilità del denaro di traffici illeciti; l'uso delle intercettazioni telefoniche e l'istituzione di una commissione europarlamentare di indagine sulle mafie.
Con l'occasione Don Ciotti ha annunciato l'avvio della raccolta di firme di cittadini europei da parte di Libera e Flare per sottoporre alla Commissione Ue, come “iniziativa di cittadini”, una normativa che dedichi a fini sociali i beni confiscati alle mafie. Lo scopo è quello di promuovere a livello europeo una pratica che, benché attuata nei confini nazionali, è tuttavia di ardua attuazione appena fuori dall'Italia.
Infatti, secondo quanto rilevato da Flare l'associazione nata nel 2008 su iniziativa di Libera e Terra del Fuoco, attività gestite dalla mafia all'interno dei paesi membri dell'Ue rimangono di fatto in mano ai loro proprietari malgrado l'ordine di confisca emanato dai Tribunali italiani.
Lo ha denunciato anche la deputata Laura Garavini, facendo riferimento a numerosi esercizi commerciali in Germania di fatto non raggiunti dalle confische ordinate in Italia. Questo perché, mentre Berlino ha approvato il 2 Ottobre 2009 la misura del Consiglio Europeo che autorizza la confisca dei beni frutto di attività mafiose (Framework Decision 2006/783), l'Italia invece non ha ancora recepito la legislazione europea. Pertanto, per il principio di reciprocità fra i due paesi, fino a quando il Parlamento italiano non avrà fatta sua la decisione-quadro, non sarà possibile procedere con le confische ordinate dai Tribunali italiani negli altri Paesi dell'Ue.
La situazione ha del paradossale, ma è rivelatrice dell'estrema complessità della legislazione europea e delle difficoltà a far valere gli strumenti adeguati nella lotta alla criminalità organizzata.