Alluvioni: se l'Italia è in ginocchio non è colpa del maltempo

Alluvioni, esondazioni, frane. Dopo il Veneto l'emergenza raggiunge anche il Sud della penisola. Per l'ennesima volta l'Italia è completamente impreparata ad affrontare il maltempo stagionale. Interi territori in stato di calamità, interi comuni distrutti. Eppure la pioggia da sola non basterebbe, se solo i centri abitati fossero pianificati tenendo conto del rischio idrogeologico che caratterizza molte zone dello stivale.

Alluvioni: se l'Italia è in ginocchio non è colpa del maltempo
Dal Veneto alla Calabria, bastano semplici temporali a provocare non solo allagamenti ma vere e proprie calamità, che mettono sotto assedio le città, piccoli comuni, servizi e attività primari. Soltanto in Calabria, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e dell’Unione Province Italiane, sono esposte a rischio frana e alluvione almeno 185 mila persone. Infatti, secondo il rapporto Ecosistema Rischio di Legambiente, in Calabria il 100% dei comuni è a rischio frane e alluvioni. L’83% dei comuni ha abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi e in aree a rischio frana, il 42% delle amministrazioni presenta addirittura interi quartieri in zone a rischio, mentre il 55% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali, mettendo a rischio l’incolumità delle persone anche per gli eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni. Inoltre, nel 26% dei casi, le strutture sensibili come scuole e ospedali sono presenti in zone a rischio. "Purtroppo, la tragica frana dello scorso febbraio a Maierato (Vv), lo straripamento del torrente San Biagio a Reggio Calabria in settembre e ottobre, la drammatica alluvione che ha colpito Tropea solo alcuni giorni fa e i forti disagi che si ripetono puntuali ad ogni pioggia – commenta Giorgio Zampetti, coordinatore scientifico Legambiente – dimostrano come la Calabria sia divenuta una regione estremamente fragile. È necessario iniziare ad agire concretamente e utilizzare i fondi a disposizione per interventi efficaci, a partire dalle situazioni di rischio maggiore". Ci spostiamo in Veneto e la situazione non cambia. Qui ci sono 161 i comuni con aree a rischio idrogeologico, pari al 28% del totale regionale, di cui 41 a rischio frana, 108 a rischio alluvione e 12 a rischio sia di frane che di alluvioni. Il primato negativo del rischio idrogeologico in questo territorio va alla provincia di Venezia che ha il 50% dei comuni ad elevato rischio. Anche quattro dei sette capoluoghi di provincia veneti sono considerati a rischio idrogeologico, restano fuori solo Venezia, Rovigo e Treviso. Malgrado la porzione di territorio esposta a rischio frane sia minore rispetto a quella di altre regioni, è evidente che il pericolo non può essere sottovalutato. Anno dopo anno le aree diventano sempre più fragili e questo anche a causa degli effetti dei mutamenti climatici, con precipitazioni sempre più intense e concentrate in brevi periodi, ma anche e soprattutto per una gestione poco attenta del territorio. Adeguare lo sviluppo del territorio al corretto uso del suolo, tenere nel giusto conto le mappe del rischio servirebbe a evitare di edificare strutture residenziali e produttive in aree più vulnerabili; ridare spazio alla natura permetterebbe di dare al territorio lo spazio necessario per far defluire i corsi d'acqua, senza dimenticare che anche i torrenti e piccoli fiumi devono diventare dei sorvegliati speciali. Infatti, è proprio in prossimità dei piccoli fiumi e torrenti che ultimamente si sono verificati gli eventi peggiori e sono stati compiuti gli scempi più gravi.. Così ricorda Legambiente Veneto che sottolinea come "la vera emergenza è il superamento della cultura degli interventi post-disastri. Gli enti gestori del territorio dovrebbero impostare una gestione organica e sistemica del suolo in tutti i suoi aspetti, urbanistici, ambientali, sociali. È questa la vera grande opera pubblica da chiedere al governo, al posto di dannosi e inutili miraggi come il ponte sullo stretto di Messina".

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