di
Andrea Degl'Innocenti
12-12-2011
La manovra verso la fiducia, con i sindacati delusi dall'incontro con Monti che hanno confermato lo sciopero di oggi. Intanto in Parlamento ci si oppone all'ipotesi di riduzione dei costi della politica, mentre la Chiesa ottiene un ulteriore sconto sull'Ici. A pagare saranno soprattutto i cittadini, i lavoratori, che nelle ultime ore in tutta Italia sono scesi in piazza per protestare.
Rieccoci alla manovra. Sono ore concitate, in cui si vanno definendo i vari aspetti della legge che metterà le mani nelle tasche degli italiani. Il nuovo esecutivo sembra sempre più intenzionato a porre la questione di fiducia sulla manovra, ritenuta quantomai urgente. Restano da capire le misure ed i criteri con cui le norme saranno applicate, visto il gran numero di emendamenti presentati. Il quadro generale è comunque piuttosto definito. Un quadro che, a quanto pare, non è piaciuto alle parti sociali.
L'incontro si è tenuto nella serata di ieri, come previsto. Monti ha provato a convincere i sindacati, ma l'esito non è stato positivo e il tutto si è risolto con una fumata nera. Le parti sociali hanno ribadito la necessità di uno sciopero generale per la giornata di oggi. “Siamo distanti – si legge in un comunicato emesso da Cisl e Uil -. Oltre allo sciopero di domani [oggi ndr], in tutte le città d’Italia, ci sarà una protesta sotto le prefetture e nostre delegazioni si alterneranno da tutte le Regioni con proteste sotto il parlamento per tutto il periodo della discussione sulla manovra”.
Mario Monti in un comunicato da Palazzo Chigi ha spiegato che: “il Governo ha fornito precisazioni e chiarimenti nell’intendimento di rappresentare dettagliatamente gli elementi di equità presenti nel decreto”. A quanto pare non è stato sufficiente.
Altri problemi per il governo vengono dal fronte dell'abbattimento dei costi della politica. Sembra infatti che il previsto taglio agli stipendi dei parlamentari sia uno dei pochi punti ad incontrare forti resistenze in parlamento. Ufficialmente il motivo del rallentamento subito dalla norma è il fatto che è “scritta male”, come ha dichiarato il Presidente della Camera Gianfranco Fini, in quanto “non è possibile intervenire per decreto nell’ambito di questioni che sono di competenza esclusiva delle Camere”. Ma non sono in pochi a temere che dietro all'opposizione del parlamento si celi la volontà di procrastinare a tempo indeterminato la norma.
Chi invece non avrà niente da dire sulla manovra è certamente la Chiesa. Fra le pieghe dei mille decreti si cela infatti una norma che invece di aumentare la pressione fiscale sugli enormi possedimenti del Vaticano – come richiesto da più parti - la diminuisce ulteriormente. Esiste ad oggi circa un dieci per cento di immobili su cui la Chiesa è costretta a pagare l’Ici, in quanto al suo interno non si svolge alcun tipo di attività neppure lontanamente legata al culto o alla catechesi.
Questa già minima percentuale sarà ancora ridotta, visto che la manovra esclude dalla rivalutazione gli immobili di categoria B (case di cura ed ospedali senza fini di lucro, cappelle non destinate all’esercizio pubblico del culto, biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, circoli ricreativi senza fini di lucro) di cui fa parte una buona fetta di quel dieci per cento.
Insomma fra le resistenze della casta e i favori al vaticano, sembra proprio che a subire il colpo più duro saranno i cittadini, i lavoratori. Le proteste, difatti, non mancano, ed oggi in molte città d'Italia si svolgono cortei collegati allo sciopero generale.
Ma i mercati premono, lo spread torna a salire, la borsa è in rosso. E il grande ricatto globale torna a schiacciare la cittadinanza, ad annientare la sovranità nazionale, mettendoci di fronte una strada di sofferenze e convincendoci che è l'unica possibile.
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