di
Alessandra Profilio
18-01-2011
La Procura di Sassari ha aperto un'inchiesta per stabilire le cause e le eventuali responsabilità della perdita in mare di migliaia di litri di olio combustibile avvenuta martedì scorso nello scalo industriale di Porto Torres. La Capitaneria afferma che l'emergenza è rientrata ma la sensazione generale è che si tratti di un disastro sottovalutato, più che superato.
Al fine di stabilire le cause e le eventuali responsabilità della perdita in mare di migliaia di litri di olio combustibile avvenuta martedì scorso nello scalo industriale di Porto Torres, la Procura di Sassari ha aperto un'inchiesta. L'ipotesi di reato è di disastro ambientale ma, al momento, non ci sono indagati. Le prime relazioni richieste dalla Procura potrebbero arrivare sul tavolo del sostituto procuratore Paolo Piras entro la fine di questa settimana, al termine degli interrogatori da parte degli uomini della Capitaneria.
Secondo il comandante della Capitaneria di Porto Torres l'emergenza è rientrata e il mare non è contaminato. Eppure, la sensazione generale è che si tratti di un disastro sottovalutato, più che superato.
La marea nera continua infatti ad espandersi: ieri una chiazza di petrolio è stata avvistata anche vicino alla Corsica.
Intanto i cittadini di Sassari e Porto Torres chiedono di poter partecipare alle opere di bonifica delle coste invase dal 'veleno nero'. La mobilitazione dei cittadini è comunque già in atto e, accanto ai comitati che si stanno formando e alla raccolta di firme, c'è chi ha deciso di protestare con un gesto forte e significativo.
Il 16 gennaio, infatti, gli artisti dell'Ex-Q insieme al circolo di Rifondazione Comunista hanno disegnato con le buste di plastica una gigantesca balena spiaggiata sul bagnasciuga del Terzo Pettine di Platamona, simbolo della protesta contro il danno ecologico determinato dalla fuoriuscita di combustibile degli impianti di Fiumesanto.
“La balena non è solo il simbolo dei pesci spazzati via dalla marea nera, ma più in generale di un intero ecosistema gravemente compromesso da una ingiustificabile negligenza della multinazionale E.On”, hanno spiegato gli artefici dell'operazione 'Black fish'.
Decine di chilometri di spiaggia nel sassarese sono stati invasi infatti da cumuli di catrame che, dopo aver ucciso i pesci in mare, si insinuano ora in profondità nella sabbia.
Sotto la sabbia, insieme al petrolio, sembra stia finendo però anche l'intero disastro avvenuto soltanto una settimana fa in Sardegna. La macchia nera, stavolta tutta italiana, non sta infatti sporcando le pagine dei grandi giornali (e telegiornali) che appaiono disinteressati al disastro ambientale.
Il silenzio dei grandi media risulta però assordante per tutti quei cittadini preoccupati per le sorti della loro isola, troppo spesso ricordata soltanto per i 'vip' che lì trascorrono le vacanze estive, e per tutti coloro che vedono umiliato il più grande tesoro dell'Italia: l'ambiente.
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