di
Paolo Ermani
14-11-2011
La nomina a nuovo premier del neosenatore a vita ed ex commissario europeo Mario Monti chiude il ventennio berlusconiano ma rappresenta un ulteriore passo verso il rafforzamento di una politica economica votata alla crescita senza freni "che significa solo dare ancora più soldi e risorse a chi vuole continuare a devastare il Paese e il pianeta per comprarsi il cinquantesimo panfilo. E sono praticamente tutti d'accordo".
Dal cilindro è uscito Mario Monti.
Se mentre fino ad ora c'era comunque un Berlusconi a cui non dava retta quasi più nessuno, inviso addirittura ai mercati e ai mercanti, se non altro perché troppo spudoratamente rivolto ai suoi interessi e soprattutto piaceri, ecco che si profila all'orizzonte il grande timoniere che mette più o meno d'accordo tutti.
Nominato dai mercati e mercanti europei, Monti è visto come l'Arcangelo Gabriele, colui che farà piazza pulita e rimetterà le cose a posto cioè farà qualsiasi cosa per il rilancio dell'economia intesa come crescita, senza farsi distrarre da donnine allegre e addormentarsi durante gli impegni istituzionali. Si profila quindi lo scenario peggiore, cioè dove tutti o quasi sono d'accordo.
Recentemente infatti uno degli aspetti più negativi di questo periodo infausto, non sono stati solo gli infiniti scandali emersi dall'ombra ma anche uno scandalo al sole dove imprenditori e sindacati nel settembre scorso hanno sancito un accordo per agevolare la crescita. Un brivido di terrore è corso lungo la schiena di chiunque ha a cuore le sorti delle persone e dell'ambiente. Imprenditori e sindacati assieme per dire a gran voce che bisogna assolutamente ripartire a tutta velocità. Ma ripartire per fare cosa?
Prendiamo in esame due settori tradizionalmente trainanti dell'economia ai quali l'intero paese si è genuflesso per anni e anni e che ne hanno tragicamente cambiato il volto: l'industria automobilistica e l'edilizia.
Secondo questa Santa Alleanza imprenditori/sindacati per la crescita ripartire significherebbe ad esempio produrre ancora più automobili e farne acquistare sempre di più. L'Italia è già ai vertici mondiali per numero di automobili pro capite con seicento auto ogni mille abitanti e complessivamente abbiamo più veicoli a motore che potenziali conducenti.
Le morti per l'inquinamento in città aumentano, i morti per incidenti stradali sono migliaia all'anno per non parlare dei feriti e dei disabili. Praticamente siamo in una guerra civile quotidiana.
Aumentando poi la diffusione delle automobili si aumentano quei gas serra che determinano i cambiamenti climatici con le relative conseguenze che noi tutti stiamo imparando tristemente a conoscere sempre più da vicino.
Chi comprerà ancora automobili visto che ne siamo sommersi? A chi giova aumentare ulteriormente l'enorme garage dell'ex Bel Paese chiamato Italia? Dove è il benessere, la qualità della vita, la salvaguardia di salute e ambiente in tutto questo?
L'edilizia ci può dare risposte meno negative?
Nel solo periodo che va dal 1990 al 2005 è stata edificata un'area pari a Lazio e Abruzzo assieme, dal 2000 al 2008 le nuove abitazioni costruite sono quasi raddoppiate passando dalle 159.000 alle 287.000 e si continua imperterriti a cementificare con i risultati che tutti abbiamo verificato nelle recenti alluvioni. Non ci vogliono nemmeno più degli esperti per capirlo, ormai pure "il barista sotto casa" ha compreso che la diretta conseguenza della cementificazione è farsi portare via pezzi di paesi e città non appena la natura fa quello che deve fare, cioè semplicemente piovere.
Costruire per cosa poi? Ci sono appartamenti sfitti e case vuote ovunque, schiere di capannoni costruiti e abbandonati, seconde e terze case abitate per un mese l'anno, inumerevoli borghi lasciati in rovina in ogni parte della penisola.
O magari si pensa di rilanciare la moda? L'Italian Style? Ma vendere a chi? Ai cinesi, agli indiani e farli diventare vuoti e superficiali come noi che buttiamo valanghe di soldi in vestiti firmati?
E quando le risorse inizieranno a scarseggiare cosa faremo? Ci mangiamo i jeans di Dolce e Gabbana? Stacchiamo pezzi di parafango, li condiamo con un po' di cemento e cerchiamo di inghiottirli? Eppure si firmano allegramente accordi per incentivare questa politica ed economia del suicidio deliberato.
Mario Monti lavorerà affinché tutti gli impedimenti e le resistenze di ogni tipo, vengano debellati e si proceda a tutta forza verso la direzione della crescita senza freni, che significa solo dare ancora più soldi e risorse a chi vuole continuare a devastare il paese e il pianeta per comprarsi il cinquantesimo panfilo. E sono praticamente tutti d'accordo, tutti allineati, tutti 'responsabili', anche il presunto Obama di Bari della cosiddetta sinistra 'ecologica'. Non vorremo infatti mica essere contro i nostri interessi? Ma sono veramente i nostri interessi o gli interessi di chi ci ha ridotto in questa situazione?
Trovo veramente inaccettabili gli appelli al senso di responsabilità ad unirsi intorno al salvatore della patria che altro non è che un efficiente impiegato nelle mani della BCE e dei nostri alleati europei più forti economicamente, i quali avevano puntato su Berlusconi ma fra un'orgia e l'altra gli è un po' scappato di mano. Adesso vogliono andare sul sicuro e puntano sul cavallo vincente attorno al quale stanno convergendo tutti in nome della salvezza del paese. Salvezza del paese o definitivo affossamento dell'Italia?
Tra l'altro questa adesione ampia e incondizionata pone le basi per avere le mani libere di fronte a chiunque abbia l'ardire di contestare alcunché. Stia attento quindi chi, per esempio, si permette di essere in disaccordo sul fatto che gli buchino montagne e gli distruggano la valle per farci passare inutili treni. Stia attento chi protesta perché non vuole essere cancro-valorizzato da inceneritori vari e inquinato da centrali a carbone e altre simili schifezze.
Tutto ciò di cui si parla in questi giorni in merito all'investitura del nuovo messia dell'economia non ha niente a che vedere con l'economia reale che si basa su tre elementi fondamentali: sole, acqua e terra. Sono i fondamenti della nostra vita, da lì inizia e finisce la vera economia umana, tutto il resto viene eventualmente dopo.
Chi sta al timone, datogli purtroppo da noi, si sta occupando degli elementi base della nostra esistenza? Drammaticamente no.
Di fronte al problema del picco del petrolio che provvedimenti si stanno prendendo? Nessuno.
Di fronte alla conseguente scarsità di cibo che ne deriverà, che provvedimenti si stanno prendendo? Nessuno. Di fronte all'aumento vertiginoso dell'inquinamento e relativi cambiamenti climatici che tipo di provvedimenti seri si stanno prendendo? Nessuno.
Visto che ai piani alti, abitati da destra o sinistra indifferentemente, pensano a come farci acquistare ancora più automobili, cementificare e convincerci a comprare oggetti di cui abbiamo già strapiena la casa, la vera politica da intraprendere è soprattutto a livello locale, perlomeno si ha potenzialmente più il controllo di quello che succede e si cerca di dipendere il meno possibile dalle Merkel, i Sarkozy e i loro impiegati italiani.
Una seria e assennata amministrazione pubblica locale dovrebbe immediatamente incaricare dei neolaureati per studiare e capire come poter approvvigionare di cibo ed energia la popolazione del suo territorio nel breve e medio termine. Il tutto con risorse locali per almeno l'80-90%.
Dopodiché dovrebbe mettere assieme imprenditori, agricoltori, associazioni, cooperative, studenti, cittadini, artigiani e illustrare ad ognuno la situazione e gli interventi da effettuare con la collaborazione di tutti; e orientarsi verso una economia realmente sostenibile e di resilienza in modo da migliorare da subito, sensibilmente, la qualità della vita di ognuno ed affrontare adeguatamente la situazione quando peggiorerà.
Il progetto Transiton Towns sta facendo qualcosa di simile già in diversi paesi, soprattutto della Gran Bretagna, basterebbe ispirarsi un po' a loro. Ci sono alcuni esempi del genere anche in Italia.
Nell'agire in questo modo ci sarebbero solo vantaggi da ogni punto di vista e si trasformerebbe una crisi in opportunità. Questa crisi infatti ci sta dimostrando chiaramente che non si può più continuare a insistere a fare quello che abbiamo fatto fino ad oggi e che evidentemente non funziona. Bisogna quindi invertire la rotta, tra l'altro la posta in palio è la sopravvivenza nostra e dei nostri figli e nipoti, quindi credo ne valga la pena.
Basta con l'economia della devastazione, basta con le Sante Alleanze per una crescita ferale.
Si lavori finalmente per il reale benessere nostro e dell'umanità intera.
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