In Italia le mele sono state acquistate presso le catene Auchan, Carrefour, Lidl e un campione di mele biologiche presso Naturasì. Nella maggior parte dei campioni era presente almeno il residuo di un pesticida: in un campione acquistato presso Lidl sono stati trovati residui di tre pesticidi. La sostanza trovata più frequentemente è il THPI, un metabolita del fungicida captano.
Greenpeace chiede ai supermercati «di abbandonare l’uso di pesticidi pericolosi nella produzione ortofrutticola, incentivando gli agricoltori a preferire pratiche di coltivazione sostenibili».
«Dai campi al piatto, i pesticidi chimici sono una presenza troppo frequente nei nostri alimenti», dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace. «Anche se tutti i residui individuati rientrano nei limiti stabiliti dalle normative, la varietà di sostanze chimiche trovate mostra che nelle coltivazioni convenzionali è pratica comune irrorare i meleti con applicazioni multiple di pesticidi. Tutto questo, insieme alla scarsa conoscenza dei possibili impatti dei “cocktail di pesticidi” sull’ambiente e sulla salute, è fonte di grande preoccupazione. Inoltre non è accettabile che gli agricoltori e le loro famiglie debbano sopportare il carico tossico di questo fallimentare sistema di agricoltura industriale».
Nel complesso, le analisi sui campioni europei hanno permesso di individuare 39 tipi diversi di pesticidi. Solo il 17% delle mele convenzionali testate è risultata priva di residui rilevabili. Alcuni di questi pesticidi sono considerati altamente persistenti e potenzialmente bioaccumulabili: ciò significa che, una volta rilasciati nell’ambiente, si degradano lentamente e possono risalire la catena alimentare accumulandosi in un’ampia varietà di organismi viventi, finendo così per danneggiare l’intero ecosistema.
Le mele analizzate sono state prodotte in Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna e Svizzera e vendute nei supermercati dei rispettivi Paesi d’origine.
«I supermercati devono interrompere questa dipendenza da sostanze tossiche e incoraggiare una progressiva riduzione dei pesticidi nella produzione convenzionale di mele, a partire dai pesticidi più pericolosi, fino alla loro completa eliminazione. I consumatori non vogliono essere responsabili inconsapevoli del degrado dei nostri ecosistemi e i supermercati devono assumersi la responsabilità di ampliare l’offerta di mele coltivate con tecniche che non necessitano di pesticidi, incentivando gli agricoltori ad adottare pratiche di coltivazione ecologiche», conclude Ferrario.
Lo studio di Greenpeace conferma i risultati dell’analisi su campioni di acqua e suolo prelevati all’inizio dell’anno nei meleti europei, che avevano rilevato la presenza si numerose miscele di pesticidi.
Scarica QUI “L’abuso di pesticidi nella produzione europea di mele”