di
Dario Lo Scalzo
30-03-2012
Dopo l’approvazione da parte del Consiglio d’Europa di Bruxelles del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), in questi mesi i parlamenti nazionali sono impegnati a discutere del futuro del Trattato e, di conseguenza, del fondo 'salva-stati'. Ecco come cambia la finanza europea.
Dopo l’approvazione da parte del Consiglio d’Europa di Bruxelles del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), in questi mesi i parlamenti nazionali sono impegnati a discutere del futuro del Trattato e, di conseguenza, del fondo 'salva-stati'. Ricordiamo che l’entrata in vigore del MES è previa ratifica da parte di ogni paese membro della modifica apportata all’art. 136 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Ad oggi il paese vincitore del primo premio per velocità di esecuzione è la Francia che, nell’indifferenza più totale, senza un reale dibattito pubblico e nell’inconsapevolezza dei cittadini francesi, lo scorso 28 Febbraio ha ratificato il MES grazie ai voti del centro-destra (UMP e centristi) e all’astensionismo complice della sinistra (PS e PC) e degli ecologisti-verdi.
Come stupirsene se, insieme al Cancelliere Merkel, Monsieur Sarkozy è stato l’ideatore e lo sponsor di ciò che a più riprese ha avuto il coraggio di definire come un Fondo di Solidarietà? Piuttosto ciò che stupisce e, per alcuni versi rattrista, è assistere alla chute (caduta) di un paese storicamente tra i fondatori della democrazia moderna.
Se i francesi sono stati i primi della classe, la faccenda MES va più a rilento altrove, anche in Germania, dove il Parlamento prevede una votazione non prima di maggio. In Italia il MES fa il suo silenzioso corso e il 23 marzo 2012 il Consiglio dei ministri ha predisposto il disegno di legge di ratifica ed esecuzione che dovrà passare successivamente al vaglio del Parlamento.
La rapidità d’azione auspicata dal Presidente della Commissione europea Barroso e dal Presidente dell’Eurogruppo Juncker, nonché l’importanza data alla costituzione del Fondo salva-stati da tutto l’establishment europeo sembrano inversamente proporzionali al silenzio stampa generalizzato e alla scarsa informazione diffusa in merito alle implicazioni che il MES potrebbe avere sul futuro delle nostre vite e su quelle delle nazioni europee.
Il MES è lontano dall’essere un meccanismo di solidarietà europeo, e, anzi, seguendo il cammino già tracciato e testato dalla Troika in Grecia, sembra rientrare nella strategia di un “aiuto condizionato” a dei criteri definiti e rigidi che non sembrano portare alla liberazione dal debito e dalle crisi e che rischiano invece di sistematizzare negli anni l’austerità delle popolazioni europee.
Al di là delle discutibili modalità con cui intende trovare soluzioni alla crisi europea e che ne fanno una vera e propria struttura nebulosa, inattaccabile giuridicamente e antidemocratica, analizzando con un approccio più finanziario, sembra evidente sin da ora, che il bisogno di finanziamento del MES oltrepassa largamente le sue capacità.
Il Fondo intende darsi una dotazione iniziale di capitale di 700 miliardi di euro, secondo un piano di esborsi pluriennali costituito da capitale da versare (80 miliardi da versare in 5 anni) ed un capitale richiamabile (callable capital, per 620 miliardi, non versato sino a quanto non ci sia la necessità). Il capitale versato dagli Stati membri fungerà da garanzia per permettere al Fondo salva-stati di prendere in prestito sui mercati finanziari per poi prestare a sua volta agli Stati in difficoltà.
Cerchiamo di capire che scenari si aprirebbero qualora entrasse in vigore il MES. Un paese come l’Italia dovrà sborsare, in più tranche e in maniera irrevocabile e incondizionata, circa 126 miliardi di euro ad un Fondo - avente statuto d’istituzione intergovernativa con sede in Lussemburgo - il cui regolamento approvato dagli Stati membri (tra cui l’Italia) vieta al nostro Governo e al Parlamento di controllarne l’utilizzo. Immunità degli attori, inviolabilità dei documenti e scarsa trasparenza compongono il resto del quadretto innescando un’inevitabile cultura del sospetto.
In pieno periodo di recessione e con le differenti criticità che vive oggi il Belpaese, la semplice adesione al MES con l’impegno-ingaggio delle quote da versare e la disponibilità di capitale 'real time' per il Fondo non permetterebbe a nessun governo di mollare la presa sui piani di rigore, sulle riforme restrittive e sui piani di austerità. Se, per di più, domani il MES dovesse “soccorrere” paesi come la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, ma anche la Spagna o l’Italia stessa, non riuscirebbe probabilmente a intervenire con i capitali propri che risulterebbero insufficienti (basti pensare ai maxi-rimborsi sui titoli di stato dei paesi succitati che arrivano a scadenza tra il 2012 e il 2013, centinaia di miliardi).
In tal caso, il Fondo sarebbe costretto a prendere in prestito anche per tre o quattro volte il suo capitale iniziale sui mercati finanziari. È il cane che si morde la coda; per prendere in prestito a tassi d’interesse bassi occorre che il Fondo abbia una buona notazione da parte delle agenzie di rating. Ma gli Stati membri del MES non godono della fiducia delle agenzie e dei mercati e per conseguenza anche il MES riceverebbe un rating sfavorevole.
Questa non è fantascienza, ma la crudele legge della finanza e della speculazione. Del resto, appena alcune settimane fa, in Gennaio, il Fondo europeo EFSF ha perso la tripla A (valutazione S&P) proprio a causa della retrocessione della maggior parte dei paesi europei (ad oggi solo Germania e Olanda mantengono ancora una tripla A).
Con queste premesse e con questi precedenti reali, c’è da chiedersi come, dei paesi con scarsa credibilità internazionale, unendo i propri debiti, non sotto il cappello dell’UE, pensano di riguadagnarla. Come il Fondo salva-stati rimborserebbe il debito, se è costituito da paesi contributori che sono anche debitori in un contesto di rialzo di tassi d’interesse?
Il MES non rischia ancora una volta di fare trionfare le banche che prendendo in prestito all’1% presso la BCE presterebbero al MES a tassi nettamente superiori? E, a sua volta, il MES non finirebbe per prestare agli Stati membri in difficoltà a tassi ancora più onerosi? E questi Stati, ancor più indebitati, in virtù della “rigorosa condizionalità” prevista ed accettata firmando il Trattato, come faranno fronte agli impegni presi per evitare di essere prede del sistema creato?
Ebbene siamo arrivati al capolinea. Persa da tempo la sovranità monetaria, da mesi quella popolare, rischiamo di essere sottomessi a lungo alle esigenze dei mercati finanziari. Questo aberrante circuito che si profila all’orizzonte nella quasi totale innocenza ed ignoranza della gente rischia di avere impatti sociali enormi.
Il rischio che nei prossimi anni il cittadino sia vittima di una successione di piani di austerità sembra elevato. Con il MES probabilmente si va incontro ad una stabilizzazione dell’impoverimento e alla creazione di una nuova solidarietà in versione neoliberista, quelle tra le banche.
Meccanismo Europeo di Stabilità o Meccanismo Europeo di Schiavitù?
Nota
Segnaliamo: sabato 31 marzo la manifestazione Occupyamo Piazza Affari. A MILANO PER NON PAGARE IL DEBITO. Dalla Bocconi a Piazza Affari per chiedere allo Stato di non accettare l’austerity imposta dall’Europa.
LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI SUL MES
Commenti