Le nuove norme diventeranno vincolanti solo dal 2021, ma intanto produttori e importatori dovranno organizzarsi per non arrivare impreparati. La normativa, adottata dal Consiglio d’Europa lo scorso 3 aprile, rende più stringenti i controlli sulle importazioni dei minerali dei conflitti o estratti nei paesi dove si verifica una grave violazione dei diritti umani e rende obbligatoria la tracciabilità dell’intera catena. Minerali come coltan, stagno, tungsteno e oro sono estratti in particolare nella regione dei Grandi Laghi in Africa e nella Repubblica Democratica del Congo (dove si stima vengano sfruttati almeno 40mila bambini). Tali minerali sono parte integrante della nostra vita in quanto componenti fondamentali di cellulari, computer, persino lavatrici.
L’Unione Europea richiederà la tracciabilità per i minerali dei conflitti, quale che sia il paese di origine, senza limitarsi ad alcune regioni dell’Africa. Non mancano però le critiche. Infatti vengono stabiliti quantitativi minimi di importazioni, al di sotto dei quali non vige l’obbligo di tracciabilità. In questo modo i piccoli importatori potranno continuare a non rendere conto delle provenienza dei minerali. Inoltre, il vincolo non riguarda tutti quegli elementi che vengono oggi considerati minerali dei conflitti. Ad esempio restano fuori dall’accordo smeraldi e carbone provenienti dalla Colombia, o rame, giada e rubini estratti a Myanmar. Ma mentre l’Unione Europa intraprende questa strada, negli Stati Uniti sembra invece che ci potranno essere passi indietro. Infatti, con l’annunciata riforma di Wall Street del presidente Trump, potrebbero essere cancellati tutti i controlli sui minerali dei conflitti. Nello specifico, si tratta della cancellazione del Dodd-Frank Act, la legge voluta nel 2010 da Obama che, tra le altre cose, obbliga anche le compagnie statunitensi a tracciare meticolosamente quei minerali rari che stanno alla base di molti conflitti nell’Africa centrale. L’articolo specifico del Dodd-Frank Act era comunque, di fatto, rimasto quasi lettera morta. Un rapporto congiunto di Amnesty International e Global Witness rivelava nel 2015 che quasi l’80% delle società Usa che fanno uso di minerali come coltan, tungsteno, diamanti, oro non è in grado di determinare se i prodotti che vendono contengono minerali provenienti da zone di conflitto in Africa centrale.
A condurre una grande campagna di sensibilizzazione contro l’utilizzo dei minerali “insanguinati” è stata l’associazione “Chiama l’Africa”, il cui presidente Eugenio Melandri sta anche allestendo in Italia una mostra itinerante fotografica dal titolo “Minerali clandestini”, ideata e realizzata da Mario Ghiretti, in collaborazione con Solidarietà-Muungano onlus, Rete Pace per il Congo, Maendeleo Italia, Fondazione Nigrizia, Cipsi, Emmaus Italia, Missione Oggi, con il contributo poetico di Erri De Luca. Possono fare richiesta della mostra scuole, associazioni, enti locali, organizzazioni no profit e anche comuni cittadini, in modo che venga allestita nelle varie città.
Chi è interessato a noleggiare la mostra, può scrivere a chiamafrica@gmail.com oppure chiamare al 0521.314263