Le misure del piacere. Pensieri sul corpo e sulle sue dimensioni

"Il nostro corpo, con tutti i suoi centimetri, è ostaggio di una società che valuta soprattutto ‘a occhio’. Siamo o non siamo una cultura dell’immagine?".

Le misure del piacere. Pensieri sul corpo e sulle sue dimensioni
In un film di Steve McQueen, intitolato Shame, osannato alla Mostra del Cinema di Venezia e consigliato col massimo numero di stelle dai maggiori newspaper americani ed europei, un fragile e glaciale Michael Fassbender cede e resiste e infine sprofonda nella struttura banale ma invincibile della perversione sessuale, che lo costringe a una vita isolata e vuota, priva di relazioni con le persone e con le cose. Oggetto lui stesso tra quelli che considera semplici strumenti di piacere. Nel film si vede bene che l’attore è molto dotato, lo si vede persino nelle inquadrature di spalle. In qualche caso, durante alcune scene, lo si guarda con l’ammirazione e la soggezione che si devono a un atleta, più che a un amante. Colpisce, uscendo dalla sala, che i commenti, un po’ allegri un po’ preoccupati (come spesso accade, il riso denuncia l’imbarazzo), si aggirano intorno all’antico, spinoso problema delle misure: se esse contino davvero. Contino per cosa, mi chiedo, e per chi? A prima vista, quello che si affronta in queste discussioni è il problema della sensibilità maschile messa in crisi dalla bruta materialità femminile. Allora si aprono improvvisi squarci di virile romanticismo e si sviluppano dettagliate teorie su quali fattori costituiscano il rapporto tra due persone che si amano. A uno sguardo più approfondito, però, quello che emerge è il profondo disagio con cui viviamo il nostro corpo, e la difficoltà di farne esperienza al di fuori delle regole imposte dalle convenzioni sociali, e anche al di fuori delle perversioni socialmente riconosciute. Non siamo solo in mano, di fatto, a un’altra persona (che viene percepita come giudice invece che come complice nel ‘crimine di ricerca di felicità’ in cui siamo coinvolti). Il nostro corpo, con tutti i suoi centimetri, è ostaggio di una società che valuta soprattutto ‘a occhio’. Siamo o non siamo una cultura dell’immagine? Abbiamo o non abbiamo prediletto il senso della vista – che è il senso della distanza - a qualsiasi altro? Ci comportiamo o no per la maggior parte del tempo come esseri virtuali? Le domande più importanti da fare, o da porsi, non riguarderebbero purtroppo le misure, di cui nessuno è responsabile più che del colore dei propri occhi. Sarebbero interessate invece alla generosità con cui quelle misure vengono messe a disposizione del piacere e della scoperta; alla pazienza con cui imparano a fidarsi e sorprendere, alla passione che sono in grado di costruire in presenza dell’altro, al senso restituito di una reciproca scelta. Dove nel corpo tutto è misura, nel modo in cui lo abitiamo non ci sono limiti. Su queste domande è più difficile ironizzare, viene meno da ridere. E forse si rischiano figuracce ben più gravi. Credo che per il piacere, come per il cibo, valga quel che sostiene un mio saggio amico: I’ve eaten rich, and I’ve eaten poor, and I’m not sure which is better.

Commenti

veramente... alle donne l'unica cosa che interessa è la dimensione dell'altrui portafoglio.
antonio, 25-01-2012 02:25
antonio, di solito certi tipi di donne le trovi se le vuoi trovare, in certi tipi di posti. Prova a cambiare giri...a meno che a te non piaccia proprio un certo tipo di donna.
laura a., 27-01-2012 09:27

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