di
Andrea Degl'Innocenti
09-05-2012
Sembra che il premier chiamato a risolvere il problema del debito stia fallendo miseramente nel suo intento: una ricerca condotta da Adusbef e Federconsumatori mostra infatti che il debito pubblico italiano sta crescendo a ritmi record. Ma questa, per Mario Monti non è una novità. Basta andare un po' indietro negli anni per scoprire il vizio del debito, il premier l'ha sempre avuto.
Monti e il debito. C'è qualcosa che lega indissolubilmente il nostro premier al debito sovrano del nostro paese. Nonostante questi si lanci in critiche, accuse, moniti; nonostante dipinga il debito come una divinità malvagia da sconfiggere a tutti i costi, al cui altare è necessario sacrificare diritti sociali e di cittadinanza, salute, istruzione e in qualche caso persino la vita, ogniqualvolta egli si trovi in posizioni di potere il mostro prolifera come non mai.
Sono dati di qualche giorno fa quelli raccolti da Adusbef e Federconsumatori, che certificano che il governo Monti detiene record dell’esecutivo che, negli ultimi 15 anni, ha registrato la crescita mensile del debito pubblico maggiore: 15,4 miliardi. Roba da far impallidire persino Berlusconi. Da febbraio 2011 a gennaio 2012 il debito è passato da 1.875,917 euro a 1.935,829, con un aumento di 59,912 miliardi. E continua a crescere. Sotto l'attuale governo, ogni minuto che passa il nostro debito aumenta di 360mila euro. E non è la prima volta che Monti combina scherzi di questo tipo.
Più volte il premier Mario Monti si è mostrato piuttosto duro con i suoi predecessori. Proprio oggi li ha accusati, nientemeno, di avere sulla coscienza l'ondata di suicidi e la carneficina sociale attuali. “Le conseguenze umane” della crisi, ha affermato, “dovrebbero far riflettere chi ha portato l'economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire. Lo stato negativo e per certi versi drammatico dell'economia italiana è figlio di una insufficiente attenzione prestata in passato alle scelte di lungo periodo per le riforme strutturali”.
Giusto. Eppure, se torniamo un po' indietro nel tempo a vedere quali sono stati i governi, prima dell'attuale, a causare una maggiore crescita del debito, vediamo che un altro record spetta a Giulio Andreotti, nel doppio mandato dal 1989 1992. In quel periodo il debito passò da 553 miliardi circa di euro (attualizzati ad oggi) a 799 miliardi. Un incremento di 246 miliardi, il 44,53% in tre anni, fra i record assoluti della storia della Repubblica italiana. Anche volendo confrontare il dato con la relativa crescita del pil, l'aumento resta comunque impressionante, di circa il 13 per cento nel rapporto debito/pil. Ai tempi il ministro del bilancio era Cirino Pomicino, detto 'o ministro. E indovinate chi fu il suo maggiore consulente in ambito economico? Già, proprio il nostro Mario Monti.
Ma non è ancora finita. Torniamo più indietro negli anni, e andiamo al 1981. È l'anno dello storico divorzio fra Tesoro e banca d'Italia. Fino ad allora la banca centrale era obbligata a comprare i buoni emessi dal tesoro, e lo faceva a tassi agevolati. In seguito lo stato fu costretto a mettere le proprie obbligazioni sui mercati finanziari, con interessi che dipendevano dalle leggi del mercato di domanda e di offerta.
Ad ogni modo, proprio in quell'anno ci si trovava a dover decidere le nuove strategie di finanziamento dello stato. Ed ecco rispuntare il nome di Mario Monti, allora giovane e rampante economista. Ecco, di seguito, come ricostruisce la vicenda il Generale Piero Laporta in un articolo per Italia Oggi.
“Nel giugno 1981, una commissione di studio, presieduta da Paolo Baffi, direttore generale di Bankitalia, deliberò di seguire lo schema d'un giovanotto, molto stimato dai Rothschild, tale Mario Monti, il quale propose l'emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e quindicinali, in modo che il rendimento cedolare fosse fissato dal mercato, con scadenze tra i 5 e i 7 anni. Il che, a detta del professorino, garantiva il potere d'acquisto e, secondo gli esiti delle aste, un piccolo rendimento dell'1-2%. Il Tesoro, zufolò Monti, avrebbe avuto da 5 a 7 anni per programmare e finanziare meglio la spesa pubblica.”
Non andò così. Gli interessi sul credito che veniva concesso furono fin da subito enormi, e il deficit italiano balzò immediatamente alle stelle, tanto che si resero necessarie nuove tasse. “Aumentarono tasse e benzina – continua Laporta -, le spese sanitarie sfondarono di mille miliardi di lirette il finanziamento statale”. Un altro disastro insomma.
Eppure, a dispetto del suo curriculum (a dire il vero piuttosto difficile da rintracciare), Monti è chiamato oggi a risanare il debito. E, a dispetto dei risultati passati e presenti (e - è lecito temere – futuri) gode di una stabile maggioranza parlamentare e in molti sono ancora convinti che stia lavorando bene, che i sacrifici da lui richiesti siano necessari e così via.
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