di
Dario Lo Scalzo
30-11-2012
Ogni giorno, in media, muoiono 19.000 bambini. Tassi elevatissimi di mortalità infantile si registrano nei Paesi a basso reddito e in particolare nell’Africa sub-saharianna, nell’Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico. In questo articolo Dario Lo Scalzo propone il punto di vista di Hans Rosling sul problema della sopravvivenza infantile e quello dello stato di povertà, collegandoli allo sviluppo economico-sociale negli ultimi 50 anni ed alla la crescita demografica mondiale.
“La sopravvivenza infantile è il nuovo sogno” (Hans Rosling)
Siamo un puntino nell’universo. Eppure ogni tanto è bene 'geolocalizzarsi' nel pianeta e nel proprio vivere, quantomeno per provare a capire che percorsi abbiamo imboccato, per rivedere in prospettiva gli incroci che ci siamo trovati di fronte o quelli che abbiamo evitato fuggendone.
Scorre la vita e in questa corsa verso traguardi spesso indefinibili capita di restare imbambolati davanti a fenomeni più grandi di noi che quasi sempre ci conducono ad atteggiamenti da 'stop and go'. Ci si ferma, si riflette, si assorbe, si archivia e via. La vita riparte, come prima.
Ma ogni tanto è benefico spolverare l’armadio interno nel quale si sono archiviati gli input, spesso scomodi, che questo mondo ha lanciato di volta in volta durante il sentiero della vita. Rinfrescare la memoria e togliere le ragnatele da quegli angoli bui riempiti da argomenti scottanti, in genere ritenuti affari di altri e invece relativi all’umanità. Sì, ogni tanto non è male rievocare che, guarda un po’, anche noi componiamo l’umanità.
Nell’era dello spread e dei reality show, in questo oggi di oggi, preme ricordare che nel pianeta si stimano circa 635.000 milioni di bambini (maschi e femmine) al di sotto dei cinque anni. Nel 2010 ne sono morti circa 7,6 milioni per malattie prevenibili e/o curabili. E c’è addirittura da felicitarsi visto che nel 1990 i bambini deceduti erano oltre 12 milioni (fonte World Health Organization).
I principali fattori che incidono sui tassi di morbilità sono la fragilità sociale e la dipendenza economica. I Paesi a basso reddito e quelli svantaggiati economicamente hanno tassi elevatissimi di mortalità infantile. Si concentrano principalmente nell’Africa sub-saharianna, nell’Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico. Queste aree geografiche rappresentano il 90% dei decessi mondiali; più del 40% in Nigeria, Repubblica Democratica del Congo ed India.
Ogni giorno, in media, muoiono 19.000 bambini (fonte UNICEF).
Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio definiti dall’ONU mirano a ridurre di due terzi la percentuale di mortalità sotto i cinque anni entro il 2015. Nonostante i progressi significativi, che meritano senz’altro riconoscimento, il 2015 è dietro l’angolo e di certo non tutti i paesi riusciranno a raggiungere la meta fissata.
Ecco, forse, questa è una corsa che si dovrebbe correre tutti uniti e che vale davvero la pena di affrontare fuoriuscendo dalle futili frenesie del nostro quotidiano. È la corsa che troppo spesso si archivia nei meandri più profondi di noi e della quale fingiamo di non conoscerne l’esistenza. È la corsa verso una più concreta equità e verso un mondo realmente più giusto. È la corsa che deve portare al centro la dignità della persona e l’uomo come valore.
Di fronte a guerre, crisi economiche e finanziarie, crolli borsistici, evidentemente portatori di interessi, i potenti del mondo rapidamente si seggono attorno ad un tavolo per disegnare e definire delle contromisure efficaci e repentine.
Oggi, a 53 anni dalla Dichiarazione dei Diritti del Bambino approvata dalle Nazioni Unite, in materia di benessere umano collettivo e di reale progresso sociale, ci troviamo davanti a numeri spaventosi che hanno il sapore dell’incredulità e dell’evanescenza degli atti portati avanti dai governanti mondiali e che accentuano la sensazione di vacuità del nostro vivere.
Ma vi proponiamo una riflessione differente, quella di Hans Rosling che con un approccio creativo, accattivante ed analitico affronta indirettamente il problema della sopravvivenza infantile e quello dello stato di povertà correlandoli con lo sviluppo economico-sociale dell’uomo negli ultimi 50 anni e con la crescita demografica mondiale.
Buona visione
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"Non è perché le cose sono difficili che noi non osiamo, ma è perché non osiamo che loro sono difficili" (Seneca)
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