di
Romina Arena
09-03-2011
Il governo del Bangladesh e la Banca Centrale hanno formalmente allontanato Muhammad Yunus, pioniere del microcredito, dalla Grameen Bank da lui fondata. Un allontanamento che da più parti è stato interpretato come boicottaggio, vera e propria ritorsione politica.
Ci sono notizie che spiazzano per la loro stucchevolezza, altre che disorientano perché non se ne riesce a definire il costrutto logico. Quella che riguarda il premio Nobel Muhammad Yunus, inventore del microcredito ai non bancabili della terra, è una di queste ultime.
Yunus, infatti, è stato di recente cacciato dalla Banca che lui stesso ha fondato, la Grameen Bank. La decisione è stata presa successivamente alle imponenti pressioni fatte dalla Banca centrale del Bangladesh che ha contestato i metodi con i quali Yunus è stato nominato direttore della Grameen, nel 2000. Secondo l’accusa, Yunus avrebbe coperto l’incarico senza il parere preventivo della Banca Centrale.
In realtà, a patrocinare l’allontanamento di Yunus sono stati i ripetuti contrasti tra il premio Nobel e le autorità del Bangladesh, soprattutto con il Primo ministro Skeikh Hasina Wajed. Inizialmente, infatti, era stato il governo stesso, che possiede il 25% della Grameen, ad intimare all’economista di autosospendersi dall’incarico.
Il Ministro delle finanze Abul Maal Muhith Abudl ha avanzato delle riserve sull’opportunità che Yunus rimanga a capo della Grameen e questo non per motivi legati a qualche vizio di forma nella procedura di nomina, ma piuttosto per una pura questione anagrafica. “Troppo vecchio”, ha sostenuto il Ministro settantasettenne. In Bangladesh, la legge sul pensionamento prevede che gli incarichi dirigenziali debbano essere lasciati al raggiungimento del sessantesimo anno di età e Yunus è alla soglia dei 71 anni.
Nel 2010, a gettare benzina sul fuoco e dare man forte ai tentativi del governo di attaccare frontalmente il microcredito è stato anche un documentario realizzato dal giornalista Tom Heinemann nel quale si paventava la possibilità di una gestione irregolare della Banca a proposito di alcuni doni finanziari ricevuti dalla Norvegia e da altri Paesi. Il documentario ha innescato l’apertura di diverse inchieste ad Oslo e Dacca che però hanno scagionato pienamente Yunus e la Grameen.
Dal canto suo, nel frattempo, la Grameen, in accordo con i consulenti legali, ha diffuso una nota nella quale dichiara senza mezze misure che Yunus rimane al suo posto, mentre il professore ha deciso di ricorrere all’Alta Corte di giustizia. Secondo il suo legale, il motivo delle ritorsioni sono di natura prettamente politica e non la violazione della legge.
La matrice di questa pesante campagna di boicottaggio governativo risale al 2007 quando il Paese, in seguito ad un colpo di stato, era retto da una giunta militare ad interim. In quella circostanza Yunus tentò di formare un partito politico dal nome evocativo, Potere del cittadino, che i leader politici e la maggioranza del partito di Hasina Wajed (che è attualmente al governo) non hanno mai visto di buon occhio, considerandolo un avversario troppo competitivo per la corsa al potere.
La battaglia, in realtà, non è altro che lo scontro tra Hasina Wajed e Yunus portata al cuore delle attività cardini di quest’ultimo. Potere del cittadino, infatti, aveva come principale scopo politico la lotta alla corruzione, ovvero l’accusa con la quale Hasina Wajed era stata allontanata dal potere proprio in occasione dei fatti del 2007.
Il Governo non ha mai appoggiato l’idea di fondo del microcredito, ma in dicembre è arrivato addirittura ad affermare, sempre attraverso la feroce Hasina Wajed, che questa attività, e per converso Yunus, succhia il sangue ai poveri e che l’economista gestisce la Grameen come fosse una sua proprietà personale. Del resto l’attività di boicottaggio del Governo non tralascia nulla dall’accusa di irregolarità finanziarie, all’evasione fiscale al sospetto che il microcredito imponga condizioni troppo onerose da sostenere.
Il problema che disturba il sonno delle autorità del Bangladesh (e non soltanto in loro), sin dalla nascita del progetto Grameen Bank, è in verità la sua forte autonomia, il fatto che sia impossibile ricondurre le sue attività agli interessi degli apparati governativi e, perché no, anche il fatto che da sempre rifiuti le proposte di finanziamento provenienti dalla Banca Mondiale.
Un insolente gesto di indipendenza che la Grameeen sintetizza orgogliosamente così: “La Banca Grameeen non ha mai chiesto né accettato denaro dalla Banca mondiale perché non apprezza il suo modo di rapportarsi. Quando la Banca mondiale decide di finanziare un progetto, i suoi consulenti ed esperti finiscono per appropriarsene e non danno tregua finché non l’hanno rielaborato a modo loro. Noi non vogliamo qualcuno interferisca nel modello che abbiamo messo a punto e ci imponga il suo punto di vista”.
Del resto, se ci facciamo caso, nel 2006 Yunus è stato insignito del premio Nobel per la pace, perché dargli quello per l’economia pareva un gesto troppo sfrontato. Una decisione molto discutibile, visto che in fondo Yunus non è Madre Teresa, ma un economista e in quanto tale ha proposto una ricetta (economica) in grado di fornire uno spiraglio di speranza a tutti i dannati della terra.
Ma con tutto il suo strascico di dubbi è una decisione del tutto in linea con gli orientamenti economici mondiali nei quali 'i poveri' sono solo uno strumento per concepire progetti di aiuto che hanno come scopo quello di veicolare il denaro verso i governi, con questa agghiacciante logica: “Di solito, i fondi servono a costruire strade, ponti e altre infrastrutture, che si presume andranno ad aiutare i poveri ‘a lunga scadenza’. Ma sulla lunga scadenza si ha ampiamente il tempo di morire, e degli aiuti i poveri non vedono neanche il colore”.
Commenti