FIERI è oggi già uno spazio in cui i cittadini possono recarsi per smaltire gli oggetti che non utilizzano più, sapendo che lì diventeranno qualcosa di nuovo, un’officina di creatività e un piccolo negozio a metà tra un rigattiere e uno shop di design.
Le tredici associazioni e cooperative sociali che lo hanno costituito hanno inteso creare un patrimonio culturale che si intrecci con il sapere artigianale. Sono anche in fase di attivazione i laboratori in cui si potrà imparare a riparare e riciclare vari tipi di materiali per creare oggetti belli e funzionali da materie che non si utilizzano più.
All’interno di FIERI trovano un’opportunità di lavoro sia i giovani catanesi appassionati di riuso, artigianato e innovazione sia i migranti.
Ora questa realtà cerca di strutturarsi e di aprirsi a una vocazione imprenditoriale che mantenga una dimensione sociale. FIERi diventerà infatti un’ officina di creatività e un piccolo negozio a metà tra un rigattiere e uno shop di design. Ma per ristrutturare il casolare che ospiterà tutte le attività occorre denaro ed è per questo che il gruppo ha avviato una raccolta fondi, con il supporto di Banca Etica e Arci.
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Si tratta di un progetto definito “esemplare”, che la Fondazione con il Sud ha anche selezionato all’interno della propria Iniziativa Immigrazione, un bando del 2014.
Collaborano poi Mani Tese Sicilia e Rifiuti Zero, realtà associative che promuovono da tempo la cultura dell’ecologia e della sostenibilità e che avevano già, in passato, avanzato al Comune richiesta di locali per la realizzazione di un centro di riuso.
Partecipano anche Officina Zero Nove, impegnata a diffondere la cultura della bicicletta anche mediante il restauro, la riparazione e la creazione di questi strumenti di mobilità e la cooperativa Al Revès con la sua esperienza di sartoria sociale e di sostegno all’imprenditorialità.
Il Comitato territoriale dell’Arci fa da capofila ma ci sono anche altri circoli Arci, ognuno con la sua specificità, che da tempo si occupano di immigrazione e di riciclo creativo.
L’Association des Immigrants Mauriciens de la Province de Catane è l’Organizzazione di Immigrati partner del progetto, mentre altre associazioni contribuiscono con competenze formative di carattere trasversale, tra cui quelle relative al teatro sociale con persone disabili (Mettiamoci in gioco) e alla gestione delle officine (Risorti Migranti).
La Fabbrica Interculturale Ecosostenibile del Riuso sarà, dunque, innanzi tutto uno spazio fisico dove realizzare laboratori di formazione tecnica: sartoria, riparazione biciclette, falegnameria e restauro del legno, riparazione apparecchiature elettriche e elettroniche, eco-bijoux, serigrafia, saponificazione. Anche migranti portatori di conoscenze tecniche e culturali metteranno a disposizione le proprie competenze “nell’ottica della peer education”.
Previsti inoltre laboratori finalizzati allo sviluppo della persona, dai corsi di lingua al teatro sociale, dall’educazione alla cittadinanza attiva a percorsi di ‘auto-imprenditorialià’. Con un’attenzione ai “bisogni” dell’impresa, per “rendere sostenibile sul mercato la produzione e commercializzazione dei prodotti dell’upcycling”.
Oltre alle opportunità di lavoro temporaneo all’interno (cooperativa sociale) è prevista una mediazione verso attività esterne, con un accompagnamento all’inserimento lavorativo realizzato in particolare da un altro partner, Cooperativa Prospettiva.
L’inserimento lavorativo ha l'ulteriore scopo di ridurre il numero di stranieri sfruttati nel lavoro sommerso e di quelli, spesso i più giovani, coinvolti in attività criminali.
Beneficiari del progetto saranno anche donne, minori stranieri non accompagnati in prossimità del compimento del diciottesimo anno d’età e disabili fisici e/o psichici.
Oltre che un presidio permanente di accoglienza, integrazione e dialogo interculturale, quello che sta nascendo nella nostra città anche è un’esperienza pilota di contrasto al degrado urbano ed ambientale.
Lo spazio fisico per la realizzazione di tutto ciò è stato offerto dal partner istituzionale, il Comune, che ha concesso una struttura in comodato d’uso per nove anni, rinnovabili per altri nove. Un comodato gratuito, a condizione che vengano effettuati i lavori di ristrutturazione dell’edificio, situato in via Palermo, un bene comune che verrà così recuperato e restituito alla città.
Un impegno oneroso quello della ristrutturazione, visto che per i lavori, già in corso, serviranno circa 100.000 euro, quasi la metà della somma finanziata dalla Fondazione, che si aggira sui 220.000 euro. Si tratta dell’80% del costo complessivo del progetto, stimato in 280.000 euro. Il restante 20%, deve essere cofinanziato dai partner.
Ecco perchè è partito il crowdfunding, la raccolta si chiude il 15 febbraio: QUI per contribuire