di
Rachele Malavasi
26-12-2012
Al loro arrivo in Perù nel 1533 gli spagnoli hanno portato con sé la tradizione del Natale che a poco a poco i peruviani sono riusciti a rendere propria. Oltre alle leggende, ai presepi, ai balli e ai canti, però, purtroppo i conquistatori spagnoli hanno portato anche la corrida, che a Lima viene organizzata proprio durante il periodo natalizio.
Prima del 1533 i peruviani non conoscevano il Natale. Arrivò in quell’anno con la conquista da parte degli Spagnoli, per cui il primo contatto con la festa non fu dei migliori.
La prima celebrazione, risalente al 1535, non poteva certo vedere i peruviani già spiritualmente partecipi, ma nemmeno riuscì a portare un po’ di festa al popolo oppresso, visto che il vino era molto costoso ed utilizzato quasi esclusivamente per curare gravi malattie, mentre lo zucchero era talmente scarso che non si potevano preparare dolci.
Il Natale in Perù (ed in tutta l’America Latina) è dunque una festa importata, ma i peruviani, all’inizio costretti ad accettarla, riuscirono col passare del tempo a renderla propria… Betlemme divenne il monte Apu, un monte venerato perchè ritenuto la casa degli dei protettori, mentre il nome di Gesù Bambino venne sostituito con Manuelito o Tayta Dio (Dio Bambino), che per i peruviani aveva un suono più intimo, accogliente.
La carnagione di Manuelito divenne più ambrata ed i tratti somatici simili a quelli peruviani.
Così le tradizioni sono mutate, adattandosi a questo meraviglioso popolo. Oggi la sera di Natale si cena con tutta la famiglia, si prega e si suonano l’arpa o il clavicembalo, che accompagnano balli scatenati o soft.
I peruviani costruiscono presepi ricchissimi e meravigliosi!
I personaggi ed il paesaggio vengono intagliati nel legno dai bravissimi artigiani Quechua, che utilizzano una tecnica di intaglio molto antica. I personaggi e le case vengono poi abbelliti con stoffe e pietra di Huamanga (il cosiddetto marmo del Perù, di colore girgio o rosa).
Gli artisti non modellano solo la classica natività con bue ed asinello, ma tutta una serie di nuovi personaggi. Alcuni provengono dalla storia cristiana, come i Re Magi (accompagnati da lama recanti oro e argento, niente mirra) e una miriade di personaggi biblici rappresentati nei loro momenti più caratterizzanti: Noè sull’Arca, gli Ebrei in fuga dall’Egitto, il sacrificio di Abramo; altri derivano dalla tradizione locale: la venditrice di tamales (piatto tipico del Natale peruviano, composto da mais, ricotta, uova e spezie cotte al vapore in una foglia di granturco), quella di gelsomini, la stiratrice di pannolini e molti altri.
Il 6 gennaio queste splendide opere d’arte vengono esposte al pubblico: chi entra in una casa a visitare il presepe beve con i padroni di casa un buon bicchiere di rinfrescante Chicha de Jora (a base di frumento fermentato delle Ande).
La rappresentazione della natività viene vista in Perù in maniera molto solenne: i balli di Natale ad esempio non hanno luogo nella stessa stanza in cui è stato allestito il presepe.
Ma le innovazioni della tradizione peruviana non finiscono nel presepe.
Col tempo sono nate numerosissime leggende riguardanti i “Manueliti”, per cui quasi ogni luogo ha un suo Dio Bambino personale da festeggiare.
La leggenda del Bambino Perso di Huancavelica, ad esempio, parla del Dio Bambino protettore della Valle di Ica, scomparso e poi ritrovato a Huancavelica.
Da questa leggenda è nato un rituale che dura due giorni: il primo giorno un gruppo di ballerini simula la scomparsa, accompagnato da asini, cavalli e distribuzione di prodotti locali. I ballerini danzano lungo le strade del paese, mentre una donna li segue portando in braccio un bambino, ed un Ambasciatore legge ad ogni angolo un proclama dei Re Magi che cercano il bambino.
Il secondo giorno si assiste alla vera processione, in cui i partecipanti indossano pantaloni bianchi, un cappello di paglia, portano un campanello ed un fazzoletto. Non è una processione triste, ma tutti cantano allegri in onore del Bambino Perso.
Un altro rito molto celebrato è quello del Bambino Velakuy (lett: Bambino su cui si veglia). La celebrazione dura dal 25 dicembre al 2 febbraio, giorno della “Mamacha Candelaria”, in cui il Bambino riceverà la visita di ballerini mascherati dai rappresentanti di ogni casta di lavoratori.
Ma una delle feste più seguite è quella del Bambino di Andahuaylas, celebrata da tre villaggi: Talavera il 25 dicembre, Andahuaylas il primo gennaio (ed è la data più importante) e San Jeronimo il 6 gennaio.
Purtroppo i conquistatori spagnoli non hanno portato solo la bella (seppur non autoctona) tradizione natalizia: ogni anno ormai a Lima è tradizione organizzare, durante le feste di Natale, una corrida. A questa segue una processione con a capo un’enorme statua della Vergine Maria su un piedistallo d’argento, come a volerle dedicare la corrida, di cui forse la Vergine avrebbe fatto volentieri a meno.
Il Natale è arrivato persino nel cuore della foresta: il 24 dicembre gli Ashaninka, indigeni dell’Amazzonia, siedono attorno ad un falò acceso dai più giovani della comunità, mangiando minestre con cacciagione e bevendo il masato (succo di yucca masticato e fermentato). Canti di amicizia accompagnano la festa.