Trivellazioni, il naufragio della piattaforma russa riapre il dibattito

È di 16 morti e 37 dispersi il bilancio provvisorio del naufragio di una piattaforma petrolifera avvenuto il 18 dicembre scorso nel mare di Okhotsk, al largo dell'isola di Sakhalin, in estremo oriente russo. Per ora si esclude che ci sia stato sversamento di petrolio in mare. Le autorità russe hanno intanto annunciato l'apertura di un'inchiesta sulla tragedia che riapre il dibattito attorno al mercato delle trivellazioni.

Trivellazioni, il naufragio della piattaforma russa riapre il dibattito
È di 16 morti e 37 dispersi il bilancio provvisorio del naufragio di una piattaforma petrolifera avvenuto il 18 dicembre scorso nel mare di Okhotsk, al largo dell'isola di Sakhalin, in estremo oriente russo. Per ora si esclude che ci sia stato sversamento di petrolio in mare. Le speranze che le persone disperse possano essere sopravvissute in mare sono alquanto deboli: le condizioni meteo sono state tutta la notte proibitive, con forti venti e temperature fino a 17 gradi sotto lo zero. Il timore, dunque, è che il bilancio finale possa essere di gran lunga superiore ai quaranta morti. Costruita in Finlandia nel 1985, la piattaforma Kolskaia è stata rimorchiata tra i ghiacci verso l'isola di Sakhalin, ignorando le norme sulla sicurezza e le pessime condizioni meteo. Secondo il quotidiano Kommersant, circa metà delle 67 persone a bordo non era autorizzata ad essere presente durante lo spostamento: la normativa lo consente soltanto al capitano e a una minima parte dell'equipaggio. Quando tutti hanno indossato l'equipaggiamento di sopravvivenza in attesa di elicotteri che non sono mai arrivati, la piattaforma ha iniziato ad inclinarsi. Il proprietario Iuri Melikhov dichiara invece di aver ottenuto tutte le autorizzazioni e ha sostenuto il buono stato della piattaforma. Quest'ultima, ad ogni modo, è sprofondata sott'acqua sollevando un'ondata di polemiche anche sull'attività di quella piattaforma, che da settembre aveva lavorato in nome di Gazprom in una zona controversa del mare di Okhotsk. Le autorità russe hanno ora annunciato l'apertura di un'inchiesta: violazioni delle norme di sicurezza e pessime condizioni meteo potrebbero essere all'origine della tragedia. Il naufragio della piattaforma Kolskaia conferma gli allarmi delle associazioni ambientaliste sulla pericolosità delle trivellazioni petrolifere e gasiere offshore nel grande nord russo e nell'Artico. La situazione climatica rende infatti proibitive le operazioni nonché le condizioni di lavoro e di intervento rapido sui luoghi dove si verificano le catastrofi. I pericoli, inoltre, non riguardano soltanto le piattaforme petrolifere, ma anche la flotta di rompighiaccio nucleari che le serve e le sposta. Il 16 dicembre scorso, solo due giorni prima del naufragio della Kolaskaia, è scoppiato un incendio a bordo del rompighiaccio nucleare russo Vaygach, che ha causato la morte di due persone. Al di là delle tragedie isolate, in una sua inchiesta Associated Press racconta che annualmente i versamenti di petrolio in territorio russo equivalgano all’1% della produzione totale nazionale, per un ammontare di circa 5 milioni di tonnellate. Le perdite di petrolio sarebbero dovute alle condizioni climatiche limite caratteristiche delle zone più a nord della Russia, nonché alla presenza di infrastrutture ormai obsolete. Tali perdite di petrolio, che spesso rimangono nel silenzio, provocano nel territorio russo gravi danni ambientali, contaminando le acque ed i terreni, distruggendo la vegetazione e privando gli animali del loro habitat.

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