Dalle neuroscienze alla filosofia, la ricerca sul tema della felicità abbraccia diverse discipline e teorie ognuna delle quali ha tentato di spiegare, da punti di vista differenti, l'origine e l'essenza della gioia.
La ricerca sul tema della felicità ama associare diverse discipline e teorie, l’abbiamo visto: tale è il caso anche delle scienze 'cognitive - emotive' che in questo campo s’incrociano con la filosofia [1].
Tra queste, la teoria dei due cervelli [2] che afferma che le emozioni e le sensazioni di gioia, di amore e compassione sono localizzate in una determinata area della neocorteccia, la stessa che viene stimolata nello stato di meditazione profonda.
Questa scoperta è fondamentale per coloro che, come noi, sperimentano nuove pratiche educative: ne concludiamo che, aprendosi ad un altro livello di realtà, è possibile quindi accedere ad uno stato di profonda pace che può essere raggiunto per esempio attraverso metodi di educazione alla non violenza [3].
La gioia e l'attitudine alla pace scaturiscono dunque dalla stessa fonte nell’essere?
I neuropsicologi Beauregard e Damasio, tentano di rispondere a questa domanda in particolare attraverso l'osservazione degli stati e delle emozioni più complesse, come la trance mistica o l’esperienza della compassione, ed arrivano a delle conclusioni che li demarcano dai loro predecessori. Per Beauregard (che si basa su di un test effettuato su delle monache carmelitane in stato di meditazione), infatti non esiste una regione specifica del cervello che si attiva nel corso dell’esperienza mistica. In altre parole, non c'è un 'modulo di Dio' nel cervello [4].
Ai fini di questo articolo ci pare importante ritenere la conclusione di ordine più filosofico (che si potrebbe definire d’immanentismo spinoziano) a cui arriva Damasio [5]: data la capacità dell’essere umano di produrre, pensare e agire sulle sue emozioni, è dall’incontro tra emozioni e cervello razionale che scaturisce la coscienza.
I filosofi della gioia: da Spinoza a Sri Aurobindo
“L'amore che tende verso una cosa eterna e infinita, nutre l'anima di pura gioia, una gioia esente da tristezza” [6], dice Spinoza (1632 - 1677), il cui chiaro pensiero continua ad ispirare i filosofi moderni [7]. Per lui, la filosofia è l'amore della verità e l'amore è la verità della gioia: il suo scopo consiste nella creazione di un’etica della felicità e della libertà.
Spinoza conferisce alla gioia un posto centrale, come transizione da uno stato di minore perfezione ad una perfezione superiore, legato alla realizzazione del desiderio (conatus), la condizione di potere e forza dell’uomo. Nella sua Etica egli qualifica la gioia di affetto (sentimento o passione che pervade tutto il corpo, oggetto dello Spirito), di transitio (perché è instabile, in divenire) e d’Amore (una gioia non amante sarebbe una gioia ignorante).
Si tratta, come afferma, “di tutto amare nell’eterna necessità del tutto che è Dio”, secondo un'etica dell’amore che non è l'eros di Platone, ma piuttosto la philia di Aristotele o Epicuro, l'agapè di Gesù o di San Paolo.
Questo concetto ci orienta verso le tradizioni spirituali e religiose dell'umanità, demarcandosi però dal loro carattere trascendentale. Per il cristianesimo in particolare la gioia è uno stato di risveglio che potrà essere raggiunto solo in una dimensione non terrestre, nel “Regno della Gioia” dove l'eterna alleanza tra Dio e l'uomo è ripristinata [8]. Essa conferisce potere ad una realtà 'superiore', mentre secondo la visione immanente, tutta la realtà è generata dalla Natura.
Ugualmente in contrasto con la visione trascendente, l'ideologia materialista ridà all'uomo tutta la sua libertà d'azione. Dal punto di vista dell’educazione laica, positivista, la gioia deriva principalmente dalla libertà di imparare (fondamento della corrente educativa francese dell’Education Nouvelle o della pedagogia Montessoriana, per esempio) dove il bambino è libero di agire, creare, osservare e capire confrontandosi con gli altri.
Il principio della libertà ha ugualmente influenzato uno dei pochi educatori contemporanei ad aver lavorato sulla questione della gioia a scuola, George Snyders, che basa il suo approccio su una visione marxista. Per lui, la scuola è il teatro del cambiamento sociale, il luogo della gioia “proporzionale agli sforzi e agli obblighi” [9]. Per studiare i capolavori letterari o scientifici, “dobbiamo soffrire, resistere” [10]; attraverso questo sacrificio, gli studenti scopriranno la gioia nell’amore per lo stile e potranno quindi contribuire al progresso dell'umanità.
Note
1. Definito come un misto di serotonina, la noradrenalina e la dopamina secreta dal cervello.
2. Sperry W. Roger 'Mind-brain interaction: mentalism, yes; dualism, no' in Neurosciences, 5: 195-206. Smith, A.D., Llanas R. and Kostyuk P.G., Commentaries in Neurosciences, Pergamon Press, Oxford, 1980.
3. Barbier René, 'L'éducateur et le sacré' in Journal des chercheurs, 18 aprile 2003
4. Beauregard Mario, O’Leary Denise, Du cerveau à Dieu : plaidoyer d’un neuroscientifique pour l’existence de l’âme, Guy Trédaniel, Parigi, 2008
5. Damasio A.R., Looking for Spinoza: Joy, Sorrow, and the Feeling Brain, Harcourt, 2003
6. Spinoza Baruch, Traité de la réforme de l’entendement, Vrin, 1992
7. Per esempio i francesi Gilles Deleuze, Robert Misrahi, Bruno Giuliani, Nicolas Go, …
8. Nel Vangelo di Luca, chiamato il 'Vangelo della gioia'.
9. Snyders Georges, La joie à l’école, PUF, 1986
10. Snyders Georges, Lecarme Philippe, 'Des grandes œuvres pour tous', Cahiers pédagogiques n°402, Ed. Cercle de Recherche et d'Action Pédagogiques.
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