di
Andrea Degl'Innocenti
26-01-2012
Un gruppo di blogger si è riunito per lanciare un'interessante iniziativa che mira alla reintroduzione di una legge, ispirata al Glass-Steagall act, che separi l'attività delle banche commerciali da quella delle banche d'affari. In modo che i cittadini non siano più costretti ad assumersi il rischio del fallimento degli istituti di credito.
Nell'attuale stato di cose si moltiplicano le iniziative mirate ad un cambiamento del sistema economico e sociale. Oggi vi parliamo di No Big Banks, una proposta interessante che giunge da un gruppo di blogger appassionati di politica ed economia.
La chiave attorno a cui ruota la proposta è la reintroduzione del Glass-Steagall act, o di uno standard simile. In cosa consiste? Si tratta di una legge varata nel 1933 dal presidente americano Franklin D. Roosevelt, che divideva le banche in due categorie: le classiche banche commerciali, che avevano il compito fondamentale di prestare soldi (allo stato, ai cittadini ecc.) e quelle d'investimento, le cosiddette banche d'affari, che invece potevano investire e speculare sui mercati di capitali.
Leggi simili esistevano, fino a non molto tempo fa in quasi tutto il mondo occidentale. Era un modo per garantire maggiore stabilità agli istituti di credito pensati per finanziare l'economia reale, e lasciare che ad investire e rischiare fossero soggetti diversi.
Se una banca d'affari falliva a nessuno stato sarebbe venuto in mente di salvarla. Essa infatti non avrebbe generato alcun effetto domino sui cittadini e sulle casse statali, e sarebbe stata costretta ad assumersi tutti i rischi delle proprie operazioni.
Ma questa legge, e le sue simili, furono abolite nel tempo. Negli Stati Uniti a farlo fu proprio una banca. Citicorp, la seconda banca più grande degli Usa, si fuse nel 1998 con la compagnia assicurativa Travelers Group, dando vita a Citigroup. Una banca commerciale che si fondeva con un ente speculativo: un'operazione vietata dal Glass-Steagall act.
Ma questo non frenò la fusione. Al contrario, un anno dopo, Bill Clinton, amico dell'amministratore delegato di Citigroup Sandy Weil, e di un altro manager, Robert Rubin, che ricopriva il ruolo di segretario al Tesoro del suo governo – approvò il Gramm-Leach-Bliley Act, che di fatto annullava ogni distinzione fra banche e rendeva possibile a qualsiasi soggetto la speculazione finanziaria.
In Italia la distinzione era stata annullata ben sei anni prima, nel 1993, con la introduzione del Testo unico bancario che annullava la legge del 1936. Adesso, se una grande banca fallisce lo stato è praticamente costretto a intervenire, dunque il rischio delle speculazioni finanziarie ricade tutto sulle spalle dei cittadini.
Il gruppo No Big Banks, dalle pagine virtuali del suo blog, lancia l'idea di reintrodurre una legge simile alla Glass-Steagall di modo da porre freno alla speculazione degli istituti di credito sulla nostra pelle.
Inoltre affianca all'iniziativa una seconda proposta, correlata: quella di vietare i derivati sul debito pubblico, ovvero impedire che il debito sia soggetto a speculazioni da parte di banche e hedge funds, che ne determinano tassi d'interesse altissimi.
Sono proposte circostanziate e interessanti, quelle avanzate dal gruppo online. Il rischio in questi casi è che, nonostante la bontà dei contenuti, esse si vadano a perdere nella marea di iniziative che fioriscono ogni giorno sul web.
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