Robert Edwards, 'padre' di più di 4 milioni di bambini in provetta ha appena ricevuto il premio Nobel per la Medicina per i suoi studi sulla fecondazione in vitro. In Italia, tra le perplessità dei movimenti pro-life e i riconoscimenti della comunità scientifica, si riapre la querelle sulla legge 40.
"Avere un bambino è la gioia più grande". Con queste parole il neo Nobel per la Medicina Robert Edwards ha risposto alle accuse e alle critiche che gli sono state mosse negli ultimi trent'anni per la sua scoperta. Lo scienziato britannico che nel 1986, insieme a Steptoe, introdusse la tecnica Fivet (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer), ha reso possibile fino ad oggi la nascita di 4 milioni di bambini in coppie con problemi di fertilità.
La 'sua' prima bimba, Louise Brown, il 14 luglio del 2008 ha compiuto trent'anni. A festeggiare con lei anche altre persone nate dopo con la fecondazione in vitro, e poi suo figlio Cameron, concepito in maniera naturale.
Edwards ricorda ancora il momento del primo traguardo, "Non me lo dimenticherò mai: ho guardato nel microscopio e ho visto qualcosa di strano tra le colture: era un blastocita umano che mi stava guardando. Allora ho pensato: ce l'abbiamo fatta". All'epoca si scatenò una polemica tra le chiese cristiane e i medici che sostenevano che la fecondazione artificiale non avrebbe mai avuto un seguito.
Oggi, mentre il resto del mondo plaude lo scienziato che ha trovato un rimedio all'infertilità, che colpisce circa il 10 per cento delle coppie nel mondo, in Italia il Nobel suscita una catena di perplessità. È nel Vaticano e nei cosiddetti 'movimenti per la vita', che l'assegnazione del premio trova un muro di indignazione. "Ritengo che la scelta di Edwards sia completamente fuori luogo, i motivi di perplessità non sono pochi" ha commentato il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Ignacio Carrasco de Paula, che accusa il biologo di essere causa del "mercato degli ovociti", degli embrioni abbandonati che "finiranno per morire" e dello "stato confusionale della procreazione assistita, con figli nati da nonne o mamme in affitto".
Secondo Severino Antinori, presidente dell'Associazione mondiale della medicina riproduttiva, e Rita Levi Montalcini, accademica dei Lincei e a sua volta Nobel per la Medicina nel 1986, invece, il riconoscimento allo scienziato britannico è più che meritato.
Intanto, si riapre inevitabilmente la querelle sulla tanto discussa legge 40 che in Italia regola la fecondazione assistita mettendo un freno alle sperimentazioni mediche sulla fecondazione in vitro e lasciando ancora una volta la maggior parte dei prezzi da pagare al corpo delle donne.
Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, ha chiesto esplicitamente di aprire una discussione a proposito: "Quando Louise Brown nacque si parlò di scandalo, di procedura non etica e contro natura, sebbene la metodica utilizzata fosse relativamente semplice rispetto alle tecniche attuali. Oggi le tecniche per la fecondazione artificiale sono numerose e consolidate in diversi Paesi esteri e vi si ricorre non solo per problemi di infertilità all'interno di una coppia, ma anche per evitare la trasmissione di malattie genetiche dai genitori al figlio. Perché in uno Stato laico non dovrebbe essere normale, avendo lo stesso obiettivo, la diagnosi preimpianto?".
Una questione sicuramente delicata quella che si riapre oggi. Non ci resta che sperare che la discussione sulla legge 40 trovi presto una conclusione intelligente.
SEC. e CB.