Non ho pregiudizi contro gli stranieri e i fiori mi piacciono. Poiché ho la fortuna di abitare in campagna, sulla credenza e davanti alle foto dei miei morti ci sono sempre fiori freschi raccolti nel campo o in giardino. Apprezzo quando qualche gentile amico viene in visita con una piantina in vaso o un mazzo di fiori comperati dal fiorista. Apprezzo il gesto eppure mi si stringe il cuore; perché so che quella piantina, scelta anche perché ben confezionata e infiocchettata, è il risultato di sofferenze, saccheggi, distruzione di terre, fiumi, laghi e comunità umane. E che i soldi spesi per acquistarla riempiono le tasche e danno sempre più potere agli aguzzini e vandali che hanno prodotto tutto ciò.
E’ in Africa che si coltivano la maggior parte di fiori e piante che ci regaliamo. Li coltivano gli olandesi, perché terre, acqua, tasse, operai in Olanda costano di più. Invece in Etiopia, da cui partono per tutto il mondo rose e altri fiori di ogni genere, il salario di un’operaia delle serre non arriva a venti dollari al mese; la terra per le serre il governo l’affitta per qualche centinaio di dollari l’anno, dopo aver deportato gli abitanti che ci vivevano coltivandola e facendoci pascolare i loro animali; le tasse non si pagano; l’acqua è gratis e si possono svuotare e/o avvelenare fiumi e laghi impunemente; l’uso dei pesticidi non ha regole né limiti; la protezione degli operai dai pesticidi non esiste e, se la popolazione si ribella, l’esercito di questa novella democrazia in rapido sviluppo spara senza risparmio sulla folla, poi, dopo aver fatto qualche decina o centinaia di morti (nell’agosto 2016 cento uccisi in un giorno solo mentre manifestavano contro la rapina delle loro terre), imprigiona e tortura.
L’Etiopia è un nuovo Eldorado del capitalismo globale. Persino il sito del nostro Ministero degli Affari Esteri elenca le opportunità di guadagni per i nostri cosiddetti “imprenditori”.
All’arrembaggio! L’Etiopia è finalmente una “democrazia”, di quelle che piacciono all’imperialismo globale: un governo corrotto, che distrugge il proprio popolo e il proprio paese per fare gli interessi dei predoni del capitalismo globale, avere così il loro sostegno e riempirsi le tasche svendendo terre e acque. Le cosiddette “istituzioni internazionali” progettano il tutto. Soldi della Banca Mondiale per fare le dighe. Soldi che, mentre indebitano l’Etiopia, entrano nelle casse della Salini-Impregilo (inquisita in media una volta all’anno in inchieste di mafia e corruzione ma del resto i soldi son soldi e le mafie ormai sono multinazionali come le altre) per schiaffare cemento a milioni di tonnellate lungo il corso del fiume Omo, fiume che dava da vivere a centinaia di migliaia di etiopi, di quelli che non aumentano l’effetto serra e custodiscono invece la terra e le sue creature: contadini veri, popoli della foresta, piccoli allevatori. Adesso morti o deportati in baraccopoli disumane. Nel dicembre del 2012 un intero villaggio del popolo Suri nella valle dell’Omo fu distrutto, 147 abitanti uccisi dall’esercito, massacrati donne e bambini che fuggivano nella foresta. Perché si opponevano alla costruzione della diga GIBE III e agli interessi di tutti quegli “investitori” (non sarebbe più opportuno chiamarli “predatori”?) stranieri.
Naturalmente, questo massacro non sarà addebitato alla Salini-Impregilo né alla Banca Mondiale da nessun tribunale. Del resto è solo uno tra i tanti che avvengono in nome dello sviluppo nell’Etiopia che cresce, in tutta l’Africa e non solo. Soldi della Banca Mondiale che vanno, in forma di acqua per irrigare, al milione di ettari di ortaggi e frutti che gli Arabo Sauditi coltivano in Etiopia; ai trentamila ettari di mais e palme da olio dell’italiana Fri-El Green Power che coltiva laggiù vegetali da bruciare nella centrale di Acerra (davvero “verde” questa azienda), e che paga di affitto per ogni ettaro di terra due euri e cinquanta all’anno (ogni ettaro sono diecimila metri quadri, ricordate?). E, infine, acqua per le serre degli olandesi: per le nostre rose o gerbere o violette africane, per le nostre orchidee e stelle di natale. Per quei bei fiori che sembrano di plastica anche se sono veri, e conviene sapere perché.
Primo, perché la quantità di pesticidi che hanno assimilato li ha pressoché mummificati: ricevono fino a ottanta trattamenti di veleni chimico-sintetici prima di venire spediti qua e là per il mondo; secondo, perché viaggiano in camion frigoriferi, navi frigoriferi, aerei frigoriferi, con un surplus di inquinamento da spreco energetico, oltre a quello del trasporto, e così mantengono la mummificazione da pesticidi. Ma tutti quei trattamenti velenosi, che rendono i fiori e le piante etiopolandesi pericolosi rifiuti tossici, le donne etiopi che lavorano nelle serre li subiscono centinaia, migliaia di volte nel corso della loro vita lavorativa. Che non deve essere lunga, è un vero peccato che loro non si mummifichino come le rose. Alcune diventano cieche, molte diventano sterili, altre si ammalano di cancro; però gli olandesi “imprenditori” hanno costruito una clinica, per curarle lontano da occhi indiscreti. E questo ha fatto “meritare” all’azienda olandese Sher il marchio Fair Trade. Commercio equo? In che senso? Per il compratore che paga una miseria il frutto, o meglio il fiore, di tanti soprusi, disastri e sofferenze? Equo per i fiumi, i laghi, le foreste etiopi, un tempo paradiso di biodiversità e di pacifica vita umana, ora distrutti o ridotti a cloache dove tutto muore malamente? Equo per le operaie etiopi, un tempo contadine libere e ora sorvegliate da guardie armate?
Vergogna, che anche un marchio che dovrebbe garantire equità nel commercio sia diventato un mezzo di lucro e di inganno.
C’è di che sentirsi impotenti di fronte a una tale rete globale di interessi predatori e potere criminale, costruita in pochi decenni da rapinatori privi di ogni scrupolo e morale come sono oggi i capitalisti. Ma il sentimento di sconfitta è la prima causa della sconfitta. Abbiamo armi potenti anche noi: siamo l’esercito dei consumatori, il loro esercito. Disertiamo. Cominciamo col non acquistare più i fiori delle multinazionali olandesi. I vivai ci sono anche in Italia e, se non abbiamo modo di controllare da dove venga la pianta che vogliamo regalare o regalarci, semplicemente non acquistiamola. Forse una piantina di salvia, rosmarino, menta o maggiorana può essere altrettanto gradita. Ma non limitiamoci a questo: diventiamo propagandisti del non-consumo, del boicottaggio di questi prodotti; informiamo, passiamo parola, comunichiamo a tutti e a chiunque ciò che è nascosto dietro i fiori e le piante che distruggono l’Africa. Non lo faranno i mediaservi, tocca alle persone di buona volontà cambiare il mondo.
… Fuori dai tuoi abiti forestieri, impuro straniero,
sentiti parte del grande capolavoro
cammina in pace, cammina solo, cammina eretto
cammina libero, cammina nudo
lascia che le antenne della tua madre terra
ti carezzino i piedi nudi… (Tsegaye Gabre Medhin)