Tornando a casa una sera dall'ufficio, Claudio rimane colpito da un tramonto che, d'improvviso, lo pone davanti a mille domande: il senso di una vita passata a realizzare i sogni degli altri e a soddisfare aspettative che non sono mai state le sue. Così decide di partire per un viaggio lungo 1000 giorni senza mai prendere un aereo. In pullman, a piedi, in nave per recuperare la lentezza del viaggio, quella necessaria a percepire e conoscere i luoghi e le persone che si incontrano ma anche a guardarsi dentro. La storia di Claudio, affetto da diabete, è anche un messaggio a chi pensa di non poter neppure osare di superare le proprie paure e le proprie fragilità. Nel 2017 esce il suo libro, L'orizzonte, ogni giorno, un po' più in là, edito da Sperling & Kupfer, a metà tra il romanzo e il diario di viaggio.
Ne parliamo con l'autore.
Qual è stata la molla che ti ha fatto decidere di intraprendere questo viaggio?
E' stato un tramonto. Ero in treno mentre tornavo a casa. Lavoravo in banca da oltre dieci anni ed ero vicedirettore di filiale. Un giorno tornando da Milano in treno, guardando il tramonto al di là del finestrino, ho capito che non ne potevo più di fare quella vita. Ho capito che stavo vivendo le aspettative degli altri: della famiglia, della società, ma non stavo di certo vivendo i miei sogni e le mie passioni. Mi sono reso conto di essere falso verso me stesso e ho deciso così di prendere in mano la mia vita. Ho tirato fuori il mio sogno nel cassetto: fare il giro del mondo. In quel momento ero completamente indipendente, non avevo una relazione né un animale domestico e così ho deciso di partire.
Come sei arrivato a scegliere di lavorare in banca?
Da ragazzo non sapevo cosa fare della mia vita e mi sono iscritto a Economia, mi sono laureato e poi sono partito per l'Australia per 10 mesi. Sono partito con lo zaino in spalla e senza sapere davvero cosa avrei voluto fare. Mi piaceva questo modello di viaggio e ho viaggiato così anche durante la mia attività lavorativa. Passavo le mie ferie viaggiando, specialmente in Asia. Avevo quindi già questo sogno. Tutti mi dicevano che avrei dovuto fare dei viaggi il mio lavoro ma, in realtà, non volevo lavorare in un'agenzia o fare il Tour Operator. Io volevo viaggiare. Ho provato a realizzarlo e ce l'ho fatta.
Come hanno preso la tua decisione in ufficio?
Non avevo detto niente a nessuno e l'avevo accennato solo alla mia famiglia e ai miei amici. Anche perché potevano esserci ritorsioni e ho preferito non dire niente. Sono andato a parlare col mio capo e gli ho detto che avrei rassegnato le mie dimissioni. Non ho preso aspettative o altro. Qualcuno ha provato a convincermi a rimanere ma sostanzialmente pensavano che lasciassi quella banca per un'offerta più vantaggiosa di un altro istituto bancario. Quando hanno capito che lasciavo tutto per fare il giro del mondo non hanno potuto dirmi niente.
E la famiglia?
All'inizio non hanno capito ma poi quando hanno visto che ciò che facevo mi rendeva felice, mi hanno appoggiato.
Qual era inizialmente il tuo programma di viaggio?
Sapevo che volevo iniziare dall'Australia e dal Sud asiatico. Avevo studiato la fattibilità di determinate frontiere più che l'itinerario. Tutto l'itinerario preparato è saltato dopo sei mesi per un problema che ho avuto con i trasporti e ho dovuto quindi riprogrammarlo strada facendo.
Hai viaggiato da solo?
Sono partito da solo ma ho condiviso il mio viaggio con molte persone.
Come ti sei sostenuto durante il viaggio?
Avevo programmato di fare un viaggio di 1000 giorni con 15 euro al giorno e quindi 15000 euro totali. Non ero affatto pieno di soldi come molti pensano. Ho fatto molti lavori durante il viaggio: dal receptionist al bracciante agricolo.
L'idea del libro come ti è venuta?
Durante un viaggio in nave ho iniziato a scrivere una sorta di diario che poi si è trasformato in un romanzo.
Come ti sei spostato?
Non ho usato l'aereo. Mi sono mosso con navi private e mercantili (ho fatto in questo modo tre tratte: la prima per andare in Australia, poi dall'Australia per il Canada e, infine, dal Brasile al Senegal), in treno, in autobus e a piedi.
Perché la scelta di non viaggiare in aereo?
Sono stato ispirato da Un indovino mi disse, un libro di Tiziano Terzani. Volevo un viaggio diverso e introspettivo e avevo bisogno di lentezza. Volevo scoprire luoghi che normalmente non vengono toccati dai tragitti tradizionali.
Convivi con il diabete da molti anni. Come ti sei organizzato durante il viaggio?
Mi sono portato delle scorte di insulina ma non mi sono bastate. Molti amici mi hanno raggiunto durante il viaggio per venirmi a trovare e trascorrere un po' di tempo insieme. Gli chiedevo di portarmi dell'insulina. Mi è capitato di rimanere senza in Argentina e ho contattato un gruppo di diabetici su Facebook. Mi hanno invitato a parlare della mia esperienza e mi hanno regalato in cambio delle fiale di insulina. Nulla è precluso, basta informarsi.
Ci sono stati momenti in cui hai avuto paura?
Sì, certo. La paura è fondamentale. La paura ci aiuta a prendere le decisioni più giuste. Chi non ha paura è un incosciente e prima o poi la paga. Ho convissuto con le mie paure e le ho affrontate e poi gestite. La mia paura più grande era che succedesse qualcosa a casa mentre ero lontano. E' morto mio padre mentre ero in viaggio. Sono tornato a casa. Avevo appena attraversato la frontiera con la Birmania, una delle più difficili. Ho ricevuto un messaggio della mia famiglia e sono tornato a casa. Pochi giorni dopo il funerale sono ritornato e ho continuato il mio viaggio.
Qual è la cosa più interessante che hai visto?
Sicuramente i tramonti, le dune, i ghiacciai della Patagonia e tantissime altre cose mi hanno impressionato. In Nepal ho fatto un'esperienza in un orfanotrofio che mi ha colpito moltissimo.
Di cosa parla il libro?
E' un libro in cui tutti si possono ritrovare. Non cito mai il nome del protagonista proprio perché potrebbe essere chiunque. E' un viaggio all'interno del genere umano e di se stessi in cui il mondo fa da sfondo. E' un libro scritto interamente in viaggio.
Adesso cosa fai?
Adesso ho fatto dei viaggi il mio lavoro e ho realizzato il mio sogno. Organizzo viaggi di tipo esperenziale. Ho chiamato il mio progetto Backpackers Academy. Ad esempio ho portato recentemente un gruppo di ragazzi a seguire in Marocco le migrazioni di una famiglia berbera. Riesco a fare queste cose perché nel mio viaggio ho preso contatti con le persone locali. Sto cercando di portare un gruppo in Nepal dove i ragazzi dell'orfanotrofio in cui ho lavorato ci faranno da guide. Ho la possibilità di viaggiare e accumulare materiale per documentari. Sto scrivendo, inoltre, un secondo libro. Sto facendo il lavoro più bello del mondo ed era quello che volevo fare.
Vuoi dire qualcosa a chi non ha ancora trovato il modo di seguire i propri sogni?
Credo sia importante fermarsi un momento a riflettere, ad essere sinceri verso se stessi e porsi le domande importanti. La mia più importante fu se ero felice e come avrei potuto essere felice nella vita. La conseguenza è stata, poi, il giro del mondo ma non vuol dire assolutamente che sia questo per tutti. Il mio messaggio è: interrogatevi, siate sinceri verso voi stessi e seguite soprattutto il vostro cuore e le vostre passioni.