di
Virginia Greco
11-01-2011
Un connubio di tecnologia ed innovazione architettonica rende il Nuovo Rifugio Monte Rosa, struttura turistica montana, campione di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica. Materiali ecocompatibili, pannelli solari e termodinamici, controllo integrato, massima autonomia per acqua ed energia. Queste le principali caratteristiche dell'edificio montano.
Quest’anno le splendide vette del Monte Rosa offrono agli amanti della montagna un’opportunità di vacanza ecosostenibile. La scorsa primavera è stato infatti inaugurato il Neue Monte Rosa Hutte, un grande rifugio dall’architettura spettacolare che si distingue per risparmio energetico e ottimizzazione dell’uso delle risorse.
Dall’esterno si presenta come un cristallo di roccia multisfaccettato e brillante (per riflessione della luce). Costruito in sostituzione di un vecchio rifugio tradizionale, oltre ad essere ampio ed esteticamente bello, esso è soprattutto un concentrato di tecnologia avanguardistica, posta al servizio dell’ambiente.
Il progetto, concepito nel 2003, è stato sviluppato dall’EPFZ (École Polytechnique fédérale) di Zurigo in collaborazione con il Club Alpino Svizzero e l’Università di Lucerna.
Si tratta di un edificio di cinque piani, saldato alla roccia da profonde fondamenta in acciaio; la struttura poliedrica non regolare (che segue moderni dettami stilistici) è rivestita da un involucro metallico mentre all’interno è stato fatto largo uso di legno, soprattutto per ricreare l’atmosfera calda ed accogliente di un rifugio montano.
Secondo i dati forniti dagli autori del progetto, il Nuovo Rifugio Monte Rosa emetterà tre volte meno gas serra per pernottamento rispetto a quello ivi collocato in precedenza e sarà quasi del tutto autonomo.
Il 90% dell’energia richiesta è ricavata dal sole, infatti la facciata sud è completamente coperta da pannelli solari e fotovoltaici. L’energia in eccesso viene accumulata in batterie, così da poter essere impiegata durante la notte e nei giorni di cielo più coperto. Quella supplementare (o a cui ricorrere in caso di emergenza) sarà fornita da una centrale a cogenerazione.
Il tutto è controllato da centraline che, sulla base di dati relativi al periodo dell’anno, alle condizioni climatiche e al numero di turisti presenti nella struttura, gestiscono la regolazione della temperatura degli ambienti e dell’acqua, nonché il funzionamento dei dispositivi elettrici ed elettronici, al fine di garantire sempre la massima efficienza e il minor spreco di risorse.
Il gas necessario per l’alimentazione delle cucine è invece rifornito periodicamente tramite elicottero. Anche riguardo a questo, però, in futuro potrebbero essere proposte soluzioni alternative.
L’approvvigionamento d’acqua è basato sull’uso della neve e dei ghiacciai circostanti. Una riserva viene raccolta nel periodo estivo e immagazzinata in cisterne (sotterranee), nelle quali è mantenuta a temperatura non troppo bassa, così da garantire la presenza di acqua corrente (cioè, quindi, allo stato liquido) anche nei periodi di maggior freddo.
Tutte le apparecchiature sono concepite in modo tale da limitare l’uso di acqua e di energia e i liquidi reflui recuperabili sono impiegati per gli sciacquoni.
Da sottolineare è il fatto che la sostenibilità del progetto si estende anche al di là dei confini temporali dell’attività del rifugio. Infatti, prima di tutto, già in fase di costruzione il cantiere è stato realizzato in modo tale da ridurre l’impatto ambientale delle operazioni e dei trasporti. Per altro, per velocizzare le operazioni di messa in posa, la maggior parte delle strutture sono state prefabbricate (utilizzando moderni macchinari a controllo digitale) e poi installate sul luogo.
Non solo, i materiali impiegati sono in larga parte riciclabili o facilmente smaltibili e non emettono nell’atmosfera o nel suolo sostanze nocive.
Se l’attenzione all’ambiente è stata il motore del progetto e il fulcro intorno al quale l’edificio è stato sviluppato, il team di ingegneri e architetti che ha concepito il rifugio non ha trascurato l’estetica e la cura dei dettagli stilistici.
Al piano terra è collocata un’ampia sala da pranzo, divisa in varie aree raccolte e nicchie dalle quali, grazie ad enormi finestre collocate lungo tutta la facciata, è possibile ammirare lo spettacolare panorama alpino. L’edificio campeggia, infatti, su una spianata a 2883 metri d’altezza, tra i ghiacciai del Gren, del Gornez e del Monte Rosa, nel cuore di un paesaggio montano quiete e incontaminato.
Le finestre si arrampicano anche ai piani successivi intorno alle scale che, snodandosi come un serpente lungo la parte esterna dell’edificio, permettono agli avventori di godere di molteplici e meravigliosi punti di vista. Molto più sobri invece gli infissi delle stanze che punteggiano qua e là le pareti: piccoli e apribili, consentono di riprodurre il carattere da baita che ci si aspetta da un rifugio di montagna.
Con questo cocktail ben bilanciato di modernità e tradizione, il rifugio ha le carte in regola per soddisfare esigenze tanto di comfort e piacere, quanto di sostenibilità ed ecologismo. Per tali meriti, nel 2009 il progetto ha vinto l’Holcim Award (Bronze Europe), premio internazionale volto a riconoscere il valore di edifici di nuova concezione che siano in grado di conciliare attenzione all’ambiente, innovazione e valore economico.
Il costo dell’edificio è stato di 5,7 milioni di franchi svizzeri (ossia circa 4,6 milioni di euro) per una capienza massima di 120 ospiti. Numerosi sponsor svizzeri hanno sostenuto economicamente il progetto. L’edificio, ormai consegnato al suo destino di struttura turistica, resta comunque base per studi universitari su domotica, efficienza energetica ed autonomia. Del resto la ricerca in tal campo è nel pieno del suo sviluppo e le aspettative sono alte.
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