di
Andrea Degl'Innocenti
18-01-2012
Il decreto liberalizzazioni del governo prevede, fra le altre cose, l'obbligo di privatizzazione per i servizi pubblici locali, fra cui quello idrico. Un vero e proprio furto di diritti e di democrazia, cui si ribella il 'popolo dell'acqua', che stasera sarà di fronte a Montecitorio per un presidio. Proseguono intanto la raccolta firme per l'appello 'Giù le mani dall'acqua e dalla democrazia' e la campagna di "obbedienza civile" per eliminare in bolletta la voce relativa alla remunerazione del capitale investito.
È un furto di diritti, quello che stanno compiendo sotto i nostri occhi, senza che ce ne accorgiamo. Col pretesto della crisi, la scusa dell'austerità, il ricatto dei mercati, ci stanno togliendo ciò che dopo tanti anni ci eravamo riconquistati, con un magnifico atto di democrazia: l'acqua.
Oggi, alle 16,30, in piazza Montecitorio, il Forum italiano dei movimenti per l'acqua ha indetto un presidio per far rispettare l'esito dei referendum. Al centro delle proteste è il decreto liberalizzazioni che il governo Monti si appresta a varare nella giornata di domani, ed in particolare due articoli del provvedimento - il 19 ed il 20 - che attaccano direttamente i servizi pubblici locali, protetti dai quesiti referendari.
L'articolo 19 ha un titolo piuttosto eloquente: “Privatizzazione dei servizi pubblici locali”. In pratica prevede che le amministrazioni comunali cedano progressivamente a privati quote sempre maggiori dei servizi che gestiscono. Un sistema molto simile a quello previsto dal “pacchetto anti-crisi” varato da Berlusconi in agosto, che a sua volta riproponeva elementi della legge Ronchi-Fitto abrogati dal referendum.
Ma passiamo oltre. È l'articolo 20 quello in più aperto contrasto con gli esiti referendari. Esso impedisce la gestione pubblica dell'acqua e degli altri servizi pubblici locali. Già, non avete letto male, “impedisce”. Come fa? Semplicemente eliminando la possibilità di creare enti di diritto pubblico, come aziende speciali o consorzi, per la gestione dei servizi “di rilevanza economica generale”.
“È un attacco diretto al modello Napoli, per fermarlo in quel caso, e perché non si moltiplichi sul territorio nazionale quell’esperienza” commentano dal Forum. Quindi oggi tutti a Montecitorio, per chiedere al governo dei professori di fare marcia indietro su un decreto che offende la democrazia e la cittadinanza e che “prevede un attacco diretto alle aziende speciali, ovvero la forma di gestione pubblica che da sempre i movimenti perseguono per garantire la ripubblicizzazione dell’acqua e la partecipazione dei cittadini”.
Intanto prosegue con successo la campagna "Giù le mani dall'acqua e dalla democrazia", in cui si chiede “al governo Monti di interrompere da subito la strada intrapresa, […] a tutti i partiti, a tutte le forze sociali e sindacali di prendere immediata posizione per il rispetto del voto democratico del popolo italiano”. Le firme raccolte hanno superato rapidamente quota 20mila ed ora viaggiano per le 30mila. Per sottoscrivere l'appello basta inserire il proprio nome e cognome nel form online che trovate nella pagina dedicata sul sito del Forum italiano dei movimenti per l'Acqua.
“Per anni hanno detto 'privato è bello' – si legge nel comunicato diffuso dal Forum a sostegno della campagna - ora, non potendo più affermarlo, ci dicono che 'il privato è obbligatorio'”. Già. Per anni ci hanno anche insegnato che la filosofia liberale mette al primo posto della propria agenda la libertà di scelta da parte dei cittadini. Questo fin quando i cittadini, con alle spalle anni e anni di monopolio pubblico, potendo decidere, optavano per l'iniziativa privata. Poi un giorno, nella più completa libertà, gli stessi cittadini hanno deciso di tornare alla gestione pubblica dei beni comuni. Ed ecco che la loro imprescindibile libertà è diventata d'improvviso secondaria.
Dal 1 gennaio, poi, è partita in tutta Italia anche una campagna più specifica, incentrata sul secondo quesito referendario. Si chiama “Campagna di obbedienza civile” ed è mirata ad eliminare dalle bollette dell'acqua la voce relativa alla remunerazione del capitale investito.
Prima del 20 luglio 2011 (data in cui è stata sancita ufficialmente la vittoria referendaria e l'abrogazione delle norme oggetto della consultazione) i gestori potevano inserire in bolletta una voce relativa alla remunerazione del capitale investito. Tale remunerazione era pari al 7 per cento dell'investimento, ma poteva “pesare” sul computo totale della bolletta anche fino al 10-20 per cento.
Il secondo quesito referendario l'ha ufficialmente abrogata. Ma, non casualmente, nessun gestore fino ad ora vi ha rinunciato. Ciò che propone la campagna di obbedienza civile è di pagare le bollette relative ai periodi successivi al 21 luglio 2011, applicando una riduzione pari alla componente della “remunerazione del capitale investito”.
“È stata chiamata di 'obbedienza civile' – si legge nel comunicato - perché non si tratta di 'disubbidire' ad una legge ingiusta, ma di 'obbedire' alle leggi in vigore, così come modificate dagli esiti referendari”.
La campagna sta partendo proprio in questi giorni. Ad Arezzo e nella zona dell'Ato 4 è partita già da un mese e sta dando i primi risultati, con oltre mille famiglie che hanno aderito all'iniziativa. Nel resto d'Italia è iniziata ufficialmente dal 1 gennaio. I vari comuni si stanno organizzando per allestire degli sportelli informativi aperti al pubblico, in cui si illustreranno ai cittadini i passi da seguire per scorporare dalla bolletta il profitto dei privati.
A Roma è già attivo uno sportello informativo al Rialto Sant'Ambrogio, sede del Forum italiano dei movimenti per l'acqua, aperto il lunedì dalle 18 alle 20 e il martedì dalle 10 alle 12, ma l'intenzione è quella di aprire a breve uno sportello per ciascun municipio.
Inoltre, a livello nazionale, tutte le informazioni necessarie alla procedura (diversa da gestore a gestore) saranno rese disponibili entro pochi giorni sul sito www.obbedienzacivile.it.
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