L'Italia approfitta dell'approvazione delle nuove regole Ue sulle procedure di autorizzazione per la commercializzazione di alimenti e mangimi geneticamente modificati per chiedere alla Commissione europea di effettuare una nuova valutazione del mais Monsanto 810 e di sospendere, nel frattempo, la messa a coltura del mais transgenico in tutta Europa.
A dare la notizia è stato il ministro delle Politiche agricole Mario Catania: l'Italia ha chiesto alla Commissione europea, tramite il ministro della Salute Renato Balduzzi, di effettuare una nuova valutazione completa circa la sicurezza del mais Monsanto 810 e di sospendere, in attesa dei risultati, l'autorizzazione alla messa in coltura delle sementi transgeniche in Italia e nel resto dell'Unione europea.
Il mais oggetto della richiesta è lo stesso prodotto che la Corte di Giustizia europea ha autorizzato a distribuire anche in Italia, dopo un lungo contenzioso tra la Pioneer Hl Bred Italia srl e il ministero delle Politiche agricole, che ne bloccava da anni l'accesso - nonostante fosse già stato autorizzato da Bruxelles e iscritto nel catalogo comune Ue - in assenza di norme che regolassero la coesistenza tra semi Ogm e tradizionali. A settembre il tribunale Ue ha dato ragione all'azienda biotech e l'allarme si è fatto più acuto con l'apertura di una nuova causa, che punta a sdoganare, dopo la commercializzazione, anche la messa a coltura del mais transgenico sul territorio italiano.
A creare l'occasione per la richiesta italiana è stato, invece, il nuovo regolamento Ue sull'autorizzazione degli alimenti e dei mangimi transgenici, che impone alla aziende biotech di sperimentare i nuovi prodotti Ogm per novanta giorni sui topi, attenendosi a un protocollo predisposto dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), prima di chiederne la commercializzazione nel mercato unico comunitario.
Le nuove regole, che dovrebbero entrare in vigore tra aprile e maggio, con un periodo di adattamento di sei mesi per le aziende del settore, in realtà non sono esenti da critiche, sia per l'affidamento alla sperimentazione su animali non umani, che per la durata limitata dei test, insufficiente - secondo la Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica (Firab) - per trarre conclusioni circa gli effetti sulla salute del consumo di Ogm. Per la Firab, infatti "la predisposizione a patologie croniche da Ogm aumenta con l'invecchiamento", quindi una valutazione rigorosa dovrebbe coprire l'intero ciclo di vita o comunque un arco di tempo più significativo.
L'obiettivo dell'Italia è quello di sottoporre anche il mais Mon810 alla nuova procedura, bloccandone la diffusione fino a che i test non avranno provato la sua sicurezza. Una richiesta che difficilmente verrà accolta, dato che l'ultima valutazione risale a un anno fa e non ha convinto l'Efsa a retrocedere sul mais transgenico, ma che è stata accolta positivamene da molte organizzazioni attive nel settore agroalimentare, da Slow Food alla Coldiretti, fino alla Cia-Confederazione italiana agricoltori, nella misura in cui ha raccolto le sollecitazioni che vengono dai consumatori e dagli agricoltori contrari agli organismi geneticamente modificati e interessati a difendere le peculiarità agricole del territorio italiano.
Ma soprattutto, questo primo passo potrebbe aprire la strada all'unica mossa che l'Italia può giocare in sede europea per bloccare gli Ogm: l'attivazione della clausola di salvaguardia, che permette a un paese membro di limitare o vietare temporaneamente l'uso o la vendita di un prodotto Ogm se ritiene che rappresenti un rischio per la salute o per l'ambiente. Anche questa già sollecitata, con una raccolta firme, dai cittadini.
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