Fino a tre-quattro anni fa il problema maggiore dopo l'andamento della borsa e la vita riproduttiva dei politici era il terrorismo di matrice islamica. Poi i media hanno preso atto che il terrorismo, come sistema di diffusione della paura, ha fallito, nonostante le Torri Gemelle, il Bataclan, e tanti altri eventi per me indimenticabili e tremendi (direi oltre ogni limite umano pensabile)...
Ho addirittura saputo di ex terroristi che fanno i giornalisti, il che la dice lunga sul potere dei media.
Addestrati fin da bambini, prima coi cartoni animati, poi con le serie televisive come CSI, piene di morti e cadaveri, il terrorismo, alla fine, poco ha fatto.
Siamo vaccinati (sic) sin da piccoli di un vaccino efficacissimo.
Scene indimenticabili e scioccanti di disperazione e morte vengono archiviate dalla nostra mente esattamente come accade per un film: ce le portiamo dentro da sempre.
I media non riuscivano più a innescare quel meccanismo di attenzione assoluta che rapisce l'essere umano quando percepisce qualcosa di nuovo e diverso.
In pochi hanno realmente letto Manzoni o Camus quando raccontano della peste, ancora meno Marquez che narra della peste dell'insonnia che tutto fa dimenticare.
Con la pandemia, invece, per i media boccheggianti perchè anche la catastrofe climatica non aveva piu' presa, è stato tutto diverso.
Fiutata l'opportunità di una diretta continua hanno fatto cartello, per usare un temine caro agli economisti, cercando di servire l'establishment (anch'esso in continua ricerca di autoaffermazione e sistemi di sopravvivenza).
I Media, stavolta, si sono impossessati correttamente dei meccanismi della comunicazione dell'emergenza e non hanno fallito usando i tecnici (gli unici ritenuti credibili dalla popolazione) in modo così azzeccato da venirne, a loro volta, rapiti.
Le tv ora sono il regno dei camici bianchi, purchè siano funzionali alla creazione di un perdurante e diffuso sistema divisivo, dove chiaramente siano individuabili buoni e cattivi. Con la pandemia non serviva far vedere morti in nessun modo (contrariamente a ogni logica sono state vietate addirittura le autopsie), bastava (e ancora basta) evocarli.
Cosa c'è di meglio per chi lavora da sempre con le parole nella costruzione dell'effimero assoluto?
I virologi e i primari, con le loro voci flautate, inizialmente erano schivi, non erano abituati a interviste e question time, la scienza non si mischia al pollaio (dicevano), ma il pollaio alla fine ha dimostrato che "a scendere tutti i santi aiutano".
Gli "scienziati" hanno capito che avrebbero goduto di una fama insperata, di una gloria senza limiti e ora sgomitano pur di accaparrarsi qualche secondo sui media, a partire dalla TV (che doveva scomparire).
Con le chiusure imposte per legge, i bollettini sull'andamento dei contagi (molto piu' efficaci di un bollettino giornaliero per i gran lunga maggiori morti di incidente stradale o di tumore, come se certe morti valessero piu' di altre, nonostante la loro diffusione "democratica" sul territorio), non c'è programma di intrattenimento che non faccia sfoggio di un ospite (sottratto alla solitudine di un laboratorio o alla durezza della corsia) che in modo continuativo ripete il solito mantra, nella migliore tradizione della goccia cinese.
Se ci pensate i media hanno guarito il mondo dal terrorismo semplicemente non parlandone piu', facendoci precipitare nell'abisso pandemico, molto piu' efficace perchè diffuso. Aiutandolo, laddove necessario, nella sua autoreplicazione infinita perchè le maschere d'ossigeno sono molto piu' efficaci di un mitra, il concetto di "intubato" lascia il segno (finchè non ci abitueremo anche a questo come ci siamo abituati ai tumori ed agli incidenti stradali) nell'immaginario collettivo perchè è molto (veramente molto) piu' pervasivo di qualsiasi strage: si diffonde con l'aria e s'aggancia alla paura ancestrale di soffocare.
Non bisogna scomodare Goebbels e la sua strategia comunicativa per vedere come i media, in grandissima parte nati servi, alla caccia continua di notizie pur di sopravvivere abbiano smesso definitivamente di fare informazione in questa effimera vampata di interesse della popolazione.
Poverini, non si rendono conto che sono in una bolla, sono la bolla.
I Talk show, fuori moda e desueti, sono tornati nei focolari durante le chiusure e stanno cercando disperatamente di radicarsi di nuovo. Convinti di aver trovato la cura per recuperare spazio nella vita delle famiglie dispensando scienza da bar e consigli da frate indovino.
Sono convinti che, applicando uno dei principi della comunicazione ovvero "individua un nemico o un argomento che siano polarizzanti e divisivi", possano cavalcare l'onda per tempi infiniti.
Ma anche lo Tsunami piu' violento prima o poi si ritira, lasciando morte e disperazione, ma si ritira.
Non ci sono differenze con quanto accaduto in passato, cambiano (di poco) le modalità, i mezzi, ma le dinamiche sono sempre le stesse. In fondo i media sono, come ogni azienda, quelli che pretendono di fabbricare la nostra visione del mondo, come le industrie automobilistiche fabbricano auto e i tessili producono abbigliamento. Non ci sono differenze: oggi vanno di moda le Nike nere e domani le Puma blu, oggi la vodka domani il limoncello... Oggi si parla di pandemia, domani di inquinamento, dopodomani di viaggi spaziali. Tutto nasce già dimenticato.
Speriamo solo che le creatività di questi anni di pandemia non lascino cicatrici troppo profonde prima di essere dimenticate come accade per ogni teleimbonitore, e per i giornalisti di cui, in genere, a meno che non scoprano un watergate o non abbiano il coraggio di Assange (ancora incredibilmente vivo) o dei martiri come (Alpi, Galizia e tantissimi altri), non ricordiamo nemmeno il nome nè il volto, siamo troppo impegnati a crogiolarci nelle notizie prima che vengano dimenticate.
L'elemento fondamentale, ripeto fondamentale, di tutto quanto stiamo vivendo, soprattutto in Italia è che non ci sono limiti, se i media riescono a creare il giusto clima non ci sono limiti alle violazioni di diritti, allo stravolgimento di visioni e valori: si va oltre ad ogni umana comprensione.
C'è di buono che, come si fa con uno tsunami, si cerca una zona rialzata, il piu' possibile rialzata, si osserva la devastazione mentre accade, si scende a valle solo quando si è certi che l'onda di fango e detriti abbia finito la sua corsa e le acque si sono ritirate. Ci si rimbocca le maniche e, come ogni contadino che va a visitare la vigna dopo la grandinata, si cacciano indietro le lacrime e si prosegue a lavorare.
Il messaggio di oggi è:
Che ci fa un criceto in mezzo al mare senza lo smartphone?
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