di
Matteo Marini
08-06-2012
La politica oltre Grillo: Rivalta di Torino e i cittadini che si impegnano in prima persona. Ne parliamo con Mauro Marinari, neo eletto sindaco di Rivalta, che sostenuto da 4 liste civiche ha ottenuto al ballottaggio il 51% dei consensi. La sua ricetta? "Dare ascolto alle istanze dei cittadini, e avere i piedi ben piantati nella realtà".
Grillo, grillini, Movimento 5 Stelle. Queste sono ormai le tre parole che ricorrono nel dibattito pubblico quando si parla di “alternativa alla politica”, soprattutto in riferimento al sistema partitocratico che – a vedere gli ultimi sondaggi – è sull’orlo del baratro. Ma siamo sicuri che sia solo il ‘grillismo’, l’unica via d’uscita per non turarsi il naso? Il Comune di Rivalta di Torino è un esempio di una politica estranea anche al partito a 5 Stelle, che viene dato al terzo posto nei sondaggi. In questa cittadina di 19 mila abitanti, Mauro Marinari, alla sua seconda candidatura e sostenuto da 4 liste civiche, è riuscito ad espugnare - dopo 20 anni di governo del centro sinistra – la guida del Comune, ottenendo al ballottaggio il 51% dei consensi. IlCambiamento ha raggiunto telefonicamente il neo sindaco e, in un caldo pomeriggio di giugno, si è fatto raccontare la sua storia, la ‘ricetta’ premiata dai cittadini di Rivalta. Questo è ciò che ci ha raccontato.
Come nasce la tua seconda candidatura a sindaco di Rivalta?
Nasce da una richiesta del comitato a 4 persone (tra cui il sottoscritto), rappresentative dell’esperienza di ‘Rivalta sostenibile’, a partecipare alle primarie (siamo agli inizi di marzo 2012). Come cinque anni fa, si è data la possibilità ai cittadini di scegliere tra una rosa di nomi il più possibile variegata. Abbiamo montato i seggi in cinque zone del paese e, in due giorni, la cittadinanza è accorsa per scegliere il candidato sindaco da contrapporre agli altri schieramenti. Non ci sono state autocandidature. Il gruppo, come sempre, fa delle scelte condivise, di confronto, di decisione collettiva e da questo confronto, sono uscite le disponibilità dei 4 candidati. Io, per aver vinto poi le primarie, sono stato il candidato sindaco di questa coalizione di liste civiche (Rivalta sostenibile, i Sostenibili, Gerbole sostenibile, Rivalta solidale).
Com’è stato possibile, secondo te, vincere in una roccaforte controllata da quasi 20 anni dal centrosinistra?
L’esperienza è nata come cittadinanza attiva, cittadini che vogliono uscire dalla loro dimensione di delega, di sudditi. In una città in cui: i problemi aumentano, si accumulano; ci sono proposte di comitati e associazioni che non vengono prese in considerazione; promesse mai mantenute; c’è un modo di governare sganciato dalla realtà, abbiamo tentato di mettere in campo un’esperienza di contrasto a tutta questa “mala politica”. Abbiamo detto ai cittadini: “Visto che non ci sentiamo rappresentati da questi politici, tentiamo di fare noi un’esperienza diretta, partecipando alle elezioni, avendo utili strumenti per arrivare agli obiettivi che ci prefisseremo”. Questa è stata quindi la nostra necessità: impegnarci in prima persona, vada come vada, per dare un segnale di discontinuità. I nostri motti, sono: “lontano dai partiti, vicino ai cittadini” e “un’altra politica è possibile” e non sono scelti a caso. La politica, infatti, la considero una cosa importantissima, la cura della polis, il migliorare la qualità della vita dei tuoi cittadini, la difesa dei beni comuni. La nostra non è anti-politica, casomai è anti partitocrazia, visto che ormai i partiti tutelano gli interessi della loro parte e di certo non quelli della collettività, lottizzando ogni ramificazione della nostra società. Questo è stato il nostro lavoro, durato oltre 11 anni, che i cittadini di Rivalta hanno premiato al ballottaggio di metà maggio. Non abbiamo mai avuto condizionamenti, finanziamenti o pressioni da altre forze politiche.
Che significato ha la tua vittoria, quella di un candidato civico, estraneo anche al nuovo soggetto politico del Movimento 5 Stelle?
Ha un significato molto importante, innanzitutto per il nostro progetto. Mi ricordo, durante la campagna elettorale, che molte persone ci venivano a dire: “Ma dove pensate di andare? Ormai i partiti hanno in mano tutto! Cosa credete di ottenere?”. Ci consideravano alla stregua di un gruppo di idealisti. La vittoria al ballottaggio è quindi una soddisfazione personale perché con costanza, dopo 11 anni, abbiamo visto che il nostro progetto autonomo è ciò che i cittadini vogliono. Parlavo prima dei nostri motti, no? Beh questo “punto a nostro favore”, dimostra che un’altra politica è possibile. Il nostro successo ne è la prova.
Dopodiché, pensiamo che sia anche una vittoria per il nostro paese. I cittadini, desiderosi di veder cambiare aria, hanno avuto la possibilità, un’alternativa per non andare a votare le stesse persone; turandosi il naso.
C’è, inoltre, un terzo significato altrettanto importante: quello che va oltre Rivalta di Torino. La mia elezione a sindaco, rappresenta un piccolo esperimento che si può replicare anche in altri contesti, in altre realtà. A dimostrazione di ciò, segnalo il fatto che stiamo ricevendo tantissime mail da altri comitati, liste civiche che andranno alle elezioni nei prossimi anni e che vogliono conoscere la nostra “ricetta”. Il problema è che la nostra non è una “ricetta”, è solo una capacità diffusa di dare ascolto alle istanze dei cittadini, è l’avere i piedi ben piantati nella realtà che si amministra, non rimanendo autoreferenziali e distaccati dalla comunità che devi amministrare.
Molti comitati, ti definiscono un “nuovo sindaco No Tav”. Sei d’accordo con questa definizione? Qual è il tuo giudizio complessivo su quest’opera pubblica?
Noi ci siamo sempre contrapposti a quest’opera perché, da studi scientifici, da pareri di esperti di trasporti e di ambiente, è stato ampiamente dimostrato che è un’opera inutile. Basti pensare solo al flusso di merci che, in quella zona, non giustificano assolutamente l’avvio di un’opera molto devastante dal punto di vista ambientale. Magari ripeto concetti che sono già stati espressi da altre persone, ma il tracciato prevede il passaggio in territori molto pericolosi dal punto di vista idrico, idrogeologico e dei materiali delle montagne che si intendono traforare (piene di amianto e di altre sostanze nocive). Senza contare il problema economico: spendere, nella situazione in cui ci troviamo, venti miliardi di euro per un’opera del genere, non credo sia una priorità. A parte tutto questo discorso - che potremmo definire “il principio” - il Tav è un’icona di come si pensa al futuro, un modello di futuro, di società, verso il quale ci dobbiamo opporre. Basta con queste grandi opere, con questo sfruttamento terribile delle risorse primarie, con lo spreco di energia. Bisogna dire basta a quella che io chiamo la filosofia dell’illimitatezza, del pensare che si possa consumare questo pianeta all’infinito, senza pensare alle conseguenze.
Bisogna recuperare un’altra idea di futuro che vada a tutelare le risorse disponibili, che mostri uno stile di vita più sobrio ed ecosostenibile, che spieghi nuovamente il concetto di “comunità” (attualmente sbiadito nella mente di molti cittadini), che sappia rendere i territori auto sostenibili. Non dobbiamo essere schiavi della globalizzazione, non dobbiamo essere dipendenti dalle scelte di altri. L’autonomia decisionale è un pilastro che ciascuno di noi deve ricostruire dentro di sé! Le idee da mettere in campo già esistono. Faccio solo due esempi: le transition town e la decrescita felice. Perché nessun partito parla di riscoprire la terra? Di tutelare l’attività agricola che sta sparendo? Potrei continuare in eterno a fare esempi di settori che rischiano di essere dimenticati dalle amministrazioni: la valorizzazione del paesaggio, la tutela dei beni architettonici e molto altro.
Un ultimo punto della tua domanda, sul quale mi vorrei soffermare, è il concetto di No Tav. Non è che quando uno dice “No Tav”, vuol dire che non vuole il treno ad alta velocità qui, in questo territorio. Noi pensiamo che sia meglio lavorare sulla rete ferroviaria nazionale e sulle piccole tratte, sui problemi che hanno i pendolari che si trovano in grande difficoltà perché i trasporti non funzionano. Lavoriamo su una politica trasportistica nazionale seria, che vada a ridurre gli incentivi sull’uso del trasporto su gomma. Questo è un discorso generale, poi è chiaro che noi cerchiamo di pensare globale, per agire locale. Si lavora, di solito, senza pensare alle conseguenze economiche e ambientali di certe scelte dissennate. Noi sostanzialmente diciamo no al Tav ma sì ad altre prospettive.
Quali sono gli atti che hai già messo in agenda, le prime emergenze che vuoi che siano affrontate, nel Comune che guiderai per i prossimi cinque anni?
Stiamo prendendo le misure con tutta una serie di problemi accumulati in questi anni. Noi ci ritroviamo con un’eredità pesante dal punto di vista di problemi non risolti, di problemi abbandonati e che – nel frattempo – si sono ingigantiti. Quindi noi partiamo dal capire quali sono i problemi, per poi risolverli. È come se noi dovessimo avviare un bel viaggio, una bella navigazione, su di un’imbarcazione che però presenta numerose falle. Noi dobbiamo prima tappare le falle per poi poter procedere spediti, in sicurezza, verso i nostri obiettivi di mandato. Oltre poi a prendere coscienza di quali sono le 'falle', stiamo anche lavorando per riorganizzare la macchina comunale a tutti i livelli. Altro punto sul quale ci stiamo spendendo in queste settimane, è la mappatura delle associazioni territoriali e delle problematiche della cittadinanza (Rivalta, faccio presente, è comunque un comune di 19.000 abitanti, quindi non proprio una piccola comunità!). Per affrontare quest’ultimo problema, abbiamo già emanato un bando per una squadra di manutenzione urgente, che possa intervenire in tempi certi su tutta una serie di richieste di interventi che i cittadini ci fanno.
Il terzo lavoro che stiamo facendo, è quello del recupero della fiducia dei cittadini nella politica e nelle istituzioni. Al primo turno delle amministrative, abbiamo avuto un cittadino su tre che non è andato a votare. Al ballottaggio, il rapporto era uno su due. Sono quindi già in programma incontri e assemblee pubbliche per decidere con la cittadinanza le priorità che l’amministrazione dovrà affrontare e faremo il primo consiglio comunale di venerdì (oggi, ndr) in un parco, all’aperto, per dare modo ai cittadini di poter avvicinarsi ai propri dipendenti (perché noi siamo i loro dipendenti!) e per dare un segnale forte di discontinuità. Il concetto è che il 'Palazzo' va verso i cittadini, non il contrario. Questi hanno il diritto-dovere sia di controllare il nostro operato che di collaborare attivamente con l’amministrazione.
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