Contrariamente a quanto si pensa e a quello che fanno credere le multinazionali del cibo dicendo che sfamano il mondo, oggi l’agricoltura familiare, insieme ai piccoli agricoltori e produttori, fornisce oltre il 70% della produzione di cibo a livello mondiale, prevalentemente con appezzamenti di ridotte dimensioni. Considerando la fragilità di un sistema folle dove in Italia con prodotti da noi coltivabilissimi arrivano le pere dall’Argentina, l’aglio dalla Spagna, le cipolle dall’Egitto, le mele dal Cile e i kiwi dall’Australia, tanto per fare solo alcuni dei purtroppo tanti esempi simili, è inevitabile che si andrà sempre più verso un sistema di coltivazione sostenibile e locale. Quindi aumenteranno ancora i terreni coltivati in maniera biologica, con molte varietà antiche e autoctone, in forma di pluricoltura invece che monocoltura. I piccoli appezzamenti biologici, in proporzione sono più efficienti, produttivi e anche meno costosi piuttosto che le mega estensioni, considerando i costi ambientali e di salute che l’agricoltura chimica fa pagare a tutti. A causa dei cambiamenti climatici, uno dei problemi più gravi, anche in agricoltura, è quello della siccità e conseguente desertificazione dei suoli. Gli anni sono sempre più caldi e le piogge più rare.
Bisogna urgentemente realizzare ovunque sistemi di risparmio idrico, di recupero dell’acqua piovana e di fitodepurazione con riutilizzo delle acque depurate e già solo con questi interventi necessari, possiamo far lavorare migliaia di persone e risparmiare enormi costi. Ma l’altro aspetto fondamentale è come si può irrigare con meno acqua possibile.
Interessante da questo punto di vista esaminare due sistemi, il primo è quello attraverso l’uso del cippato come pacciamatura cioè il posizionamento di materia organica sul terreno da coltivare. Il cippato si ottiene attraverso una macchina cosiddetta cippatrice che sminuzza ramaglie e potature. Dopodichè il cippato viene steso sul terreno e questo permette di ridurre molto il consumo di acqua, sia perché si riduce l’evaporazione, mantenendo il terreno più umido e in inverno mantenendolo più caldo, sia perché si crea un humus simile a quello che c’è nel bosco e ad ulteriore beneficio, si riduce la crescita di erbe cosiddette infestanti. Questa pratica non fa che ripetere il processo della natura che copre costantemente il terreno, l’esatto opposto di quello che fa l’agricoltura convenzionale che invece il terreno lo ara, lo rivolta e lo lavora in tutti i modi e quindi alla lunga lo priva degli ingredienti che lo rendono fertile. E così facendo è necessario l’utilizzo di fertilizzanti chimici per ridare al terreno i nutrienti che sono stati sottratti dalla lavorazione del terreno stesso. Il bosco non viene arato e il terreno è fertilissimo perché sempre coperto da materia organica. Quindi è evidente che bisogna semplicemente copiare quello che la natura, con qualche milione di anni di maggiore esperienza di noi, fa da sempre. Inoltre il bosco non ha bisogno di alcuna concimazione chimica e scoppia di salute. Il cippato usato come pacciamatura, ha un altro indiscutibile vantaggio e cioè risparmia l’uso di plastiche che vanno a coprire i terreni creando un problema enorme di rifiuti. Utilizzando quindi il cippato ad esempio nell’orto dove si coltiva, si ottiene un uso ridotto di acqua così come indica nel suo libro “L’orto senz’acqua” Jacky Dupety: ”Le ramaglie sminuzzate apportano sostanze organiche al terreno, ne migliorano la struttura e ne aumentano la capacità di trattenere acqua. Ecco perché si parla di orto senz’acqua. Se il terreno è capace di arricchirsi autonomamente e di mantenersi costantemente umido, non sono necessarie le innaffiature frequenti a cui siamo abituati. Grazie alla tecnica del cippato gli ortaggi possono essere coltivati senza ricorrere ad irrigazioni. Le lavorazioni del terreno vengono ridotte al minimo e non sono necessari interventi chimici per la fertilizzazione.”
Inoltre agendo in questo modo si risparmiano soldi, lavoro e relativo uso di combustibili fossili. In molte zone d’Italia assurdamente vengono ancora bruciate ramaglie e potature creando un duplice danno, da una parte contribuire alle emissioni di CO2, dall’altra sottrarre al terreno preziosa materia organica e come se ciò non bastasse si sprecano soldi che serviranno per comprare concimi chimici invece di usare quello che si può già avere in casa sotto forma di cippato. Inoltre il modo migliore per creare energia è proprio usare la materia organica per aumentare la fertilità del suolo e distruggerla è la cosa peggiore che si possa fare, non solo in ambito agricolo ma anche per fornire centrali a biomasse solide che in un attimo mandano in fumo tonnellate di legno. E chiamare queste centrali ad energia rinnovabile è quantomeno bizzarro.
Il secondo esempio interessante di riduzione dei consumi idrici in agricoltura è l’invenzione dell’orto autoirrigante da parte di Alessandro Ronca responsabile scientifico del Parco dell'Energia Rinnovabile, che sta sviluppando un sistema di auto irrigazione dell’orto che può essere usato anche nelle città per balconi o piccoli appezzamenti, riducendo drasticamente i consumi di acqua e consentendo anche a chi pensa di non avere il pollice verde, di ottenere risultati. Peraltro, al PeR è anche possibile apprendere come autocostruirsi i sistemi autoirriganti per l'orto: QUI tutte le informazioni.
Con un sistema così vulnerabile per gli approvvigionamenti come quello cittadino, dovranno necessariamente essere sviluppati sistemi che consentano la massima autoproduzione alimentare ed energetica possibile. Inoltre è bene ricordare ancora che agendo in questo modo si risparmiano soldi e inquinamento.
L’agricoltura ha bisogno di evolversi e andare nella direzione dell’intelligenza e dell’efficienza per sfatare il mito che lavorare la terra sia una dannazione o che si debba fare “come si è sempre fatto”, quando la parola sempre, la può usare solo la natura che lei sì che sa sempre cosa fare.
L'articolo è comparso a firma di Paolo Ermani sul blog di Beppe Grillo www.beppegrillo.it