Paolo Ermani è una delle persone (fortunatamente tante) che hanno scelto la sostenibilità e l’impatto positivo delle proprie azioni. È stato motore e fondatore dell’associazione Paea che si occupa di energia e ambiente dal 1999, ha fondato l'Ufficio di Scollocamento, ha ristrutturato una casa rendendola a bassissimo consumo e quasi completamente autosufficiente sulle colline del Grossetano, si prende cura di orto e frutteto in permacultura.
Paolo ci tiene a chiarire che rallentare non vuol dire "andare al rallentatore", come ha sottolineato anche nel capitolo conclusivo del libro di Nelly Pons "Scegliere di rallentare" in cui ha raccontato le sue scelte.
Significa invece saper dare un ritmo differente alla propria vita, compiendo scelte che permettono di collocarsi al di fuori del flusso frenetico di una folla che fatica a pensare, schiacciata com'è da un'urgenza che aliena dalla consapevolezza di sé. E significa porsi al di fuori dell’ingranaggio del consumismo “a prescindere”, che anziché misurare gli effettivi bisogni rispondendo a essi, rincorre il soddisfacimento di una voracità semplicemente senza fine.
Tutto ciò su cui Paolo Ermani si è sempre concentrato e di cui si è sempre interessato ha toccato e influenzato profondamente tutte le sue scelte di vita. «Ho sperimentato in prima persona ciò di cui sono convinto: un lavoro al di fuori del sistema, un’alimentazione accorta, la cura della salute in modo autodeterminato e naturale, un utilizzo positivo e sostenibile dell’energia e delle risorse, con l’obiettivo dell’autoproduzione e dell’autosufficienza».
Di qui anche la scelta di lasciare la città e stabilirsi vicino alla natura, scelta che è caduta sulle colline del Grossetano. «Il contatto con la natura è essenziale, ho un po’ di terra da coltivare per ricavare molto del cibo che consumo; metto in pratica le tecniche dell’agricoltura biologica e naturale che, a differenza di ciò che molti pensano, riducono lavoro e fatica e danno migliori risultati. Scaldo la casa, che è stata ristrutturata, con le energie rinnovabili, uso essiccatori solari, cucina e forno solari. L’energia che l’autosufficienza non mi consente di procurarmi la attingo da fornitori che a loro volta utilizzano solo fonti rinnovabili. Sono tutti aspetti vissuti in prima persona, che mi garantiscono una qualità della vita sana e a impatto positivo per me, per gli altri e per il pianeta».
«Ho ristrutturato la mia casa passo dopo passo, mettendo in pratica i criteri appresi e sperimentati in trent’anni di lavoro e studio. E osservo ogni giorno la grandissima differenza che fa l’avere una casa coibentata nel modo adeguato: d’inverno necessita di essere scaldata pochissimo e resta fresca d’estate. Inoltre, mi sposto solo quando è indispensabile e utilizzando il più possibile mezzi pubblici, ad eccezione dell'aereo».
«E si badi bene» ammonisce Paolo, «non è affatto una fatica immane affrontare tutto con queste modalità. Basta usare il cervello, ragionare, e compiere i passi conseguenti. La vita diventa più semplice, salutare e assai meno costosa. E la si può vivere in questo modo dovunque; è una prospettiva che mette al centro le persone e l’ambiente, non il profitto, non i soldi, come vuole il sistema imperante. I soldi sono solo un mezzo, non un fine».
Dall’esperienza di vita di Paolo Ermani, così come da quella di tante altre persone nel nostro Paese e nel mondo, si trae la conferma che esiste una strada percorribile alternativa ai ritmi forsennati della modernità concentrata sul denaro, sulla crescita a ogni costo e sull’alienazione dei ritmi di vita.
«Le soluzioni alternative esistono, è possibile affrontare il lavoro diversamente, accrescere la qualità della vita, dedicare maggior tempo a sé stessi, agli amici, ai propri cari, alla cultura. È possibile fare quello che veramente piace, seguire le nostre passioni. Io l’ho sperimentato e lo sperimento quotidianamente. Non è una passeggiata, non è facile, ma di sicuro è meglio che vivere in una metropoli impazzita, inquinata, correndo a destra e sinistra senza avere nemmeno il tempo di respirare. Non è sano fare un lavoro che non ci piace, che odiamo, che non ci dà null’altro che un po’ di denaro, che ci impoverisce umanamente così tanto da costringerci a compensare comprando e consumando per acquietare almeno momentaneamente la frustrazione, il disagio, il malessere. Una realtà del genere non ha alcun futuro, si deve cambiare rotta. Il rischio estremamente reale è quello di vedersi passare davanti agli occhi la vita senza mai afferrarla, imprigionati in paure, timori, cliché, dogmi e scuse. Così, chi non vuole rischiare di perdere nulla, si troverà a perdere tutto. C’è un mondo intero di opportunità e attività meravigliose in cui cimentarsi, sta a noi renderlo possibile».