di
Paolo Ermani
12-02-2013
Ha sconvolto il mondo l'annuncio, dato ieri, che Benedetto XVI il 28 febbraio prossimo lascerà il Pontificato. Quali le motivazioni di questa scelta? E qual è il ruolo del capo supremo della Chiesa? Le riflessioni Paolo Ermani sulle dimissioni del Papa.
Non solo noi umili mortali ma anche i potenti a volte si scollocano. Una persona come il Papa è sottoposta a pressioni non indifferenti, in fondo comanda un impero che è in grado di influenzare la vita di milioni di persone più di qualsiasi capo di stato. Ma non solo il potere logora bensì anche i mille scandali che attraversano la Chiesa e che non è sempre facile nascondere e sopportare. Un abominio come quello dei preti pedofili, che la Chiesa cerca di insabbiare in tutti i modi, non deve certo fare dormire sonni particolarmente tranquilli a chi della Chiesa è il capo.
Chissà, forse se il Papa fosse davvero il portatore del messaggio originario del cristianesimo non sarebbe sfinito anche dal suo compito di combattere continuamente per la supremazia sulle altre religioni che incalzano. Con tutta l’influenza che ha un Papa forse si sarebbe potuto occupare della salvaguardia del creato visto che la devastazione ambientale degli uomini distrugge quello che Dio ha realizzato ma il suo teorico rappresentante in terra non se ne è mai preoccupato granché, eppure moltissimo avrebbe potuto fare.
Si occuperebbe degli umili, degli ultimi per davvero e questo magari gli darebbe una nuova energia e linfa vitale così come succede a persone di autentica dedizione al messaggio evangelico come Don Ciotti o padre Zanotelli che in confronto a Benedetto XVI dovrebbero essere già morti da un pezzo, massacrati da stress e fatica visto che non vivono nell’oro e nel lusso ma come gli ultimi fra gli ultimi e sono continuamente a contatto con la povertà e la disperazione più nera.
Ma la Chiesa nelle alte sfere non ha nulla a che vedere con il messaggio originale e il capo supremo è solo un amministratore delegato che deve gestire le sconfinate finanze e ricchezze accumulate, deve sfidare concorrenti e nemici, imbonire amici, mantenere le aree di influenza e preoccuparsi che il suo esercito di adepti sia sufficientemente obbediente.
A volte però, come succede per qualche super manager, il peso dell’enorme potere di cui si è a capo, schiaccia inesorabilmente e spinge a gettare la spugna. Chissà se lo scollocamento con il ritiro in cui si vuole rifugiare il Papa sarà per lui fonte di illuminazione su quanti disastri, scempi e tragedie (basti pensare anche solo alla assurda medievale contrarietà alla contraccezione laddove l’AIDS miete vittime come mosche) si è resa responsabile la sua Chiesa.
Forse nel silenzio, nella meditazione incontrerà quella saggezza, umiltà e umanità che fino ad oggi non ha dimostrato. Prima del suo ritiro dalle scene gli consiglio vivamente di andare a trovare padre Zanotelli a Napoli e passare un po’ di tempo con lui, ne trarrebbe sicuro giovamento e forse capirebbe e praticherebbe quel cristianesimo autentico che purtroppo non ha mai capito e mai praticato.
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